lunedì 23 gennaio 2017

Tre meraviglie



Sono tre «le grandi meraviglie del sacerdozio di Gesù: ha offerto la vita per noi una volta per tutte; continua anche adesso a pregare per ciascuno di noi; tornerà per portarci con lui». All’uomo è chiesto di «non chiudere il cuore» per «lasciarsi perdonare dal Padre». E proprio la messa fa comprendere in pienezza questa bellissima verità, ha fatto presente Papa Francesco durante la celebrazione di lunedì mattina, 23 gennaio, nella cappella della Casa Santa Marta.«Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha compiuto meraviglie»: con le parole del salmo responsoriale il Pontefice ha aperto la sua meditazione, ripetendo che «il Signore ha fatto meraviglie». E con le parole del salmo 97 ha proseguito: «Grandi cose ha fatto il Signore, grandi meraviglie». Ma, ha aggiunto, «la grande meraviglia, la più grande, è suo Figlio, il Figlio sacerdote». Nella prima lettura, ha spiegato il Papa, «l’autore della lettera agli Ebrei (9, 15.24-28) ci presenta Cristo, sacerdote, mediatore di questa alleanza che Dio fa con gli uomini: Gesù è il sommo sacerdote». E «il sacerdozio di Cristo — possiamo dire, secondo quanto si vede qui — si svolge in tre momenti, in tre tappe».
La prima tappa, ha affermato il Papa, «è nella redenzione: Cristo offrì se stesso, una volta per sempre, per il perdono dei peccati». Egli «fa il paragone con i sacerdoti dell’antica alleanza che, ogni anno, dovevano offrire sacrifici». Ecco la novità: con Cristo è «una volta per sempre, e questa è una meraviglia; e con questa meraviglia lui ci ha fatto figli, ci ha portato al Padre, ci ha perdonato i peccati, ha ri-creato l’armonia della creazione con la sua vita».
«La seconda meraviglia, che ha un certo rapporto con il peccato, è quella che il Signore fa adesso» ha proseguito il Pontefice. Infatti «il Signore adesso intercede, prega per noi: in questo momento, sì, mentre noi preghiamo qui lui prega per noi, sicuramente per tutti, per ognuno di noi». È, appunto, «l’intercessione, il sacerdote che intercede: prima ha offerto la vita in riscatto; adesso, vivo, davanti al Padre, intercede». Nell’ultima cena, ha ricordato Francesco, il Signore «ha detto: “Io pregherò per voi, perché la vostra fede non venga meno”». Dunque, Gesù «prega per noi e questa è un sicurezza: Cristo, il nostro sacerdote, prega per noi». Del resto, ha fatto notare, «quante volte noi diciamo al sacerdote: “Padre, preghi per me, per mio figlio, per la mia famiglia, abbiamo questo problema...”». Lo facciamo «perché sappiamo che la preghiera del sacerdote ha una certa forza, proprio nel sacrificio della messa». E «Gesù prega per noi in questo momento, per ognuno di noi, e questa è una meraviglia, una seconda meraviglia».
«La terza meraviglia sarà la fine, quando tornerà» ha affermato ancora il Pontefice. Egli «tornerà come sacerdote, sì, senza rapporto con il peccato: la prima volta ha dato la sua vita per il perdono dei peccati; la seconda volta — adesso — prega per noi, perché noi siamo peccatori e andiamo avanti nella vita cristiana; ma quando verrà la terza volta non sarà in rapporto col peccato, sarà per fare il regno definitivo». E la «parola più bella di quel giorno» sarà: «Venite, benedetti, venite, venite, venite da me!». Così «ci porterà tutti col Padre: questo è il sacerdozio di Cristo del quale parla la prima lettura e questa è la grande meraviglia, che ci fa cantare un canto nuovo».
Francesco ha indicato anche «due punti contrastanti nella liturgia di oggi». Da una parte, infatti, «c’è questa grande meraviglia, questo sacerdozio di Gesù in tre tappe — quella in cui perdona i peccati, una volta, per sempre; quella in cui intercede adesso per noi; e quella che succederà quando lui tornerà — ma c’è anche il contrario, “l’imperdonabile bestemmia”», come si legge nel passo del vangelo di Marco (3, 22-30). Ed «è duro — ha commentato il Pontefice — sentire Gesù dire queste cose: ma lui lo dice e se lui lo dice è vero».
Scrive infatti Marco, riportando le parole del Signore: «In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini — e noi sappiamo che il Signore perdona tutto se noi apriamo un po’ il cuore, tutto! — i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno — anche le bestemmie saranno perdonate! —; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna». E così questa persona, «quando tornerà il Signore, sentirà quella parola: “Vattene da me!”». E questo perché, ha spiegato il Papa, «la grande unzione sacerdotale di Gesù l’ha fatta lo Spirito Santo nel grembo di Maria: i sacerdoti, nella cerimonia di ordinazione, sono unti con l’olio; e si parla sempre dell’unzione sacerdotale». Anche «Gesù, come sommo sacerdote, ha ricevuto questa unzione». E «la prima unzione» è stata «la carne di Maria con l’opera dello Spirito Santo». Così chi «bestemmia su questo, bestemmia sul fondamento dell’amore di Dio, che è la redenzione, la ri-creazione; bestemmia sul sacerdozio di Cristo».
«Il Signore perdona tutto — ha spiegato Francesco —ma chi dice queste cose è chiuso al perdono, non vuole essere perdonato, non si lascia perdonare». Proprio «questo è il brutto della bestemmia contro lo Spirito Santo: non lasciarsi perdonare, perché rinnega l’unzione sacerdotale di Gesù che ha fatto lo Spirito Santo».
E così, ha proseguito il Pontefice, «oggi abbiamo sentito, in questa liturgia della parola, le grandi meraviglie del sacerdozio di Cristo che offre se stesso per il perdono dei peccati, che continua a pregare per noi adesso e che tornerà per portarci con lui». È davvero una «grande meraviglia». Però, ha aggiunto, «abbiamo anche sentito che c’è una “imperdonabile bestemmia” e non perché il Signore non voglia perdonare tutto, ma perché questo è tanto chiuso che non si lascia perdonare: la bestemmia contro questa grande meraviglia di Gesù».
In conclusione, Francesco ha suggerito che «oggi ci farà bene, durante la messa, pensare che qui sull’altare si fa la memoria viva, perché lui sarà presente lì, del primo sacerdozio di Gesù, quando offre la sua vita per noi; c’è anche la memoria viva del secondo sacerdozio, perché lui pregherà qui; ma anche, in questa messa — lo diremo, dopo il Padre nostro — c’è quel terzo sacerdozio di Gesù, quando lui tornerà e la speranza nostra della gloria». Dunque, ha insistito il Papa, «in questa messa pensiamo a queste cose belle e chiediamo la grazia al Signore che il nostro cuore non si chiuda mai — non si chiuda mai! — a questa meraviglia, a questa grande gratuità».

L'Osservatore Romano