giovedì 23 febbraio 2017

Sguardi e desideri diversi


Heinrich Hofmann, 1889

Da Marcello Giuliano
“Mentre usciva per mettersi in viaggio, un tale gli corse incontro e, gettandosi in ginocchio davanti a Lui, gli domandò; “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”.
Gesù gli disse; ” Perché mi chiami buono? Nessuno è buono se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il Padre e la Madre”. Egli allora gli disse: “Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza”. Allora, Gesù, fissatolo, lo amò e gli disse: “Una cosa sola ti manca; va! Vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi”. Ma egli, rattristatosi per quelle parole, se ne andò afflitto, poiché aveva molti beni” (Mc 10,17-20).
Nel Vangelo, il giovane ricco si getta in ginocchio davanti al Maestro buono, come lo chiama. Hofmann (pittore tedesco nato a Darmstadt nel 1824 e morto a Dresda nel 1911), non ricalca la descrizione evangelica, ma, subito, pone il giovane in piedi, mentre quasi si pavoneggia e compiace nelle proprie vesti lussuose, che ben gli pendono, con sussiego, lateralmente. Esse sono luminose per lo splendore della ricchezza terrena. La prima parola di Gesù è una domanda: Perché mi chiami buono? Poi, il Maestro rammenta i comandamenti, ma le sue parole sono superate dal suo sguardo veramente buono.

Gesù lo fissa con intensità, esprimendogli amore, un amore che non si ferma al sentimento, ma si mette subito alla prova dei fatti. Il pittore sembra far dire a Gesù: Se hai fatto tutte queste cose, guarda, ti resta solo una cosa … Vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo, poi vieni e seguimi.

Ma il vendere i propri beni non è solo un gesto formale. Un religioso, che entra in una comunità, rinuncia ai suoi beni, ma gli resta ancora una cosa: seguire il Maestro. Un Maestro insegna ciò che c’è da sapere ed insegna a farlo. Questa è la chiave del dipinto, nel secondo piano, a sinistra, dove ben si vedono un vecchio zoppo, che si sostiene ad una stampella, ed una giovane donna, ma provata dagli stenti, forse la figlia, o, una vedova.
Questo, ci dice Hofmann, è il banco di prova, come insegna Lc 15, 1-2: Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». Gesù sta con i peccatori, i paralitici, gli esclusi. Questa parte, lo stare con queste persone difficili da accompagnare, che non possono ricambiare, è più che rinunciare ai propri beni. Se non si sta con loro, vuol dire che si sono lasciati i beni materialmente, ma non con il cuore. Soprattutto si vuole ancora tenere il proprio cuore per sé stessi.
Si osservi anche l’inversione dei colori operata da Hofmann. Il giovane è in piena luce, ma è la luce del mondo, che inganna il cuore. Cristo è in mezza luce, poiché il suo messaggio non è accolto (ma le tenebre non l’hanno accolto, cf Gv 1, 5). Il povero vecchio e la donna sono quasi in ombra. Lo sfondo, invece, è luminoso, ma non solo per esigenze cromatiche, bensì, per lasciar intravvedere che se si accoglie la Parola, allora c’è speranza di un’alba radiosa.
«Gesù fissò lo sguardo su di lui, contento di sentire queste cose». Tanto che «il Vangelo dice che lo amò». Dunque, «anche Gesù sentiva questo entusiasmo. E gli dà la proposta: vendi tutto e vieni con me a predicare il Vangelo!». Ma «l’uomo, sentendo queste parole, si fece scuro in volto e se ne andò rattristato». Quell’uomo buono «era venuto con speranza, con gioia, a trovare Gesù. Ha fatto la sua domanda. Ha sentito le parole di Gesù. E prende una decisione: andarsene». Così «quella gioia che lo spingeva, la gioia dello Spirito Santo, diviene tristezza». Marco racconta infatti che «se ne andò rattristato perché possedeva tanti beni».
Il problema era che il «suo cuore inquieto» per via dello «Spirito Santo, che lo spingeva ad avvicinarsi a Gesù e a seguirlo, era un cuore pieno». Ma «lui non ha avuto il coraggio di svuotarlo. E ha fatto la scelta: i soldi!». Aveva «un cuore pieno di soldi». Eppure non «era un ladro, un reo. Era un uomo buono: mai aveva rubato, mai truffato». I suoi «erano soldi onesti». Ma «il suo cuore era imprigionato lì, era legato ai soldi e non aveva la libertà di scegliere». Così, alla fine, «i soldi hanno scelto per lui».
 … Anche oggi sono tanti questi giovani, che vogliono seguire Gesù. Ma «quando hanno il cuore pieno di un’altra cosa, e non sono tanto coraggiosi per svuotarlo, tornano indietro». E così «quella gioia diviene tristezza». … 
«Quando noi chiediamo al Signore» di inviare «vocazioni perché annuncino il Vangelo, lui le invia». C’è chi dice sconsolato: «Padre, ma come va male il mondo: non ci sono vocazioni di suore, non ci sono vocazioni di preti, andiamo alla rovina!». Invece di vocazioni «ce ne sono tante». Ma allora se ce ne sono tante, perché dobbiamo pregare perché il Signore le invii? La risposta del Papa è stata chiara: «Dobbiamo pregare perché il cuore di questi giovani possa svuotarsi: svuotarsi di altri interessi, di altri amori. Perché il loro cuore divenga libero». Ecco la vera, grande «preghiera per le vocazioni: Signore, mandaci suore, mandaci preti; difendili dall’idolatria della vanità, dall’idolatria della superbia, dall’idolatria del potere, dall’idolatria del denaro». Dunque «la nostra preghiera è per preparare questi cuori per poter seguire da vicino Gesù» (cf Papa Francesco, Casa Santa Marta 3 Marzo 2014).