mercoledì 22 marzo 2017

Kodokushi



Il fenomeno aumenta in Giappone. Morti solitarie 

(Cristian Martini Grimaldi) Kodokushi in giapponese significa “morte solitaria”, ma è più di una parola, rappresenta infatti il cambiamento stesso del Giappone, dove la solitudine e la rottura dei legami familiari sono ormai la cifra di una società sempre più frammentata. La parola si riferisce alle persone anziane che muoiono da sole, i corpi senza vita vengono scoperti spesso dopo settimane o addirittura mesi. Il numero di casi è impressionante, circa trentamila all’anno, anche se in questa cifra sono inclusi migliaia di suicidi dovuti spesso proprio alla solitudine.
Secondo uno studio sono due le caratteristiche delle vittime di Kodokushi. I maschi sono più a rischio rispetto alle donne, e poi c’è il fattore alcolismo, la dipendenza dall’alcol rende questi anziani ancora più vulnerabili: senza famiglia e senza lavoro perdono la voglia di vivere e tendono a isolarsi dalla comunità.
Senza amici o parenti dunque o più tristemente senza nessuno che si curi di loro, questi anziani si trovano spesso a risiedere in piccoli appartamenti isolati dal mondo fino a quando l’odore di decomposizione non attira l’attenzione di qualcuno. Accade soprattutto nelle zone rurali, la morte viene scoperta solo quando vi sono scadenze di impegni finanziari e a quel punto qualcuno che “si interessi” salta fuori, ma non per compassione.
È successo un anno fa a un sessantenne, morto in solitudine in un appartamento alla periferia di Osaka. Per settimane il suo corpo si era lentamente decomposto senza che nessuno se ne accorgesse. L’anziano non aveva amici, non aveva un lavoro, non aveva moglie. Aveva però un figlio, col quale non parlava da anni.
Per tre mesi nessuno ha chiamato, nessuno sapeva, a nessuno importava. Per centoventi lunghi giorni il suo corpo è marcito accanto alle scatole di cibo istantaneo e agli scarafaggi. La sua banca aveva smesso di pagare l’affitto non appena il conto era rimasto all’asciutto. Il proprietario della casa è stato il primo a rinvenirne il corpo.
In un caso estremo che confina con il macabro, nel 2010, Sogen Kato, per molto tempo ritenuto l’uomo più anziano di Tokyo a 111 anni di età, è stato scoperto dopo più di trent’anni dalla morte completamente mummificato nel suo stesso appartamento. Era morto in tutta probabilità già nel novembre 1978, all’età di 79 anni, e la famiglia che aveva scoperto il cadavere solo dopo molto tempo aveva deciso di continuare a far finta di niente nel tentativo di incassare la pensione. Anche in questo caso la persona anziana è diventata oggetto di “preoccupazione” solo dopo l’emergere di un fattore economico.
Il Kodokushi è intimamente legato ai cambiamenti sociali in corso in Giappone. Il Giappone, si sa, sta invecchiando, l’età media della popolazione non è molto lontana dal pensionamento, e in molte farmacie la vendita di pannoloni per adulti supera persino quello dei pannolini per bambini.
Sono ormai anni che i più giovani abbandonano gli stili di vita rurali per gli ambienti urbani, un fatto testimoniato anche dall’alto numero di case, spesso in buone condizioni, letteralmente abbandonate nei piccoli centri alle periferie delle grandi città. Le nuove generazioni non sanno che farsene di quelle case di campagna ereditate loro malgrado, case che ad altre latitudini sarebbero considerate un lusso da élite. Ma in Giappone il tempo da dedicare all’ozio non esiste e quando si decide di prendere le poche vacanze che si hanno a disposizione si preferisce puntare su mete esotiche come le sempre gettonate Hawaii o Taiwan: nessun giapponese dopo aver lavorato le sue buone 100 ore al mese penserebbe di passare anche un solo weekend in una casa in mezzo al nulla, per di più con la necessità di provvedere alle pulizie e alla cura di ambienti lasciati inabitati per mesi.
Il Giappone ha attualmente non solo la più alta percentuale al mondo di persone anziane, ma ben poche strutture da mettere loro a disposizione. Almeno 420.000 sono gli anziani in attesa di posti letto in case di cura.
I casi crescenti di morti e suicidi solitari hanno spinto le autorità giapponesi ad avviare programmi all’interno delle piccole comunità, quali ad esempio le visite a domicilio per le persone anziane che vivono da sole. Altre misure includono l’organizzazione di eventi sociali per attirare gli anziani fuori dai loro appartamenti, la distribuzione di newsletter, e un monitoraggio del loro benessere facendo in modo che si prendano cura di piccoli impegni quotidiani, come a esempio lo smaltimento dei rifiuti. La situazione è talmente drammatica che alcune realtà locali si sono affidate alla buona volontà del personale dell’ufficio postale per compiere dei regolari “check-in” sugli anziani, in modo da aumentare le occasioni di contatto umano di cui hanno disperatamente bisogno.

L'Osservatore Romano