mercoledì 22 marzo 2017

La corruzione anticamera delle mafie



La Stampa 

(Don Luigi Ciotti) Quali scomodi «compiti a casa» ci lascia quest' emozionante, partecipata, Giornata della memoria e dell' impegno? Direi una duplice presa di coscienza. La prima è che non possiamo essere cittadini senza conoscere il nostro passato anche nei suoi aspetti più dolorosi e oscuri, come quelli legati ai delitti e alle stragi di mafia. Una società smemorata è una società irresponsabile, come lo è una società che ricorda solo per convenzione e ricorrenza di calendario. 
Memoria viva, civile, condivisa è solo quella che genera cambiamento, che pone le condizioni per non ripetere gli stessi errori e per ribellarsi alle passate ingiustizie. Un giudice integerrimo come Bruno Caccia non è morto per avere una lapide o parole di circostanza, ma per un ideale di democrazia che sta a noi realizzare. Ecco allora che la Giornata finisce stasera e ricomincia domani e domani ancora, perché l' impegno per la democrazia è impegno per la vita: la nostra e quella degli altri. 
La seconda eredità è la consapevolezza che le mafie non sono solo un fatto criminale, ma innanzitutto sociale, culturale e politico. Che gode di complicità e protezioni da un lato, di scarso senso civico e indifferenza per il bene comune dall' altro. Non possiamo sperare di contrastarle se prima non sconfiggiamo la mafia dentro di noi che si chiama corruzione. 
La corruzione è l' anticamera delle mafie, ed è una peste che oggi si manifesta nell' intreccio sempre più stretto fra criminalità organizzata, politica e economica. Rompere quest' intreccio è compito della politica ma anche nostro. Servono lavoro, scuola, servizi sociali, serve una società più fedele alla Costituzione. Ma serve innanzitutto un risveglio delle coscienze, una maggiore responsabilità di ciascuno di noi. E su questo la Giornata ci ha dato molti motivi di speranza. 
I veri protagonisti a Locri, e in 4000 luoghi d' Italia, sono stati i giovani. La loro presenza, la loro attenzione, il loro sguardo pulito sono la nostra più grande responsabilità. Non possiamo più illuderli o compiacerli con un' attenzione di maniera, che non sfoci in opportunità concrete di lavoro e di vita. Sarebbe peggio che un errore, sarebbe un suicidio. Saranno infatti i giovani, esclusi oggi dal futuro, a fornirci le coordinate del futuro, tracciare il cammino verso un mondo più umano e più giusto.

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«La Chiesa ci mette cuore e faccia»
Avvenire 

(Giovanni Lucà) «La Chiesa c' è, noi ci siamo, ci mettiamo la faccia, il cuore, l' intelligenza, la passione e diciamo no ad ogni forma di neutralità rispetto ai fenomeni mafiosi». Il vescovo di Cassano all' Ionio Francesco Savino, nel corteo tra le colorate bandiere di Libera dice: «La memoria delle vittime delle mafie deve graffiare la nostra coscienza e farci chiedere perdono per i nostri peccati di omissione e di tutti i nostri atteggiamenti equivoci». 
Si dichiara convinto che per consegnare ai bambini e ai giovani un mondo più vivibile «bisogna lottare, cristianamente con il vangelo in mano e laicamente con la Costituzione: dobbiamo saldare cielo e terra». L' arcivescovo di Rossano-Cariati Giuseppe Satriano, afferma: «Avere qui Libera, con i familiari delle vittime innocenti di mafia è un richiamo a una maggiore responsabilità civile ed ecclesiale. 
Interessarsi di questi fenomeni - ha aggiunto - non deve essere appannaggio di alcune persone specializzate, deve diventare un impegno trasversale, dalla Chiesa alla società civile». Riguardo agli insulti lasciati dalla 'ndrangheta sui muri di Locri, per Satriano «il lavoro qui era stato valorizzato dalla predicazione profetica di Bregantini enon lo dà la mafia, ma quegli imprenditori onesti che non si sono lasciati scacciare dal pizzo e che hanno saputo resistere». 
Per il vescovo di Locri-Gerace Francesco Oliva, questa giornata è stata «un evento beneaugurante per la Locride» che ha richiamato nella sua diocesi tanti familiari di vittime di mafie: «Con la testimonianza del loro dolore, abbracciato con dignità, hanno lanciato un messaggio importante per una lotta senza riserve contro le mafie e ogni forma di associazione criminale». Il dato più confortante per Oliva è stata la presenza di tanti giovani: «con i loro volti illuminati dal primo sole di primavera, i colori, il loro entusiasmo hanno lanciato un invito a non arrendersi, a lottare per il cambiamento». 

Il vescovo locrese ha affermato che «è possibile vincere la mafia e superare la sua mentalità, ma occorre fare la propria parte intraprendendo percorsi di legalità, impegno civile e partecipazione sociale. Tanti sono i motivi che portano a pensare che i giovani hanno le energie necessarie per avviare una nuova primavera». E da Torino è arrivata la solidarietà dell' Arcivescovo Cesare Nosiglia a don Luigi Ciotti per le ennesime minacce ricevute: «Un segno grave non solo di intolleranza, ma anche di quanto sia ancora forte e pericolosa la presenza e l' infiltrazione, nella nostra società, di chi non cerca giustizia ma privilegia il sopruso, l' insulto, la violenza».