sabato 4 marzo 2017

Le (troppe) parole della settimana



Due o tre cosette da ricordare a Gramellini sulla 194

di Costanza Miriano
Capisco che, se sei una grande firma del Corrierone, non è che ti puoi mettere lì a perder tempo con gli articoli delle leggi, a cincischiare con queste puntigliosità, ma dopo aver letto il suo articolo, mi corre l’obbligo di ricordare due o tre cosette a Gramellini, visto che è lui a menarla con questa storia della legge, che poverina adesso quella donna, “costretta” a chiedere l’aborto in 23 ospedali, adesso alla legge non ci crede più.
Vediamo come stanno le cose.
Punto primo, la donna in questione ha abortito. La notizia è vecchia di oltre un anno, e purtroppo il bambino, che nel frattempo sarebbe nato se davvero in Italia ci fosse un problema di eccesso di obiettori, avrebbe otto mesi e starebbe sillabando le prime mezze parole. Il bambino non c’è, quindi la signora il medico lo ha trovato, e perché tirare fuori proprio adesso questa storia di quattordici mesi fa? Il problema è che non si è trovata in Italia una sola donna che non sia riuscita ad abortire, e questa è la storia più problematica che sono riusciti a mettere insieme le corazzate dei media. È vecchia, ma non sottilizziamo.
Punto secondo: non esiste in Italia nessuna legge che sancisca il diritto all’aborto perché una donna “non intende inoltrarsi lungo il sentiero della gravidanza”, come scrive poeticamente il firmone del Corriere. La legge 194 prevede l’aborto “in caso di serio pericolo per la salute fisica o psichica della donna”, e non, come purtroppo avviene nella maggior parte dei casi, “perché adesso non è il momento”. Quindi chi vuol questionare sul rispetto delle leggi, faccia almeno lo sforzo di leggerle prima, un’occhiata veloce. E poi si inventi una storia, un serio pericolo, uno straccio di problema fisico o psichico, un dramma almeno abbozzato, perché in Italia non esiste un diritto all’aborto tout court, ma il diritto della madre di far prevalere il suo su quello del bambino, ma solo in determinate, estreme condizioni. Lo Stato infatti all’articolo 1, e dico 1, della legge, prende l’impegno di “evitare con tutte le iniziative necessarie che l’aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite.”. Sarebbe molto bello che Gramellini conservasse la sua indignazione per il fatto che nessuna struttura pubblica obbedisce mai a quell’articolo 1, e tutto l’enorme lavoro per aiutare le donne a non abortire sta sulle spalle di donne meravigliose ed eroiche e volontarie come Paola Bonzi e Flora Gualdani, e di tutti i volontari dei Centri aiuto alla vita. Sono solo loro, che pure odiano la 194, che rispettano l’articolo 1 della legge.
Punto terzo. La signora ha abortito. Lo ripetiamo perché siamo puntigliosi e i fatti sono testardi. Forse qualche medico le ha fatto qualche domanda in più prima di farle il certificato. Guarda un po’, si è incapricciato e ha tentato di rispettare la legge. Forse qualche medico ha dovuto rilevare che non c’erano “gravi motivi di salute fisica o psichica” per lei. Forse per questo la signora ha dovuto girare un po’ per riuscire nel suo intento. O più probabilmente il problema è stato che tanti erano in ferie: “eravamo sotto Natale”, sminuisce lei, stupita del clamore che la sua storia ha sollevato dopo più di un anno. Non sa che anche lei è carne da macello, e del suo dolore non importa niente a nessuno. E comunque la signora ha abortito, lo diciamo ancora. Mi pare ovvio, visto che in Veneto, che pure ha un tasso di obiettori più alto di altre regioni, ogni medico esegue 1,5 aborti a settimana. Tecnicamente 15 minuti di lavoro in sette giorni. Ce la si può fare.
Siamo tutti commossi dalla sollecitudine della società civile per il rispetto di una legge. Peccato che quella legge in Italia non esiste. Non esiste una legge che dica che una donna che non abbia seri problemi fisici o psichici, ma solo perché lo decide lei per un suo insindacabile giudizio, può far prevalere la sua volontà su quella di suo figlio, o magari di sua figlia (già, perché forse quella era una bambina, ricordiamolo alle femministe). Non esiste una legge che dica che c’è il diritto di abortire (per inciso a spese della sanità pubblica), e di farlo velocemente, senza dover fornire nessuna spiegazione o motivazione. Quella legge non c’è. La 194 è una pessima legge, ma non arriva a tanto.