giovedì 9 marzo 2017

L’eternità? Niente di più attuale



(Nicola Gori) Nelle società moderne e ultraconnesse, dove i media dettano l’agenda delle priorità, c’è sempre la tentazione di privilegiare l’urgente all’importante e di anteporre il “recente” all’“eterno”. Proprio da questa tentazione mette in guardia il cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che venerdì 10 marzo dà inizio al ciclo di prediche quaresimali nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico. In questa intervista all’Osservatore Romano il religioso spiega il tema di quest’anno — «Nessuno può dire: “Gesù è il Signore!” se non nello Spirito santo (1 Corinzi 12, 3)» — e anticipa alcune linee di riflessione delle prediche, che proseguiranno nei venerdì 17, 24 e 31 marzo e 7 aprile.
Perché al centro della predicazione ci sarà lo Spirito Santo?
Due motivi mi hanno spinto a dedicare le prediche dell’ultimo Avvento e di questa Quaresima alla persona e all’opera dello Spirito Santo. Il primo è mettere in luce quella che considero la vera novità del dopo-Concilio, e cioè una più chiara presa di coscienza del posto dello Spirito nella vita e nella teologia della Chiesa. Il secondo motivo, meno universale ma pure importante, è che nel 2017 ricorre il cinquantesimo anniversario dell’inizio del Rinnovamento nello Spirito nella Chiesa cattolica, che ha coinvolto decine di milioni di fedeli in tutto il mondo, giubileo che Papa Francesco desidera si celebri, con particolare solennità e apertura ecumenica, nella Pentecoste prossima. 
Quanto spazio per l’attualità ci sarà nelle meditazioni?
Se si intende “attualità” nel senso di riferimenti a situazioni o eventi in atto, temo che ci sia ben poco di attuale nelle prediche che mi appresto a fare. Ma, a mio parere, “attuale” non è solo “ciò che è in atto” e non è sinonimo di “recente”. Le cose più ”attuali” sono quelle eterne, cioè quelle che toccano le persone nel nucleo più intimo della propria esistenza, in ogni epoca e in ogni cultura. È la stessa distinzione che c’è tra “l’urgente” e “l’importante”. Noi siamo tentati sempre di anteporre l’urgente all’importante e di anteporre il “recente” all’“eterno”. È una tendenza che il ritmo incalzante della comunicazione e il bisogno di novità dei media rendono oggi particolarmente acuta. Cosa c’è di più importante e attuale per il credente, e anzi per ogni uomo, per ogni donna, sapere se la vita ha un senso o no, se la morte è la fine di tutto o, al contrario, l’inizio della vera vita? Ora il mistero pasquale della morte e risurrezione di Cristo, che mi riprometto di rileggere alla luce della riscoperta dello Spirito Santo, è l’unica risposta a tali problemi. La differenza che c’è tra questa attualità e quella mediatica della cronaca è la stessa che c’è tra chi passa il tempo a guardare il disegno lasciato dall’onda sulla spiaggia — che l’onda successiva cancella — e chi alza lo sguardo a contemplare il mare nella sua immensità.
Cosa significa per l’uomo di oggi la conoscenza della piena verità?
La risposta può sembrare semplicistica, ma è l’unica che un cristiano può dare: la conoscenza della piena verità, o dell’unica verità che conta, è conoscere Cristo. Le prime due prediche avranno proprio questo tema: sapere chi è Cristo; non solo chi è stato, ma chi è oggi per me e per il mondo. «Datemi un punto di appoggio — avrebbe esclamato l’inventore della leva, Archimede — e io vi solleverò il mondo». Chi crede nella divinità di Cristo è uno che ha trovato questo punto di appoggio incrollabile nella vita. 
C’è ancora spazio per lo Spirito Santo nelle nostre società?
Lo Spirito Santo non è un’idea o un’astrazione; è la realtà più palpitante che si possa pensare. Non per nulla la Scrittura parla di lui con i simboli del vento, del fuoco, dell’acqua, del profumo, della colomba. Goethe vedeva nel Veni creator che è l’inno per eccellenza dello Spirito Santo, una «invocazione al genio, che parla potentemente a tutti gli uomini dotati di spirito e di animo grande». Egli stesso ne fece una bella traduzione tedesca e voleva che fosse cantato ogni domenica in casa sua. Viviamo in una civiltà caratterizzata dal predominio assoluto della tecnica. Si ipotizza persino un computer capace di pensare, ma nessuno ha mai pensato a un computer capace di amare. Lo Spirito Santo — che è l’amore allo stato puro e la fonte di ogni amore — è l’unico che può infondere un’anima nella nostra umanità inaridita.

L'Osservatore Romano