giovedì 18 maggio 2017

Il paese diviso e immobile



(Chiara Saraceno) Il rapporto Istat di quest' anno ha come tema quello delle disuguaglianze. Queste, secondo gli estensori del rapporto, hanno un profilo frammentato, non più agevolmente riconducibile a quello delle classi tradizionali. Allo stesso tempo, a seguito della lunga e non ancora superata crisi, sono anche congelate, con un rafforzamento delle caratteristiche di scarsa fluidità sociale che tradizionalmente vengono imputate alla società italiana, che appare così insieme frammentata e immobile. Una società dove i destini sociali degli individui sono fortemente condizionati dalla loro origine sociale e dove avere una occupazione non sempre è sufficiente per tenere fuori dalla povertà se stessi e la propria famiglia. Se poi si è migranti, la situazione è anche peggiore.
Secondo gli estensori del rapporto, infatti, le famiglie in cui vi è almeno un componente migrante non solo sono collocate prevalentemente negli strati sociali economicamente più modesti, ma sono state colpite dalla crisi più di quelle in cui tutti sono autoctoni. 
Per tratteggiare questa fotografia, gli estensori del rapporto hanno utilizzato i ricchi dati di cui dispone l' istituto per individuare differenti gruppi sociali sulla base delle caratteristiche economiche, di istruzione, di possesso o meno dell' abitazione, della cittadinanza, e così via. In questo modo, a partire da una prima dicotomizzazione sulla base della posizione professionale, procedendo poi per selezioni successive (secondo una struttura analitica "ad albero", come viene spiegato) hanno individuato nove gruppi in cui possono essere distribuite le famiglie residenti, ambiziosamente definiti non come puri aggregati statistici, ma come aventi esperienze, interessi, stili di vita comuni. Si tratta di un esercizio, o meglio un obiettivo, in sé interessante, nella misura in cui è vero che non basta il reddito e neppure la professione a definire il senso di appartenenza di un individuo e tantomeno della sua famiglia. La base concettuale e metodologica che lo regge tuttavia è fragile e se ne vedono le conseguenze sui gruppi individuati. Procedendo per successive selezioni, infatti, contrariamente alle intenzioni si privilegia una dimensione (in questo caso la condizione professionale, per altro definita in modo confuso) su tutte le altre, impedendo di vedere se e come altre dimensioni (ad esempio l' istruzione, o l' essere monoreddito, o la numerosità della famiglia) siano invece altrettanto o più importanti, aggregando diversamente i gruppi sociali. 
Ne derivano alcuni risultati concettualmente problematici fin dal primo passo, che divide le famiglie in due grandi gruppi: da una parte le famiglie in cui la persona di riferimento (paradossalmente chiamata "principale percettore di reddito", anche quando non ne percepisce affatto) è "inattiva o disoccupata, oppure lavora ma si colloca nella fascia bassa delle retribuzioni (lavoratore atipico, cioè dipendente con contratto a termine o collaboratore, operaio o assimilato)"; dall' altra parte ci sono tutte le altre famiglie. Le suddivisioni successive avvengono all' interno di questi due grandi gruppi, senza che sia più possibile individuare somiglianze trasversali ed invece trovando gruppi statistici che è difficile immaginare come veri gruppi sociali caratterizzati da interessi e prospettive di vita comuni, come, ad esempio, quello composto da "anziane sole e giovani disoccupati". 
Anche i termini utilizzati per individuare i gruppi aumentano la confusione. Il gruppo denominato "pensioni d' argento" in realtà contiene anche famiglie di dirigenti, non solo di pensionati abbienti. Quanto alle "famiglie tradizionali di provincia", fanno sorgere il dubbio che tutte le altre vivano in città. Non sorprende che alla fine prevalga l' eterogeneità interna ai gruppi così individuati invece di quella tra gruppi, una eterogeneità che spiegherebbe ben l' 80% della disuguaglianza. Viene così smentita l' ambizione di fornire nuove categorie più utili all' analisi della stratificazione sociale di quelle tradizionalmente adottate. Si rimane con una immagine sfocata e dispersiva, dove mancano informazioni importanti. Ad esempio, dove stanno e che caratteristiche hanno le famiglie in povertà assoluta? Fa differenza se un operaio è specializzato o comune? Se in famiglia lavorano in due o uno solo? Se il principale percettore di reddito è un uomo o una donna? Se vivono al Nord, al Centro o al Sud? Se si è all' inizio della propria carriera lavorativa o verso la fine? Come se la cavano le famiglie con un genitore solo? Tra i separati, dal punto di vista economico, fa differenza se si è uomini o donne?
La Repubblica