giovedì 11 maggio 2017

L’ultima parola della storia



Al centro delle apparizioni mariane la misericordia. 


(António Marto, Vescovo di Leiria-Fátima) La Chiesa in Portogallo gioisce e rende grazie per la venuta tra di noi di Papa Francesco come pastore universale della Chiesa e pellegrino a Fátima per presiedere la celebrazione del centenario delle apparizioni della beata Vergine Maria. Quando il Pontefice si fa pellegrino, in qualità di pastore universale della Chiesa, è tutta la Chiesa che peregrina con lui. Questo pellegrinaggio giubilare riveste pertanto un grande significato pastorale e spirituale e un particolare rilievo a livello ecclesiale, nazionale e mondiale.
Dal profondo del cuore desideriamo esprimere al Santo Padre il nostro sentito ringraziamento per il dono della sua visita, per la sua devozione filiale a nostra Signora di Fátima e per il suo affetto di vicinanza a noi. Inoltre porta con sé “due santi” molto cari al nostro popolo, i due pastorelli Francesco e Giacinta Marto, che saranno canonizzati il 13 maggio, nel centenario del giorno e quasi dell’ora della prima apparizione di nostra Signora. Per tutto ciò, l’attesa del nostro popolo è grande ed esso desidera esprimere a Papa Francesco tutto l’affetto, tutta la gratitudine e tutta l’apertura alla sua parola. 
In nome della moltitudine di pellegrini è con grande gioia che fin da ora dico: Benvenuto, Papa Francesco! 
La presenza del Santo Padre a Fátima mette certamente in evidenza l’attualità e l’universalità del messaggio che dalla cittadina portoghese si è irradiato a tutta l’umanità e alla Chiesa. 
Di fatto possiamo chiederci: che cosa c’è di particolare nel messaggio di Fátima che giustifichi l’attenzione che suscita, l’attrazione che esercita, l’ampia eco che ha avuto? In un primo momento e a prima vista sembra che non abbia nulla di speciale perché è un messaggio affidato a bambini poveri e analfabeti che parlano di una novità imprevista che li trascende, ma al contempo li attrae e li conquista; un messaggio adattato alla loro mentalità, al loro mondo semplice di cento anni fa, espresso con concetti che si riferiscono al linguaggio dell’epoca. Potrà ancora dire qualcosa al mondo di oggi?
Proprio per questo ci colpisce e ci meraviglia il fatto che il contesto e il contenuto del messaggio non si limitino al cammino di fede personale dei piccoli veggenti, a una circostanza particolare del loro paese o a una determinata verità della fede. Il loro orizzonte ha una portata storica e mondiale: le due guerre mondiali e le sofferenze dell’umanità, con la menzione specifica di nazioni come la Russia, le persecuzioni alla Chiesa, con la menzione dei martiri del XX secolo, e dello stesso Papa, la grande causa della pace tra i popoli. Tutto ciò accompagnato da un monito molto forte a non rassegnarsi alla normalità e alla fatalità del male: è possibile vincere il male a partire dalla conversione del cuore a Dio, dalla preghiera e dalla riparazione del peccato degli uomini. 
L’ombra luminosa di Fátima si estende su tutto il XX secolo, probabilmente il più crudele e sanguinario della storia. È in tale contesto tragico che la Vergine Maria a Fátima sorge come una “visione di pace” e una luce di speranza per la Chiesa e per il mondo. Forse solo oggi, a distanza di un secolo, siamo in grado di capire con maggiore profondità la verità e tutta l’importanza di questo messaggio.
Ad aver tradotto meglio la dimensione storico-profetica di Fátima è stato indubbiamente Giovanni Paolo II in una memorabile pagina in occasione dell’ottantesimo anniversario delle apparizioni, nel 1997. Ci aiuta a vedere le apparizioni a partire dalla storia dei loro effetti: «Alle soglie del terzo millennio, osservando i segni dei tempi in questo XX secolo, quello di Fátima appare come uno dei più grandi, anche perché annuncia nel suo messaggio molti dei segni successivi e invita a vivere i loro appelli; segni come le due guerre mondiali, ma anche grandi assemblee di nazioni e di popoli sotto il segno del dialogo e della pace; l’oppressione e le agitazioni vissute da diversi Paesi e popoli, ma anche la voce e le opportunità date a popolazioni e a genti che nel frattempo si levarono nell’arena internazionale; le crisi, le diserzioni e le tante sofferenze dei membri della Chiesa, ma anche un rinnovato e intenso senso di solidarietà e di reciproca dipendenza nel corpo mistico di Cristo, che si sta consolidando in tutti i battezzati, conformemente alla loro vocazione e missione; l’allontanamento da Dio e il suo abbandono da parte degli individui e delle società, ma anche un’irruzione dello Spirito di verità nei cuori e nelle comunità fino a giungere all’immolazione e al martirio per salvare l’immagine e la somiglianza di Dio nell’uomo (cfr. Genesi 1, 27), per salvare l’uomo dall’uomo. Fra questi e altri segni dei tempi, come ho detto, risalta Fátima, che ci aiuta a vedere la mano di Dio, guida provvidenziale e Padre paziente e misericordioso anche di questo XX secolo».
Perciò Benedetto XVI non ha esitato a presentare Fátima come «la più profetica delle apparizioni moderne», perché continua a denunciare la forza del male con le sue sofferenze e il clamore delle vittime, e a fare appello alla conversione degli uomini. 
Ancora oggi dalla terra sale questo clamore come ce lo fa sentire Papa Francesco nel significativo discorso al corpo diplomatico dello scorso gennaio: «Un secolo fa, il mondo si trovava nel pieno del primo conflitto mondiale. Una inutile strage, in cui nuove tecniche di combattimento disseminavano morte e causavano immani sofferenze alla popolazione civile inerme. Nel 1917, il volto del conflitto cambiò profondamente, acquisendo una fisionomia sempre più mondiale mentre si affacciavano all’orizzonte quei regimi totalitari che per lungo tempo sarebbero stati causa di laceranti divisioni. Cent’anni dopo, tante parti del mondo possono dire di aver beneficiato di periodi prolungati di pace... per troppi essa [la pace] è ancora soltanto un lontano miraggio. Milioni di persone vivono tuttora al centro di conflitti insensati. Anche in luoghi un tempo considerati sicuri, si avverte un senso generale di paura. Siamo frequentemente sopraffatti da immagini di morte, dal dolore di innocenti che implorano aiuto e consolazione, dal lutto di chi piange una persona cara a causa dell’odio e della violenza, dal dramma dei profughi che sfuggono alla guerra o dei migranti che periscono tragicamente».
Nel messaggio di Fátima riecheggia però anche una promessa consolatrice: «Alla fine il mio cuore immacolato trionferà e... sarà concesso al mondo un tempo di pace». Parole che Benedetto XVI ha interpretato: «alla fine, il Signore è più forte del male, e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia», ossia la misericordia: l’amore che trionfa sulla logica del male, il trionfo dell’amore nelle tragedie della storia! Sì, quello di Fátima è un messaggio di misericordia, di speranza e di pace per il mondo.


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Intervista al cardinale segretario di Stato alla vigilia del viaggio a Fátima. Messaggio controcorrente 

(Barbara Castelli) «Si è tanto speculato, e forse si continua a speculare sui segreti di Fátima, ma sono speculazioni inutili, perché quello che Fátima voleva dirci lo ha detto chiaramente, pubblicamente». Lo sottolinea il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, nell’intervista rilasciata alla Segreteria per la comunicazione, alla vigilia della partenza di Francesco per il diciannovesimo viaggio internazionale, che ha per tema: «Con Maria, pellegrino nella speranza e nella pace». Ne riportiamo di seguito una nostra trascrizione.
Qual è il motivo principale della visita in Portogallo?
Credo che il Santo Padre voglia esprimere il proprio amore e la propria devozione alla Madonna, di cui abbiamo tantissime prove e altrettanti segni: come per esempio il fatto che lui sempre si reca a Santa Maria Maggiore a pregare davanti alla Salus populi Romani prima e dopo ogni viaggio. Ma soprattutto risaltano il rispetto e l’attenzione che egli porta all’esperienza mariana del popolo di Dio. Esperienza che ha saputo riconoscere negli eventi di Fátima ormai lontani un’impronta specifica della Vergine del Magnificat, ovvero la Signora del rosario che non è apparsa ai ricchi o ai potenti, né alle persone influenti, ma a dei bambini. Potremmo considerarli un po’ gli ultimi della società, per usare la terminologia del Papa quasi gli «scarti» della società. E la Madonna ha voluto privilegiare questa categoria di persone, dando ai pastorelli di Fátima un messaggio controcorrente. Eravamo in tempo di guerra, nel 1917, e il discorso era quello dell’odio, della vendetta, dell’ostilità, dello scontro, l’«inutile strage» denunciata da Benedetto XV. La Madonna invece parla di amore, di perdono, di capacità di sacrificarsi e di fare di sé stessi un dono agli altri. Quindi un capovolgimento totale dei valori, o disvalori, che in quel momento stavano prevalendo. Sono due indicazioni di grande attualità anche per il Portogallo e per il mondo: la capacità di partire dagli ultimi, di valorizzarli; e quella di vivere gli autentici valori che possono essere alla base di una convivenza pacifica e solidale all’interno di ogni paese e fra i paesi.
Più volte Papa Francesco ha detto che Maria aiuta a sciogliere i nodi del peccato. Quanto un luogo come Fátima può aiutare l’uomo contemporaneo?
Si dice che i santuari siano le “cliniche dello spirito” e il Papa l’ha messo in luce anche di recente trasferendone le competenze al Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. In essi, infatti, risuona sempre l’annuncio dell’angelo a Maria che niente è impossibile a Dio. Il santuario diventa un luogo di crescita spirituale nel momento in cui aiuta le persone a rispondere come Maria: «Eccomi!». Una realtà in cui nulla è impossibile a Dio: non è impossibile a Dio fidarsi dell’uomo, affidarsi all’uomo e camminare con lui; non è impossibile trasformare la vita e il mondo grazie al suo amore, alla sua tenerezza e alla sua misericordia; ed è possibile a Dio liberarci dai pesi del nostro passato che a volte ci schiavizza, ci blocca, e aprirci a un futuro nuovo, inedito e sorprendente. Maria ha saputo dire “sì” a questa proposta di Dio, a questo progetto. E un santuario può aiutare a crescere in questa consapevolezza che a Dio tutto è possibile e a rispondere generosamente a ciò con l’offerta della vita.
Sono trascorsi cento anni dalle apparizioni della Vergine ai pastorelli: quanto ha ancora da dire Fátima al mondo e alla Chiesa? Vengono in mente le parole di Benedetto XVI che nel 2010 disse: «Si illuderebbe chi pensasse che la missione profetica di Fátima sia conclusa».
Credo che il messaggio di Fátima è il messaggio centrale del cristianesimo, quello che stiamo vivendo soprattutto in questo periodo pasquale, cioè l’annuncio che Gesù è risorto, è vivo, è il Signore della storia. Si è tanto speculato, e forse si continua a speculare sui segreti di Fátima, ma sono speculazioni inutili, perché quello che Fátima voleva dirci lo ha detto chiaramente, pubblicamente, ed è proprio questo messaggio centrale della fede cristiana, della fede cattolica. Ne nasce anche una diversa visione della vita, che diventa un pellegrinaggio verso il Signore. Un pellegrinaggio sostenuto continuamente dalla forza del Vangelo. Allora la missione profetica di Fátima è di richiamare alla Chiesa ciò che essa è e che deve continuare a essere nel mondo di oggi, e cioè una comunità che proclama i cieli nuovi e la terra nuova e che li attende, e quasi li anticipa, direbbe il concilio, proprio immergendosi nelle pieghe della storia — soprattutto quelle pieghe più oscure e dolorose — con la forza dell’amore, per cambiare questa storia. Questo è il messaggio profetico di Fátima e il messaggio profetico della Chiesa, che, in un certo senso, coincidono.
Durante il pellegrinaggio il Papa canonizzerà Francesco e Giacinta. Quanto sono ancora attuali le figure dei pastorelli?
Dobbiamo distinguere tra i mezzi e i fini. Nel senso che Francesco e Giacinta appartengono a un certo tempo, a una certa epoca, con il suo modo di esprimersi, il suo linguaggio e gli strumenti che allora si utilizzavano. Il fine è proprio la capacità di questi due bambini, nella loro semplicità, di andare al cuore del Vangelo. Ed è questo il messaggio che i due bambini ci portano: capacità di andare al cuore del Vangelo attraverso il cuore immacolato di Maria. Un cuore, immacolato per grazia, ma che ha saputo rispondere accogliendo in pieno l’amore e la misericordia di Dio; che ha saputo vivere ispirandosi alla libertà del crocifisso. I due bambini hanno fatto proprio questo messaggio e adesso ce lo propongono con l’autorevolezza della loro santità che la Chiesa riconosce di fronte al mondo.
L'Osservatore Romano