sabato 24 giugno 2017

XII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A) — 25 giugno 2017. Monizione ambientale e commento al Vangelo.



MONIZIONE AMBIENTALE
Nella XII Domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù rivolgendosi ai discepoli dice:
«Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti.
E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima».
L’amore a Cristo è amore all’uomo e alla sua dignità. Tale amore spinge talvolta i cristiani a parlare con franchezza contro l’iniquità, senza paura del politicamente corretto. Quando, ad esempio, viene ritardato il giusto compenso ad un bracciante, oppure, una lavoratrice viene penalizzata per il suo stato di gravidanza, siamo di fronte ad ingiustizie gravi da non tacere. Se un bambino è ucciso nel grembo della madre in strutture sanitarie pubbliche con i soldi dei contribuenti, è un omicidio, come ha detto Papa Francesco, non solo un’asettica “Interruzione volontaria della gravidanza”; è permessa da una legge iniqua. Quando un malato in stato vegetativo o terminale viene considerato un “peso inutile”, e si pone fine alla sua vita privandolo di cibo ed idratazione, cure ordinarie a cui avrebbe diritto come disse San Giovanni Paolo II in Evangelium Vitae 65, si uccide una persona, che non può difendersi, con l’eutanasia, ipocritamente detta “buona morte”. Se accade che chi dovrebbe insegnare nella Chiesa la Verità, neghi la storicità della risurrezione di Cristo, o l’esistenza del “principe di questo mondo”, siamo di fronte ad un nemico della salvezza dell’uomo. Chiaramente questa franchezza si paga con ostilità e violenze subite, a volte addirittura con la vita. Ma Gesù ci rassicura: “Non temeteli! Io sono con voi!”. (Sanfilippo)
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COMMENTO AL VANGELO

Il demonio non ha il potere di uccidere l’anima!


Siamo parte della famiglia di Gesù. Tutto quello che riguarda Lui riguarda anche noi. La nostra vita è legata indissolubilmente alla sua, perché siamo nati per essere conformi alla sua immagine. Il Signore è il primogenito della nuova creazione e, come Lui, in Lui e per Lui, non possiamo che suscitare sconcerto, scandalo, persecuzione. 
L’apparire di Gesù scatenava l’ira dei demoni, stanati nell’ombra delle loro menzogne. Allo stesso modo l’avvento della Chiesa nella parola e nella vita degli apostoli, svela le trame occulte del principe di questo mondo, perché la Verità illumina la menzogna, Così, quando in ufficio, a scuola, tra gli amici, nelle diverse relazioni, si fa presente l’avvenimento di Cristo incarnato negli apostoli, tutto quello che non gli è conforme – i nemici della croce – è come risucchiato in superficie, e, una volta smascherato, schiuma ira e calunnia, e violenza che giunge ad uccidere, pur di ricacciare nell’ombra la menzogna di un’esistenza preda dell’inganno. 
Quando al supermercato, all’uscita dall’asilo appare una mamma circondata dalla nidiata dei suoi cinque, o sette, o dieci figli, è come una saetta precipitata laddove si sono posati i suoi piedi: risolini, ghigni, ironie, e insulti. In quella madre, come in ogni cristiano che incarni il vivere di Cristo, appare il Maestro, il Primogenito risorto e vivo che ha vinto la morte dell’egoismo, della paura e del pensiero del mondo; quei bambini che le fanno ressa ululante intorno sono il frutto dei “segreti” che Gesù le ha “sussurrato all’orecchio” e che lei “annuncia alla luce e predica dai tetti”. 
La Chiesa sa che in ogni uomo è inscritto il codice genetico dell’amore, la volontà di felicità che ne ha disegnato la mappa del Dna spirituale. Quando, in quella mamma, come in ogni apostolo, lo Spirito Santo fa visibile quel codice nell’esistenza quotidiana, come un liquido di contrasto intercetta il grumo di cellule impazzite che ha attaccato il Dna per stravolgerlo e lo attacca come una massiccia dose di chemioterapia spirituale; allora si palesano gli stessi effetti di quella usata nei protocolli medici oncologici: nausea, vomito, debolezza, e l’uomo vecchio aggredito dal cancro lascia il passo, con dolore, alle cellule rinnovate. 
La persecuzione che si scatena contro la Chiesa è sempre dettata dall’orgoglio che induce a non arrendersi, a difendere le certezze acquisite, non importa se gravide di morte; la superbia che spinge a non abbandonarsi alla misericordia. La persecuzione, la calunnia, l’odio che gli apostoli attirano su di sé, sono il segno inequivocabile che il Regno dei Cieli è arrivato e il regno di satana ha le ore contate: è segno di debolezza. 
Gesù è venuto per la rovina dei demoni, e per questo, dopo di Lui, il “padrone della casa” che è immagine della Chiesa, anche “i suoi familiari”, ovvero gli apostoli, saranno identificati come demoni a servizio del principe dei demoni, perché l’opera più astuta di satana è proprio quella di camuffarsi e scambiare il bene con il male, Gesù con il demonio. E’ quanto abbiamo sotto gli occhi ogni giorno… 
Per questo, la missione della Chiesa è una lotta, è parte del combattimento escatologico che appare nell’Apocalisse, soprattutto al Capitolo XII. La Donna è perseguitata dal grande drago che vuole divorare il bambino appena nato, Cristo fatto carne nella Chiesa, nei suoi fratelli più piccoli. Ogni istante della loro vita, ogni aspetto della nostra esistenza è un capitolo unico e inevitabile di questa grande e cruenta battaglia. 
Al lavoro, a casa, a scuola, con amici e colleghi, con il fidanzato o con i parenti, ovunque e sempre ci è consegnata una tessera del mosaico che compone la volontà di Dio su ogni uomo. Per poterla deporre al suo posto è necessario che sia “esorcizzata” e tolta la tessera falsa, apparentemente somigliante, ma inautentica. E questo accade non senza pagare un prezzo spesso salatissimo: la nostra dignità, il nostro onore, l’amicizia, la stima, l’affetto. 
Caricarsi, con Cristo, del peccato e del male che si scatena intorno e verso di noi, è l’amore più grande, l’unico autenticamente gratuito, che libera e conduce al Regno. In questa guerra contro satana, non dobbiamo “temere” nessuno; non dobbiamo temere l’esercito nemico, i pensieri, le tentazioni e coloro che, in questo mondo, obbediscono ai suoi ordini: il demonio non ha il potere di uccidere l’anima! Non c’è peccato, per quanto grande, che possa uccidere definitivamente l’anima! 
Siamo invece chiamati a temere Cristo, che significa abbandonarsi fiduciosi al suo amore. Temere di perderlo, di entrare nella morte soli, senza il nostro Avvocato, nella superbia di chi bestemmia l’opera dello Spirito Santo, l’unico che, nel giudizio, potrà difenderci. E questo ogni giorno: anche oggi ci attende un giudizio, al quale giungeremo passando attraverso gli eventi che ci metteranno a morte. Non sono questi, non sono i nemici che dobbiamo temere; dobbiamo invece fuggire con paura anche solo l’ipotesi di entrare nella storia soli con la nostra superbia, di trovarci davanti al Padre nudi come Adamo, senza l’armatura di Cristo. 
Se così accade, stasera ci sentiremo soli e condannati, perderemo la speranza per il matrimonio, per i figli, per la nostra vita, assaporando le primizie della “Geenna” invece di quelle del Paradiso. Il santo timore sigilla in noi che “ogni capello del nostro capo è contato”: siamo già cittadini del Cielo, non un secondo della nostra vita scivola dalle mani di Cristo. Nulla di quello che ci accade è fuori dalla volontà di Dio, eccetto il peccato. Vivere in questa certezza è già compiere la missione, in mezzo a un mondo che contesta l’esistenza e l’amore di Dio. 
Chi vive nel mistero pasquale di Cristo in ogni circostanza “lo riconosce” davanti agli uomini, così come Lui, anche quando cadiamo nel peccato, “riconosce” in noi la sua opera più forte della debolezza. “Non riconoscerlo” significa opporsi alla Grazia e rifiutare, con la storia e le persone, il suo annuncio, l’irrompere dello Spirito Santo, il suo farsi carne in noi: come potrà allora Gesù, in chi ostinatamente lo ha scacciato, “riconoscere” se stesso davanti al Padre? Temiamo dunque il Signore, abbandoniamoci alla sua fedeltà, Lui che ha “il potere” di condurci al porto sospirato della Vita eterna dove ci “riconoscerà” come suoi fratelli.