venerdì 4 agosto 2017

La spiritualità di un vero pastore



Umiltà, povertà, obbedienza e castità. Sono le quattro solide “colonne” su cui Giovanni Maria Vianney ha costruito la sua casa spirituale. Le ha elencate il cardinale Fernando Filoni durante la messa solenne presieduta venerdì mattina, 4 agosto, nella chiesa di Notre Dame de la Miséricorde, ad Ars, nella festa liturgica del santo curato. 

Il prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli — che da giovedì 3 è nella cittadina francese per presiedere le celebrazioni in onore di Vianney — ha riproposto nell’omelia la figura umana e spirituale del sacerdote francese, ricordando che queste quattro caratteristiche furono per lui «costanti compagne di vita; con esse dialogava e da esse fu aiutato nel suo itinerario umano lungo settantatré anni, mai venendo meno alla loro amicizia e alla loro compagnia».
Il cardinale ha ricordato in proposito le parole di san Clemente Papa, che una volta ammonì i fedeli di Corinto con questa espressione: «Unitevi ai santi, perché quelli che li seguono saranno santificati». Ebbene, Giovanni Maria Vianney «frequentò costantemente quelle sante virtù, che lo portarono sulla via della santità di vita e, quindi, di una straordinaria fecondità pastorale». Per questo attirava «l’ammirazione e la stima di tanti fedeli e soprattutto di tanti penitenti alla ricerca di pace interiore». In lui essi vedevano infatti l’uomo di Dio e notavano che la sua vita era coerente con ciò che predicava. 
«L’amicizia con Gesù, mite e umile di cuore, — ha aggiunto il porporato — fu per Giovanni Maria la dimensione costante di tutta la sua vita». Infatti, dall’insegnamento di Cristo «trasse lezioni e ispirazione di vita durante i suoi quarant’anni di ministero sacerdotale come curato». La preghiera, poi, era «semplice e profonda, come totale fu il filiale amore a Maria». Il santo nella sua vita sacerdotale non «trascurò mai la propria vita spirituale di buon cristiano; egli sapeva bene che, per essere un buon pastore, era anzitutto necessario vivere e camminare nella grazia santificante». 
Nel curato, ha sottolineato il cardinale, ancora oggi si può ammirare «l’uomo di Dio, pio, generoso, forte; ancora oggi siamo attratti dalla sua spiritualità, come lo furono i fedeli del suo tempo; per essi fu vero pastore». Una qualità recentemente messa in evidenza anche da Benedetto XVI, che nel 150° anniversario della morte del santo «lo additò ai sacerdoti di tutto il mondo come modello ed esempio di vita sacerdotale e pastorale». Infatti, lo zelo per le anime, «la dedizione completa al servizio del gregge a lui affidato, lo stile rigoroso ed efficace lo hanno reso per generazioni di sacerdoti fonte di ispirazione». Il porporato ha anche ricordato la lettera ai sacerdoti di Benedetto XVI, nella quale scrisse che l’esempio del santo curato d’Ars aveva favorito la tensione di ogni presbitero «verso la perfezione spirituale dalla quale soprattutto dipende l’efficacia del suo ministero».
Il prefetto ha fatto poi riferimento al brano della prima lettura della liturgia, tratto dal libro di Ezechiele. Analogamente al grande profeta dello Spirito Santo, ha detto il porporato, il curato «fu scelto anch’egli dal Signore per essere “sentinella” in questa Chiesa di Ars con il compito di avvertire contro il male, di richiamare i peccatori, di spingerli a cambiare vita». Come il profeta Ezechiele, Giovanni Maria Vianney sentiva «la stessa responsabilità davanti a Dio» di avvertire il malvagio perché desistesse dalla sua condotta perversa. L’intensità con cui il santo intese le parole rivolte da Dio a Ezechiele e il suo «senso di responsabilità verso le anime, lo portarono a un impegno pastorale paziente e generoso». Come per gli altri grandi santi, per esempio Benedetto da Norcia, egli «nulla antepose a Cristo, nulla antepose alla salvezza delle anime». In questo senso, fu «imitatore di Cristo, che il Vangelo di oggi mostra maestro infaticabile nel recarsi nelle cittadine e nei villaggi per proclamare il regno di Dio e la buona novella della misericordia». 
Da questa radice evangelica, ha spiegato il cardinale, «possiamo dire senza ombra di dubbio, prese costante linfa il santo curato nel suo ministero pastorale, e a quelle parole affascinanti si ispira sempre ogni giovane che intenda avviarsi al ministero sacerdotale». Non a caso il 7 maggio scorso Papa Francesco, in occasione dell’ordinazione di dieci nuovi sacerdoti della diocesi di Roma, ha ricordato che essi sono stati eletti dal Signore Gesù non per fare carriera, ma per un servizio. Ha raccomandato loro di non essere chierici di stato, ma pastori; di essere semplici, misericordiosi, e mai tristi. 
Il prefetto si è poi rivolto ai presenti, dicendo loro che «il “buon Dio”, come usava dire il santo curato, ha dato un sacerdote che con la sua vita e il suo ministero pastorale ha riportato al Signore e alla riconciliazione con la propria esistenza non solo gli abitanti di Ars, ma anche di questa regione e della Francia». Il suo richiamo spirituale si è poi «esteso in altre nazioni, soprattutto tra i giovani in formazione spirituale e tra il clero; quel richiamo non si è mai esaurito». 
Giovanni Maria Vianney, ha aggiunto il porporato, continua la «sua missione pastorale in modo diverso, ma non meno efficace». Questo santuario, ha detto, è ancora «luogo di bene, di preghiera e di grazia. Qui si continua a elargire la misericordia a quanti la cercano». Infatti, Ars è come «uno scrigno da cui, per l’intercessione di san Giovanni Maria Vianney, viene sparso l’incenso profumato della sua santa spiritualità, viene unta la mirra della misericordia, incorruttibile, e viene offerto l’oro prezioso della santità per la gloria di Dio». Questa è la sua parrocchia, dove per oltre quarant’anni «ha voluto bene alla sua gente, questa è la sua chiesa dove è stato strumento della misericordia di Dio per innumerevoli fedeli ed è il luogo dove le sue venerate spoglie riposano». Ad Ars, come cristiano e sacerdote, «si è santificato nella preghiera, nella penitenza e nell’umiltà». E proprio qui uomini e donne «alla ricerca di Dio cercavano e cercano pace e conforto interiore, ben sapendo che egli non ha esaurito, anzi continua la sua missione spirituale». In questo luogo, «innumerevoli sacerdoti vengono a trovare ispirazione per la propria vita sacerdotale e dove — ha concluso con un ricordo personale il cardinale Filoni — anch’io oggi sono pellegrino, facendo memoria degli anni della mia formazione seminaristica, allorché in preparazione alla vita sacerdotale, si guardava al santo curato d’Ars».

L'Osservatore Romano