mercoledì 27 settembre 2017

Le radici della Catalogna sono nel dialogo



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Predicatori e teologi siano artefici di pace

Raimondo Lullo è stato definito il «geniale plasmatore della lingua catalana» e ciò lo fece per diffondere maggiormente il suo pensiero finalizzato non allo scontro o alla contrapposizione ma al dialogo e al confronto. Per questo le radici della Catalogna indicano anche la via da seguire nel momento attuale; quanto il Maiorchino, influenzato dal pensiero francescano, scrisse riguardo al dialogo tra cristiani e mussulmani, a più diritto deve valere tra cristiani di diverse lingue, culture e confessioni come mostra il seguente brano tratto da Sara Muzzi, Raimondo Lullo. Opere e vita straordinaria di un grande pensatore medievale, Ed. Terra Santa, Milano 2016.
Raimondo Lullo nel Libre de contemplació en Dèu aveva criticato profondamente la condotta dei cavalieri, per loro, in seguito, scriverà un manuale di educazione cavalleresca ed un codice dei diritti e degli obblighi del perfetto cavaliere. Molti dei nobili partiti per riconquistare la Terra Santa avevano tentato invano l’impresa, come se questa non fosse stata voluta da Dio, la causa dei fallimenti era stata individuata da Lullo nel fatto che alcuni avevano combattuto più per se stessi che per Dio.
La responsabilità degli insuccessi riguardava però tutti i cristiani, in quest’ottica aveva sempre sostenuto una riforma a tutti i livelli della società e della Chiesa. Se gli infedeli si rifiutano di partecipare ad un dialogo adeguatamente preparato e condotto, o se le condizioni non permettono a missionari ben formati di svolgere il loro compito, allora i cristiani possono obbligarli ad accettare un confronto: è meglio primeggiare sugli infedeli con la discussione, convincerli con gli attributi divini e con le ragioni necessarie, che fargli guerra trafiggendoli con le spade e spogliandoli delle loro terre […].
L’originalità delle opere di Lullo consiste, anche, nel suo continuo tentativo di unire i progetti missionari ed i progetti di una crociata al servizio della missione. Lo si vedrà discutere di strategie militari, di itinerari da far seguire agli eserciti come prima lo si era visto sostenere la necessità impellente di un dialogo sulle differenze teologiche che rendono difficile l’opera di conversione. I suoi dettagliati progetti di crociata non dovranno portare con la forza al Battesimo, ma a sperimentare la sua Arte. Gli eserciti dovranno essere accompagnati da predicatori e teologi, da “artefici della pace”, la cui realizzazione sarà un’applicazione della dottrina dell’amore lulliana. La fiducia nella concreta possibilità di tale realizzazione si coglie nell’ottimismo che traspare in tutti i suoi scritti. Studi approfonditi mostrano come per Lullo la conversione degli infedeli, secondo il metodo di Cristo e degli Apostoli, doveva passare attraverso le scuole di lingue e, da un certo momento in poi, attraverso la riconquista di una terra che gli antichi possessori avevano il diritto di recuperare dopo che era stata invasa con le armi, ma il primato spetta sempre alla crociata intellettuale. […]
Fu il campione di una nuova cavalleria di tipo intellettuale, addestrata nel dialogo e nell’Arte, ma il parallelismo tra le armi materiali e quelle spirituali, eco dell’educazione cavalleresca ricevuta, giocò un ruolo importante nella sua opera. Gli studi sul Liber de passaggio scritto nel 1292 e presentato da Lullo al papa Nicola IV insieme al Tractatus de modo convertendi infideles, mostrano come Lullo avesse cercato di convincere il papa della necessità di fare della crociata un’impresa missionaria, in cui i missionari dovevano conoscere le lingue dei popoli a cui la crociata era diretta. La truppa doveva essere armata di ragioni necessarie, pronta ad affrontare il martirio, doveva essere fornita di testi sulla controversia religiosa con le genti cui era diretta la predicazione secondo il metodo lulliano.