domenica 10 settembre 2017

Lunedì della XXIII settimana del Tempo Ordinario



O uomo, perché hai di te un concetto così basso, 
quando sei tanto prezioso per Dio? 
Perché mai, tu che sei così onorato da Dio, 
ti spogli irragionevolmente del tuo onore? 
Perché indaghi da che cosa sei stato tratto 
e non ricerchi per qual fine sei stato creato? 
Tutto questo edificio del mondo, che i tuoi occhi contemplano, 
non è stato forse fatto per te?…

San Piero Crisologo

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Dal Vangelo secondo Luca 6,6-11

Un sabato Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. C’era là un uomo che aveva la mano destra paralizzata. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato, per trovare di che accusarlo. 
Ma Gesù conosceva i loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano paralizzata: «Àlzati e mettiti qui in mezzo!». Si alzò e si mise in mezzo. 
Poi Gesù disse loro: «Domando a voi: in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?». E guardandoli tutti intorno, disse all’uomo: «Tendi la tua mano!». Egli lo fece e la sua mano fu guarita. 
Ma essi, fuori di sé dalla collera, si misero a discutere tra loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

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Quel sabato in quella sinagoga si trattava di salvare o togliere la vita, fare il bene o il male a un uomo, anthrōpos, immagine di ogni uomo. Per lui, che durante la settimana ha sperimentato la durezza della vita causata dal peccato di Adamo, Dio ha “fatto il sabato”, il riposo del perdono gratuito. Ma anch’esso può essere sporcato dall'ipocrisia, e diventare il luogo dove è lecito fare il male e dare la morte. Come quegli scribi e farisei, infatti, anche noi, facciamo il male osservando con malizia il modo in cui Gesù opera nella nostra vita e in quella degli altri; lo accusiamo di non compiere la Legge amandoci nel modo che vorremmo, e discutiamo su cosa fargli per impedirgli di compiere il bene in noi e nei fratelli. Ma Gesù, che conosce i nostri cuori e ci ama, per svelare la nostra ipocrisia e farci aprire alla sua misericordia, ci chiede oggi: "in giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?”. Che domanda, è ovvio che sia lecito e doveroso amare sempre, come è sempre illecito fare il male e uccidere; peccato che noi abbiamo rovesciato questa verità decidendo che sia lecito fare il male nel nome del bene! E ciò accade proprio nella sinagoga... Eppure proprio la nostra debolezza che emerge nella comunità cristiana può venirci in aiuto. I nostri peccati, infatti, sono la prova che "scagiona" Gesù, giustificando con la necessità e l'urgenza dell'amore, la liceità di fare il bene e salvare una vita sempre. Per quell’uomo ogni giorno era sabato perché la malattia lo aveva reso incapace di tutto. Per questo era lo specchio che rivelava il rapporto ipocrita con Dio proprio di chi stava accusando Gesù: era nella sinagoga di sabato e non faceva nulla, chi meglio di lui compiva la legge? Ma vi era costretto, e c’è una bella differenza tra il non poter e il non voler fare nulla. Ma Gesù, come quel giorno, anche oggi vuole guarire proprio il nostro cuore malato che si nasconde nell’ipocrisia. Per questo ci dice: “Alzati, e mettiti nel mezzo!”. Basta ascoltare, perché nelle sue parole c’è il potere di compiere quello che comanda. Se ascolteremo potremo obbedire e alzarci dall’ipocrisia per metterci in mezzo: in famiglia, nella comunità cristiana, ovunque, con la nostra “mano inaridita”.


Non temere di essere smascherato e umiliato davanti a tutti, è l’unico modo per offrire al Signore la possibilità di guarirci. E’ questo il cammino per diventare cristiani e annunciare al mondo che Gesù è risorto! Ci siamo sempre nascosti, mettendoci nel mezzo per apparire quello che non siamo, nell’illusione di salvare la faccia ed essere amati. No fratelli, questo atteggiamento è il male che ci divora e uccide gli altri. Il bene, invece, giunge a noi attraverso l’umiliazione nella verità: sempre in mezzo perché Gesù ci dica: “stendi la mano” si veda bene la mano sterile che guarisce per opera di Dio, la ferita sanata dalla misericordia. Perché si compia in noi come in Gesù, che tutti hanno potuto vedere crocifisso, perché, risuscitato, proprio dalle sue piaghe gloriose potesse essere riconosciuto e creduto. Se i nostri figli lo vedessero in noi; se i parrocchiani lo potessero contemplare nei loro pastori. Se gli sposi comprendessero che un matrimonio funziona solo se si fonda sull'umile obbedienza a Cristo: la comunione non nasce dalle qualità che si mettono in comune ma dal conoscersi entrambi deboli e inariditi, l’uno in nulla migliore dell'altro. E' sui difetti e sulle debolezze che Dio costruisce il miracolo di un matrimonio cristiano e di un ministero santo, nei quali risplende l’onnipotenza del suo amore. Così Dio sceglie la sterilità, la piccolezza, la debolezza, i peccatori; il nulla per mostrare che cosa significhi il sabato, il giorno in cui nulla si fa perché è Dio che fa "tutto". E' il mistero della nostra elezione, per la quale i nostri difetti, le debolezze, gli stessi peccati, inchiodati alla Croce del Signore, sono issati sul candelabro perché il mondo veda in noi il potere della sua risurrezione. La nostra mano stesa in mezzo a tutti è il segno della misericordia di Dio che ristabilisce la vita laddove era la morte; il suo amore la fa ritornare ad essere (risanata nell’originale greco) come era al principio, nel progetto del Padre: “aperta” per donare come un cuore inondato d’amore.