sabato 14 ottobre 2017

Udienza ai Membri della “Famiglia Vincenziana”. Discorso del Santo Padre

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Udienza ai Membri della “Famiglia Vincenziana”. Discorso del Santo Padre 
Sala stampa della Santa Sede 

"Adorare, accogliere, andare...
Chi accoglie rinuncia all’io e fa entrare 
nella vita il tu e il noi."

Il cristiano accogliente è un vero uomo e donna di ChiesaAlle ore 12 di questa mattina, in Piazza San Pietro, il Santo Padre Francesco ha incontrato i Membri della “Famiglia Vincenziana” in occasione dei 400 anni dalla fondazione del Carisma (Roma, 12-15 ottobre 2017). Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha pronunciato nel corso dell’incontro:
Discorso del Santo Padre
Cari fratelli e sorelle, buon giorno ...
grazie per la vostra calorosa accoglienza, e grazie al Superiore Generale per aver introdotto questo nostro incontro.
Vi saluto e insieme con voi ringrazio il Signore per i quattrocento anni del vostro carisma. San Vincenzo ha generato uno slancio di carità che dura nei secoli; uno slancio che è uscito dal suo cuore ... perciò oggi abbiamo quia una reliquia di questo suo cuore.  Oggi vorrei incoraggiarvi a proseguire questo cammino, proponendovi tre semplici verbi che credo molto importanti per lo spirito vincenziano, ma anche per la vita cristiana in generale: adorare, accogliere, andare.

Adorare. Sono innumerevoli gli inviti di San Vincenzo a coltivare la vita interiore e a dedicarsi alla preghiera che purifica e apre il cuore. Per lui la preghiera è essenziale. È la bussola di ogni giorno, è come un manuale di vita, è – scriveva – il «grande libro del predicatore»: solo pregando si attinge da Dio l’amore da riversare sul mondo; solo pregando si toccano i cuori della gente quando si annuncia il Vangelo (cfr Lettera ad A. Durand, 1658). Ma per San Vincenzo la preghiera non è soltanto un dovere e tanto meno un insieme di formule. La preghiera è fermarsi davanti a Dio per stare con Lui, per dedicarsi semplicemente a Lui. È questa la preghiera più pura, quella che fa spazio al Signore e alla sua lode, e a nient’altro: l’adorazione.
Una volta scoperta, l’adorazione diventa irrinunciabile, perché è pura intimità col Signore, che dà pace e gioia, e scioglie gli affanni della vita. Perciò, a qualcuno che era sotto particolare pressione, San Vincenzo consigliava anche di stare in preghiera «senza tensione, gettandosi in Dio con semplici sguardi, senza cercare di avere la sua presenza con sforzi sensibili, ma abbandonandosi a Lui» (Lettera a G. Pesnelle, 1659).
Ecco l’adorazione: mettersi davanti al Signore, con rispetto, con calma e nel silenzio, dando a Lui il primo posto, abbandonandosi fiduciosi. Per poi chiedergli che il suo Spirito venga a noi e lasciare che le nostre cose vadano a Lui. Così anche le persone bisognose, i problemi urgenti, le situazioni pesanti e difficili rientrano nell’adorazione, tanto che San Vincenzo chiedeva di «adorare in Dio» persino le ragioni che si faticano a comprendere e accettare (cfr Lettera a F. Get, 1659). Chi adora, chi frequenta la sorgente viva dell’amore non può che rimanerne, per così dire, “contaminato”. E comincia a comportarsi con gli altri come il Signore fa con Lui: diventa più misericordioso, più comprensivo, più disponibile, supera le proprie rigidità e si apre agli altri.
Giungiamo così al secondo verbo: accogliere. Quando sentiamo questa parola, viene subito da pensare a qualcosa da fare. Ma in realtà accogliere è una disposizione più profonda: non richiede solo di far posto a qualcuno, ma di essere persone accoglienti, disponibili, abituate a darsi agli altri. Come Dio per noi, così noi per gli altri. Accogliere significa ridimensionare il proprio io, raddrizzare il modo di pensare, comprendere che la vita non è la mia proprietà privata e che il tempo non mi appartiene. È un lento distacco da tutto ciò che è mio: il mio tempo, il mio riposo, i miei diritti, i miei programmi, la mia agenda. Chi accoglie rinuncia all’io e fa entrare nella vita il tu e il noi.
Il cristiano accogliente è un vero uomo e donna di Chiesa, perché la Chiesa è Madre e una madre accoglie la vita e la accompagna. E come un figlio assomiglia alla madre, portandone i tratti, così il cristiano porta questi tratti della Chiesa. Allora è un figlio veramente fedele della Chiesa chi è accogliente, chi senza lamentarsi crea concordia e comunione e con generosità semina pace, anche se non viene ricambiato. San Vincenzo ci aiuti a valorizzare questo “DNA” ecclesiale dell’accoglienza, della disponibilità, della comunione, perché nella nostra vita «scompaiano ogni asprezza, sdegno, ira, grida e maldicenze con ogni sorta di malignità» (Ef 4,31).
L’ultimo verbo: andare. L’amore è dinamico, esce da sé. Chi ama non sta in poltrona a guardare, aspettando l’avvento di un mondo migliore, ma con entusiasmo e semplicità si alza e va. San Vincenzo lo ha detto bene: «La nostra vocazione è dunque di andare, non in una parrocchia e neppure soltanto in una diocesi, ma per tutta la terra. E a far che? Ad infiammare il cuore degli uomini, facendo quello che fece il Figlio di Dio, Lui che è venuto a portare il fuoco nel mondo per infiammarlo del suo amore» (Conferenza del 30 maggio 1659). Questa vocazione è sempre valida per tutti. Pone a ciascuno delle domande: “io vado incontro agli altri, come vuole il Signore? Porto dove vado questo fuoco della carità o resto chiuso a scaldarmi davanti al mio caminetto?”.
Cari fratelli e sorelle, vi ringrazio perché siete in movimento per le strade del mondo, come San Vincenzo vi chiederebbe anche oggi. Vi auguro di non fermarvi, ma di continuare ad attingere ogni giorno dall’adorazione l’amore di Dio e di diffonderlo nel mondo attraverso il buon contagio della carità, della disponibilità, della concordia. Benedico tutti voi e i poveri che incontrate. E vi chiedo, per favore, di non dimenticarvi di pregare per me. Grazie.


***


Il carisma di San Vincenzo De Paoli


Viene indicato nella completa dedizione ai poveri, “nostri signori e nostri padroni”. Fu il fondatore delle Compagnie della Carità, della Congregazione della Missione, delle Figlie della Carità.
San Vincenzo De Paoli (1581-1660) è una figura che emerge nella storia per avere svolto un’eccezionale opera di rinnovamento nella Chiesa e nella società e di cui ancor oggi si sentono i frutti, per aver saputo guardare con un nuovo sguardo evangelico Dio nel prossimo, per essere stato modello tanto della vita attiva che della vita contemplativa.
Egli è stato gratificato da Dio nel dedicarsi completamente ai poveri, che chiamava “nostri signori e nostri padroni“. Soleva ripetere: “Dobbiamo amare Dio e i poveri, ma a spese delle nostre braccia e col sudore della nostra fronte“.
Era così forte la sua convinzione che Dio è presente nei poveri, che diceva spesso alle sue suore: “Dieci volte il giorno andrete a visitare gli ammalati, e dieci volte vi incontrerete Dio“.
Era così totale e radicale la sua dedizione ai poveri che riteneva doveroso per loro spendere tutti i suoi beni e la vita stessa. Era fermamente convinto che Dio lo aveva scelto insieme ai suoi più stretti collaboratori per essere “strumenti della sua immensa e paterna carità, la quale vuol stabilirsi e dilatarsi nelle anime“.
Forte di queste convinzioni vissute con estrema concretezza, San Vincenzo cercò di:
  • avvicinare ogni forma di povertà, facendone esperienza diretta
  • fare tutto il possibile per alleviarla “subito”, o per eliminarla o per prevenirla
  • coinvolgere il maggior numero di persone, incominciando da quelle più semplici fino ad arrivare alla più alta aristocrazia e alle autorità dello stato
  • organizzare e coordinare ogni azione diretta al sollievo della povertà, per assicurare serietà, continuità ed efficienza

La testimonianza di Vincenzo De Paoli fu travolgente. Furono migliaia e migliaia le persone che si misero a sua disposizione per creare una vera mobilitazione della Carità, che in breve tempo si diffuse in tutta la Francia, in Italia, in Belgio, in tutta Europa, fino a raggiungere le lontane terre di Missione come la Cina e il Madagascar.
Una mobilitazione che si concretò subito in tre Istituzioni che sono vive ancora oggi e continuano a lavorare in nome di lui, con il suo spirito e con il suo metodo. San Vincenzo ebbe, in modo eccellente, un vero “carisma di fondatore”, cioè ebbe il dono da Dio di poter dar vita a delle istituzioni riconosciute dalla Chiesa e dalla società civile, che hanno prolungato nel tempo i criteri d’azione e i metodi organizzativi da lui creati.
Nell’ordine:
  • Le Compagnie della Carità, nel 1617, che oggi hanno assunto il nome di “Gruppi di Volontariato Vincenziano” (GVV), è l’opera primogenita, composta da donne che si radunavano per recarsi nelle case a visitare i poveri e portare loro il soccorso spirituale, morale e materiale
  • La Congregazione della Missione, nel 1625, sacerdoti destinati a predicare nelle campagne, dove trovare i poveri più trascurati e abbandonati
  • Le Figlie della Carità, nel 1633, in aiuto e completamento delle Compagnie della Carità, onde assicurare un’assistenza assidua e continua ai poveri
Queste opere, insieme con la Federazione Nazionale Società di San Vincenzo De Paoli e ad altri gruppi, costituiscono la Famiglia Vincenziana.