martedì 14 novembre 2017

Martedì della XXXII settimana del Tempo Ordinario



Se mi accade di pensare o dire una cosa che piaccia alle mie sorelle, 
trovo del tutto naturale che se ne impadroniscano come di una loro proprietà. 
Questo pensiero appartiene allo Spirito Santo e non a me, 
poiché san Paolo dice che non possiamo, 
senza quello Spirito di amore, 
chiamare «Padre» il Padre nostro che è nei Cieli. 
È perciò ben libero di servirsi di me per dare un buon pensiero a un'anima; 
se stimassi che quel pensiero fosse mio, 
sarei come «l'asino che portava le reliquie», 
il quale credeva che gli omaggi resi ai santi fossero rivolti a lui. 

S. Teresa di Lisieux, Storia di un'anima

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Dal Vangelo secondo Luca 17, 7-10

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: "Vieni subito e mettiti a tavola"? Non gli dirà piuttosto: "Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu"? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare"».

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Gesù è l'unico servo realmente disinteressato. Dopo aver "arato e pascolato il gregge" dalla Galilea a Gerusalemme "facendo quanto doveva fare", sulla Croce ha compiuto l'opera che il Padre gli aveva "ordinato": con le vesti "rimboccate" sino ad essergli strappate di dosso, "serviva" al Padre il banchetto più buono, la vita perdonata e riscattata di ogni uomo, anche quella di ciascuno di noi. Strappati così a un'esistenza "inutile" e meschina per appartenere a Cristo, possiamo donarci gratuitamente come Lui, senza "utili", secondo il significato del termine greco tradotto con "inutili". E' pur certo che senza di Lui non possiamo fare nulla, "puro impedimento" come diceva S. Ignazio di Loyola. Ma proprio per questo ogni "servizio" autentico è naturalmente gratuito: è di Cristo, non ci appartiene! Scelti dal popolo come i leviti, non abbiamo dunque altro guadagno che Lui, rivelando profeticamente nella nostra vita offerta per amore il destino celeste che attende ogni uomo: "il Signore è mia parte di eredità e mio calice" (Sal. 16). Siamo chiamati ad "arare" la terra di tutti con l'annuncio del Vangelo e una vita donata sulla croce, perché il Signore vi deponga il seme della sua vita immortale; a "pascolare il gregge" che ci è affidato, a condurre la famiglia, gli amici, i colleghi a nutrirsi dell'amore di Cristo, senza cercare in loro il nostro profitto; ma, con semplicità, obbediamo alla volontà del Padre sino al sacrificio della vita. Così, i discepoli muoiono ogni giorno per cause di servizio, costellando la storia di morti bianche per le quali nessuno si indigna, il martirio che semina, silenziosamente e nascostamente, la salvezza nella storia. E', infatti, nella notte oscura della fede, di qualsiasi "utile" per la carne e per lo spirito, che il servo vive il culmine della sua chiamata. Santa Teresa d'Avila, San Giovanni della Croce, Santa Teresa di Lisieux, la Beata Teresa di Calcutta, hanno vissuto lunghi anni nell'aridità totale. Innescati da una fiamma d'amore che ne ha sconvolto l'esistenza, hanno poi trascorso il resto della vita nel "servizio" autentico, purificato da ogni passione, sensibilità, desiderio. 

Allo stesso modo, nella Chiesa, attraverso l'iniziazione cristiana, anche in noi lo scalpello di Dio dà compimento alla sua opera, intagliando l'autenticità proprio quando tutto ci sembra assurdo e fallimentare. Allora le cose fatte senza alcun gusto divengono i sacrifici perfetti e di soave odore, la quotidianità intrisa di aridità e dubbi e angosce è trasfigurata nel servizio puro e innocente che profuma di Paradiso. E' questa vita "inutile", che sembra non recare alcun guadagno né a noi né al prossimo, derisa e sottoposta alla tentazione di essere cambiata, il "servizio" al quale siamo chiamati, perché proprio in essa il Signore realizza il suo stesso mistero di salvezza. Mentre scendeva nella tomba, infatti, dopo essere stato deriso e aver perduto ogni guadagno umano, anche il minimo sguardo di compassione e tenerezza, Egli ci stava salvando distruggendo nella sua carne l'opera del demonio. Sulla Croce inchiodava la concupiscenza, nel sepolcro seppelliva l'avidità arrogante, con la resurrezione liberava la carne trasfigurata al dono oltre i limiti imposti dalla ricerca di consenso e affetto: così, riproducendo in noi il Mistero Pasquale di suo Figlio, il Padre ci fa figli liberi di amare gratuitamente, perché colmi dell'infinito suo amore, più forte del demonio, della carne e del mondo, capace di vincere la morte dell'indifferenza. E' ciò che aveva scoperto il Card. Van Thuan nel carcere dove nulla ormai poteva fare, spogliati di tutto possiamo servire Dio e non le sue opere: "Una notte, dal profondo del mio cuore ho sentito una voce che mi suggeriva: «Perché ti tormenti così? Tu devi distinguere tra Dio e le opere di Dio. Tutto ciò che tu hai compiuto e desideri continuare a fare... tutto questo è un' opera eccellente, sono opere di Dio, ma non sono Dio! Se Dio vuole che tu abbandoni tutte queste opere, mettendole nelle sue mani, fallo subito, e abbi fiducia in lui. Dio lo farà infinitamente meglio di te; lui affiderà le sue opere ad altri che sono molto più capaci di te. Tu hai scelto Dio solo, non le sue opere!». E Cristo, sconvolgendo ogni criterio, quando "torneremo dal campo" della vita, feriti ed esausti, ci farà sedere alla sua mensa e passerà a servirci.