domenica 3 dicembre 2017

Vigilate!

17 11 28 candela natale

È necessario studiare da vicino la parola vegliare; bisogna studiarla perché il suo significato non è così evidente come si potrebbe credere a prima vista e perché la Scrittura la adopera con insistenza. Dobbiamo non soltanto credere, ma vegliare; non soltanto amare, ma vegliare; non soltanto obbedire, ma vegliare. Vegliare perché? Per questo grande evento: la venuta di Cristo.

Cos’è dunque vegliare?

Credo lo si possa spiegare così. Voi sapete cosa significa attendere un amico, attendere che arrivi e vederlo tardare? Sapete cosa significa essere in compagnia di gente che trovate sgradevole e desiderare che il tempo passi e scocchi l’ora in cui potrete riprendere la vostra libertà? Sapete cosa significa essere nell’ansia per una cosa che potrebbe accadere e non accade; o di essere nell’attesa di qualche evento importante che vi fa battere il cuore quando ve lo ricordano e al quale pensate fin dal momento in cui aprite gli occhi? Sapete cosa significa avere un amico lontano, attendere sue notizie e domandarvi giorno dopo giorno cosa stia facendo in quel momento e se stia bene? Sapete cosa significa vivere per qualcuno che è vicino a voi a tal punto che i vostri occhi seguono i suoi, che leggete nella sua anima, che vedete tutti i mutamenti della sua fisionomia, che prevedete i suoi desideri, che sorridete del suo sorriso e vi rattristate della sua tristezza, che siete abbattuti quando egli è preoccupato e che vi rallegrate per i suoi successi? Vegliare nell’attesa di Cristo è un sentimento di rassomiglianza a questo, per quel tanto che i sentimenti di questo mondo sono in grado di raffigurare quelli dell’altro mondo.

Veglia con Cristo chi non perde di vista il passato mentre sta guardando all’avvenire, e completando ciò che il suo Salvatore gli ha acquistato, non dimentica ciò che egli ha sofferto per lui. Veglia con Cristo chi fa memoria e rinnova ancora nella sua persona la croce e l’agonia di Cristo, e riveste con gioia questo mantello di afflizione che il Cristo ha portato quaggiù e ha lasciato dietro a sé quando è salito al cielo.

John H. Newman, La vie chrétienne, Paris 1904, pp. 353-356

Giotto, La speranza, Cappella degli Scrovegni, Padova.
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3 dicembre 2017
Prima domenica di Avvento 

di ENZO BIANCHI

Mc  13,33-37

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:" 33 Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. 34 È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. 35 Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; 36 fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati. 37 Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!".

Abbiamo appena terminato l’anno liturgico A, nel quale ci è stato proposto, come lectio cursiva domenicale, il vangelo secondo Matteo. Con questa domenica, prima del tempo delle venute di Cristo (Avvento), iniziamo la lettura del Vangelo secondo Marco che ci accompagnerà in questo nuovo anno liturgico (B).
Se Matteo nell’ultima domenica ci proponeva l’affresco della venuta del Figlio dell’uomo e del suo giudizio su tutta l’umanità (cf. Mt 25,31-46), oggi Marco pone ancora davanti ai nostri occhi la venuta del Figlio dell’uomo alla fine dei tempi e ci istruisce su come attendere quel giorno. Secondo l’evangelista più antico, la manifestazione gloriosa del Figlio dell’uomo avverrà dopo una tribolazione nella quale l’assetto attuale del mondo sarà sconvolto e avrà fine (cf. Mc 13,5-23). Allora tutta l’umanità sarà posta di fronte alla visione del Figlio dell’uomo veniente sulle nubi con grande potenza e gloria (cf. Mc 13,24-27Dn 7,13-14). Sarà un evento estrinseco alla storia e alla volontà umana, che realizzerà un decreto del Padre: il Figlio dell’uomo instaurerà per sempre il suo Regno e, attraverso i suoi messaggeri, radunerà i chiamati da lui. Visione apocalittica, rivelativa, le cui immagini devono evocare l’inenarrabile azione di Dio, che è e sarà sempre azione di salvezza e di liberazione.
La parusia, la venuta gloriosa, coinciderà con la fine dell’attuale creazione e l’avvento della nuova, un evento che avverrà certamente ma la cui ora non è conosciuta da nessuno se non da Dio, come Gesù afferma subito prima del nostro brano liturgico: “Quanto a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre” (Mc 13,32). Neppure Gesù li conosce, lui che, nella condizione di vero uomo in tutto simile a noi eccetto il peccato (cf. Eb 4,15), ignora e dunque non può dichiarare quell’ora che verrà improvvisa, sia che gli umani la attendano sia che non l’attendano. Certo, ci sono dei segni che possono ammonire, segni che richiedono un discernimento attento: come, osservando le gemme del fico, al loro gonfiarsi si può intravedere che l’estate è vicina, così i credenti, leggendo in profondità gli eventi della storia, possono comprendere che “il giorno del Signore” (jom ’Adonaj) è vicino e che il Figlio dell’uomo è alle porte (cf. Mc 13,28-31). E proprio affinché i discepoli attendano quel giorno ed esso non li colga all’improvviso, Gesù consegna loro un’ammonizione nella quale è contenuto anche l’abbozzo di una parabola.
Egli comincia dicendo: “State in guardia e vegliate”. All’inizio del discorso escatologico, e poi altre due volte prima di questa, Gesù ripete: “State in guardia” (blépeteMc 13,5.9.23). Qui lo ribadisce per la quarta volta, in modo dunque incalzante, unendo questo monito all’altro: “Vegliate” (agrypneîte; in modo analogo, con il martellante verbo gregoréo ai vv. 34, 35 e 37). Stare in guardia, attenti, e vegliare è un atteggiamento assolutamente necessario nella lotta, e la vita cristiana è una lotta, un combattimento contro l’intontimento spirituale, il letargo della consapevolezza, l’assopimento della convinzione nella fede, il raffreddamento della carità (cf. Mt 24,12). Altre volte nel vangelo secondo Marco Gesù richiama i discepoli a questa vigilanza per ascoltare la parola di Dio (cf. Mc 4,24), per non essere influenzati dal lievito dei farisei (cf. Mc 8,15), dall’ipocrisia degli scribi (cf. Mc 12,38), dall’inganno di quanti predicono il futuro come se lo conoscessero (cf. Mc 13,23). Egli vuole che i discepoli siano convinti della venuta gloriosa del Figlio dell’uomo, perché questo ormai è il solo evento che conta veramente e definitivamente nella storia. Anche l’Apostolo Paolo chiederà alla comunità cristiana questa vigilanza, questa capacità di stare svegli destandosi dal sonno, perché il giorno del Signore è vicino (cf. Rm 13,11). Il momento non è conosciuto, occorre dunque attenderlo per essere pronti ad accogliere il Veniente, il Signore stesso!
Ecco allora, di seguito, la breve parabola. Un uomo parte per un viaggio lontano dalla sua casa e, nel lasciarla, dà potere ai suoi servi e ordina al portinaio di vigilare. Detto questo, Gesù si rivolge direttamente ai discepoli, perché è chiaro che quella parabola li riguarda direttamente: presto egli partirà – sarà infatti catturato, condannato e ucciso – e i suoi discepoli resteranno senza di lui. Vi sarà dunque un tempo contrassegnato dalla sua assenza, ma i discepoli hanno ricevuto ciascuno una missione, un compito e c’è anche qualcuno che, come il portinaio, è chiamato a vegliare sull’intera comunità. Le responsabilità affidate sono diverse e certamente il portinaio (figura sotto la quale si può cogliere anche un’allusione a Pietro, che spesso Marco distingue dagli altri undici) ha un compito superiore a quello degli altri: a lui è stato dato molto e sarà richiesto molto di più (cf. Lc 12,48), perciò soprattutto lui deve stare in guardia sulla casa e sui servi lasciati in essa.
Si tratta dunque di vegliare, perché quell’uomo, il Signore della casa, verrà. Attenzione, non si dice che “ritornerà”, perché nei Vangeli mai si parla di “ritorno”, bensì di “venuta” del Signore. Egli è il Veniente (ho erchómenos), che sempre può venire: alla sera, a mezzanotte, al canto del gallo, o al mattino… le ore del sonno o del primo risveglio! Potrà venire alla sera, l’ora in cui proprio i tre discepoli più vicini a Gesù – Pietro, Giacomo e Giovanni –, chiamati a vegliare in preghiera per soffrire insieme a Gesù tentato nell’imminenza della sua passione e morte, dormivano (cf. Mc 14,32-42). Potrà venire all’ora del canto del gallo, quando Gesù sta davanti al sommo sacerdote ed è processato, mentre Pietro lo rinnega dicendo di non averlo mai conosciuto, come il Signore gli aveva anticipato (cf. Mc 14,66-72). Potrà venire all’alba, quando la tomba di Gesù si presenta vuota perché egli è risorto da morte, ma i discepoli restano increduli anche di fronte all’annuncio pasquale delle donne discepole (cf. Mc 16,1-11). Sono ore di rivelazione di Gesù, ore della sua venuta, eppure i discepoli, i Dodici, le hanno disertate tutte, e significativamente Marco mette in luce questi fallimenti, questa non vigilanza. Per questo saranno le donne a ricevere l’annuncio pasquale e l’ordine di andare a proclamare ai suoi discepoli e a Pietro che Gesù è risorto e li precede tutti in Galilea, là dove li aveva chiamati e dove aveva vissuto con loro: è una chiamata a ricominciare…
Vegliare nella notte, vigilare, stare attenti e in guardia, sono tutte espressioni che indicano ciò che compete a ciascun discepolo, in particolare a chi è chiamato a vigilare in modo particolare, essendo posto come sentinella sulla casa e sulla comunità del Signore. Queste sentinelle hanno anche il compito di tenere svegli gli altri, di impedire loro di assopirsi e dormire. “Sentinella, a che punto è la notte?” (Is 21,11), è la domanda che i cristiani rivolgono ai loro pastori, ma purtroppo a volte anche i pastori non vegliano e dormono, incapaci di rispondere alle attese di quelli che sono stati loro affidati.
E ciò che Gesù ha detto ai quattro discepoli sul monte degli Ulivi (i tre di cui sopra, più Andrea: cf. Mc 13,3), lo indirizza anche a tutti gli altri: “Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!”. Ebbene, chiediamoci: noi cristiani, che vogliamo essere discepoli di Gesù, attendiamo ancora veramente la sua venuta? Siamo quelli che Paolo definiva “in attesa della manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo” (cf. 1Cor 1,7)? Il grande Basilio di Cesarea ammoniva: “‘Che cosa è specifico del cristiano?’. ‘Vigilare ogni giorno e ogni ora ed essere pronti nel compiere pienamente la volontà di Dio, sapendo che nell’ora che non pensiamo il Signore viene (cf. Mt 24,44Lc 12,40)’” (Regole morali 80,22). E i padri del deserto, dal canto loro, arrivavano a dire: “Non abbiamo bisogno di nient’altro che di uno spirito vigilante” (Detti dei padri, collezione alfabetica, Poemen 135), perché sapevano e avevano sperimentato che la vigilanza è la matrice di tutte le virtù cristiane.
Il cristiano dovrebbe vivere la vigilanza anche vegliando nella notte, vivendo l’attesa nel suo corpo, nella sua carne, e non lasciandola relegata ai pensieri pii. Ma in ogni caso, il fine del vegliare, anche sottraendo ore al sonno, è l’acquisizione della consapevolezza di ciò che si è e della responsabilità che si ha nella compagnia degli uomini e nella comunità del Signore. Vigilare è vivere con i sensi svegli, resistendo all’intorpidimento spirituale, al venire meno della sovraconoscenza dataci dalla fede. Vigilare è aderire alla realtà ed essere fedeli alla terra, sapendo e affermando di essere sempre alla presenza di Dio, “tempio dello Spirito santo” (1Cor 6,19) e corpo del Cristo risorto nella storia. Vigilare è resistere allo spirito dominante e conservare la capacità di critica, per non piegarci al “così fan tutti!”.
Nella chiesa, il vescovo, colui che vigila (epískopos), non si dimentichi non solo di restare sveglio, ma di risvegliare anche quanti sono a lui affidati. Sì, fa parte del ministero episcopale svegliare i sonnolenti, affinché la loro fede sia rinsaldata e tutta la chiesa attenda il Signore veniente, unendo la sua preghiera all’invocazione dello Spirito, perché “lo Spirito e la sposa dicono: ‘Vieni!’” (Ap 22,17). Il lettore delle sante Scritture partecipi dunque a questa invocazione e la ripeta senza tregua, entrando con tutte le sue forze in quel dialogo che chiude l’intera Bibbia e avvolge l’intera nostra vita:
“Sì, vengo presto!”.
“Amen. Vieni, Signore Gesù!” (Ap  22,20).

I Domenica di Avvento. Anno B. Ambientale e Commento al Vangelo.




La vigilanza è non uscire dal presente, 
ma fare qui e ora la cosa giusta, 
come se si dovesse compierla sotto gli occhi di Dio.  

Benedetto XVI

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Nella prima Domenica di avvento la liturgia ci propone il Vangelo (Mc 13, 33-37) in cui Gesù invita a vegliare:
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento. È come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare. Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: vegliate!».
Questa prima parte dell’Avvento c’invita a prepararci alla venuta finale del Signore, la cosiddetta Parusia. Cristo la inaugura per ognuno di noi di fatto nel giorno della nostra morte, rinominato dai cristiani "Dies natalis", il giorno della nascita definitiva al cielo. Questo tempo ci esorta a contemplare le “cose ultime” che ci riguardano, quelle più importanti perché ineludibili: la morte, il Giudizio che ne seguirà, il premio del Paradiso e il rischio della condanna eterna. La parola chiave utilizzata dall’evangelista per superare con successo questi “esami finali” è vigilanza: siamo esortati a non dormire, a stare svegli! È una forma di reattività, di prontezza dell’anima per saper interpretare il linguaggio misterioso con cui Dio ci parla quotidianamente nei fatti che ci accadono, e per agire con la forza e la libertà di chi può amare. Quest’attitudine propriamente cristiana è frutto dell’ascolto della parola, della preghiera continua, della catechesi e della vita sacramentale. Prendere alla leggera questa esortazione equivale ad “addormentarsi dentro”, senza più percepire la presenza di Dio, rischiando l’insensibilità e la noia spirituale, fino all’avversione a Dio. Nell’Avvento, Cristo ci viene incontro con affetto e benevolenza per rigenerarci, rinnoviamo ogni giorno l’invocazione: "Vieni Signore Gesù!".

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COMMENTO

“Signore, tu sei nostro Padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani”: la ragione della vigilanza alla quale il Signore ci chiama in questa prima domenica di Avvento è racchiusa in queste parole.

Siamo una sua opera, “perché in lui siamo stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della conoscenza”. Siamo ricchi, ecco perché è necessario “vegliare”. Chi ha una casa disadorna, senza tesori, non si preoccuperà di mettere allarmi, sbarre alle finestre e un cane ben addestrato in giardino. Chi invece ha beni ingenti a cui tiene molto si preoccuperà di difenderli in qualsiasi modo.

E noi, dice san Paolo, siamo stati arricchiti di tutti i doni! Non ci manca nulla, come recita il Salmo 23, perché il Signore è il nostro “Pastore”. “La sua destra ci ha piantati come figli che per Lui ha reso forti”.

Ci ha fondato sulla roccia della fede nella Chiesa, la “sua casa”, dove “la testimonianza di Cristo si è stabilita tra noi così saldamente che ci non manca più alcun carisma”.

Questa certezza intima dell’amore di Dio rivelato in Cristo è il dono più importante da custodire ad ogni costo, perché è proprio quello sottoposto agli attacchi più violenti.

Il demonio sa che se riesce a raffreddare la fede nei cristiani, scompariranno dal radar del mondo anche la speranza e la carità, trasformandolo così in un cimitero a cielo aperto.

Mai come in questa generazione la “casa” del Signore è assediata dal pensiero mondano, che mette in serio pericolo il deposito della fede, il tesoro più grande della Chiesa. Perché è la fede che vince il mondo!

Diceva l’allora Card. Ratzinger: “Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero... La piccola barca del pensiero di molti cristiani è stata non di rado agitata da queste onde - gettata da un estremo all’altro… e si realizza quanto dice San Paolo sull’inganno degli uomini, sull’astuzia che tende a trarre nell’errore”.

E’ di questo che parla Gesù chiamandoci così seriamente alla vigilanza. “Non sappiamo”, infatti, quando il Signore “ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino”. Tornerà e sarà come una notte di Pasqua, la notte delle notti, l'ultima, in cui tutti passeremo, per sempre al Padre.

Ciò significa che la vita intera, ogni giorno, è da vivere come una notte di Pasqua, un seno benedetto che gesta l'aurora della libertà. Ma lo viviamo così? Lui stesso se lo è chiesto, chiamandoci così a conversione: “quando il Figlio dell’uomo tornerà troverà la fede sulla terra?”.

Per far sì che Gesù trovi la fede quando verrà alla fine del mondo, come ogni giorno negli eventi della storia, come nella nostra vita, Gesù ha dato “il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare”, nella certezza che “le porte degli inferi non prevarranno mai”.

Per questo occorre “fare in modo che, giungendo all’improvviso”, non trovi i cristiani, tu ed io, “addormentati”, ovvero senza fede. Ma concretamente, quale è il modo per fare sì che il demonio non ci rubi la fede? C’è un solo modo, quello che la Chiesa ha sempre usato, sin dagli albori della sua storia: l’iniziazione cristiana.

In essa la Chiesa esercita il “potere” conferitole per accompagnare i cristiani sino alla fede adulta: “adulta non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo. É quest’amicizia che ci apre a tutto ciò che è buono e ci dona il criterio per discernere tra vero e falso, tra inganno e verità. Questa fede adulta dobbiamo maturare, a questa fede dobbiamo guidare il gregge di Cristo. Ed è questa fede - solo la fede - che crea unità e si realizza nella carità” (Benedetto XVI). 

Per questo, la liturgia con la quale la Chiesa ci introduce nel nuovo Anno Liturgico è, prima di tutto, un invito a fare memoria al dell’opera di Dio nella nostra vita, perché i suoi prodigi, come invoca la Prima lettura, siano di nuovo realizzati; e perché si possa rinnovare lo zelo per camminare e crescere ancora, giorno dopo giorno, nella fede.

Se, approfittando delle difficoltà in famiglia, delle sofferenze e delle malattie, il demonio ci ha rubato il ricordo, arriva questo Avvento per guardare di nuovo alla nostra storia.

A “quando Dio compiva cose terribili che non attendevamo”. “Guardiamo con attenzione”, cominciando dai momenti nei quali ci siamo sentiti accolti così come siamo e perdonati sino in fondo. Inizia qui la “vigilanza”.

Apriamo gli occhi e rivediamo i fatti concreti nei quali abbiamo sperimentato la vita nuova muoverci verso l’altro per perdonarlo a nostra volta; sino a quando abbiamo visto il “potere” di Cristo dato ai suoi “servi” predicarci la Parola che ricostruito la nostra famiglia, e amministrarci i sacramenti nei quali, morto l’uomo vecchio nelle acque della sua misericordia, ci ha “svegliato” dai peccati ricreandoci come uomini nuovi.

Non a caso i verbi usati da Gesù non indicano l’azione di svegliarsi ma un modo di essere, lo stare svegli dopo essersi destati. In pratica ci sta chiamando ad essere l’opera che Lui ha creato: nella sua prima venuta è sceso agli inferi, ci ha destato mentre eravamo prigionieri della morte,e ci ha risuscitati con Lui. Ora si tratta di vivere secondo la Grazia ricevuta; come un “portiere”, “sveglio nella notte” che avvolge il mondo.

Come i portieri che Dio scelse per custodire la Tenda della Riunione: è santa la Chiesa, è santa la nostra vita: siamo stati scelti per la missione più grande, annunciare ad ogni uomo il Vangelo che abbiamo sperimentato. 

Per questo Gesù “dice a tutti” di “vegliare”, perché tutti, non solo i pastori, nella Chiesa sono inviati come “servi del Vangelo” e della fede; non possiamo perdere il sapore scendendo dalla Croce sulla quale ci ha uniti a sé, il posto migliore per vegliare, la garitta dove vigilare per discernere il kairos, il “momento favorevole” per l’annuncio capace di salvare chi ci è accanto. 


L'avvento è allora aspettare l’Amato stringendosi a Lui che, pur partito per un Paese lontano in un lungo viaggio, è già presente nel cuore. Aspettarlo operando la volontà del Padre che è la salvezza di ogni uomo, offrendo tutto se stessi per il suo compimento. Lui è già qui, non come una nostalgia sentimentale. Ecco perché l’attesa e la vigilanza sono un desiderio ben diverso da ogni altro, che nessuno e nulla se non Cristo può soddisfare. L'Avvento è amore che attende il suo compimento, ogni istante.

Il Signore ci chiama dunque ad essere desti nell’ascolto, nella preghiera, nella comunione con i fratelli. A “guardare con attenzione” senza distrarci dal mondo ormai così virtuale, mettendo a fuoco ogni insidia, nella buona battaglia della fede, custodendo la porta del cuore e delle labbra. Perché anche noi siamo la "casa" dei Signore, il Tempio del suo Spirito Santo.

A fissare tutto a trecentosessanta gradi, come una sentinella sempre sulla porta della famiglia e delle relazioni, della comunità e di ogni nostro luogo, attenti perché il demonio non vi entri con i giudizi, le invidie, le concupiscenze. E pronti ad aprirla al Signore che viene proprio quando non ce lo aspettiamo, forse nascosto nella parolina velenosa del coniuge o nella disobbedienza dei figli, per accoglierlo e amarlo nel fratello.

E’ vero, siamo deboli e contraddittori, “e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia”. Ma è ancor più vero, ne abbiamo la prova nella nostra esperienza, che Dio ci “renderà saldi sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. Degno di fede è Dio, dal quale siamo stati chiamati alla comunione con il Figlio suo, Signore nostro!”.

sabato 2 dicembre 2017

Kiko Arguello: Annuncio di Avvento 2017. Estratti.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.

"Sono stato malato e spero che ancora per qualche anno possa continuare con voi..
Il 25 gennaio faremo una convivenza mondiale per preparare l'incontro per i 50 anni del Cammino con il Santo Padre..
Sto facendo anche una nuova sinfonia da offrire al Papa e a tutti voi in quella occasione...


Canto: "Viene il Signore vestito di maestà"


Lettura: 2Tess. 2, 1-17


(...)

L'Avvento sottolinea un aspetto del Cristianesimo che è fondamentale: l'escatologia.
Dice san Bernardo di Chiaravalle, nell'Ufficio delle Letture del mercoledi della prima settimana di Avvento, che ci sono 3 venute di Cristo.....
Cristo viene alla nostra vita, ma non viene solamente glorioso nella sua seconda venuta, che sarà come un lampo nell'universo, si aprirà l'universo ed esploderà di luce e apparirà il Signore con i suoi santi. No, viene anche quando tu muori: allora la Chiesa ti invita, in questo tempo di Avvento, a riconsiderare l'incontro col Signore che avrai alla tua morte...
Tutti avremo un tempo, nella liturgia della nostra vita, in cui dovremo fare una riconsiderazione seria su come sta andando la nostra vita, e che possiamo morire, e dobbiamo prepararci all'incontro col Signore. Viene il Signore, viene alla nostra vita, viene per te, viene anche per me, viene!.


(...)

L'Avvento, in quanto sottolinea un aspetto della vita del cristiano che è l'escatologia, ci dice che noi dobbiamo essere sempre svegli, in piedi, gridando "Maranatha, Vieni Signore", vieni. La venuta del Signore, per noi cristiani, non è una cosa orripilante, o di cui dobbiamo avere timore, perchè il Signore ci ha fatto conoscere, attraverso il suo Spirito, il suo intimo, ciò che c'è dentro di Lui... E quando Lui verrà, tu vedrai che la tua anima è innamorata di Lui, lo vedrai, lo vedremo e la nostra anima si innamorerà di Lui di un amore grandissimo, perchè è Lui il creatore di tutto l'universo. Questo incontro sarà fantastico, perchè il Signore sta sperando che noi apriamo le porte della nostra anima e Lui possa entrare e farsi Uno in noi....

(...)

"Ah, se noi ci lasciassimo amare da Dio! Non è facile! Che dobbiamo fare per lasciarci amare dal Signore? Convertirci!
Faccio un esempio: c'è il tesoro del tempio e molti ricchi danno molti soldi, arriva una povera vedova e dà 2 monetine. Ma il Signore dice: "Vedete quella donna? Tutti hanno dato dei soldi che avanzavano loro, ma quella donna ha dato tutto quello che aveva per vivere". Con questo il Signore vorrebbe che voi oggi Gli diate la vostra vita, Gli diate le 2 monete, corpo e anima. DiciamoGli: "Signore, fà di me quello che vuoi, vorrei amarti e non ti amo. Come posso fare per amarti?".
Per questo è importantissimo l'Avvento, perchè è un tempo per pregare il Signore e soprattutto vivere la vita in questo atteggiamento, con questa attitudine escatologica, sapendo che moriamo, che andiamo al cielo: dobbiamo vivere guardando al cielo..
Per questo l'Apostolo dice:"Noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne". (2Corinzi 4,18).
Tutto questo mondo perirà.. Ma noi non siamo stati creati per perire, noi siamo stati creati da Dio per vivere eternamente in Lui, partecipi della Sua Gloria... Questo Mistero è impressionante.. Chi lo vive? Eppure è scritto lì nel Vangelo, come una Parola piena di fuoco, aspettando di realizzarsi profondamente in noi... "Padre, io in loro e tu in me, perchè siano perfettamente Uno e il mondo creda!". In chi si realizza questa parola?"


(...)


Il tempo dell'Avvento è meraviglioso: avete una comunità, ci alziamo al mattino presto per cantare al Signore, per pregare i salmi... Tanta gente si trova sotto il potere del demonio, della lussuria, dell'alcool, della secolarizzazione, dell'avidità di denaro...Quanto stretta è la via che conduce alla vita e quanto pochi sono quelli che vi entrano!!.. Spaziosa e larga è invece la via che porta alla perdizione... La porta stretta... Che cos'è? Dicono i Padri che la porta stretta è: l'accettazione totale della storia, delle scomodità della storia. Che cosa ti scomoda oggi? La vecchiaia? Che cosa ti fa soffrire oggi? Il carattere di tua moglie? I figli che non ti obbediscono? La mancanza di soldi? Ecco la porta stretta per la quale siamo invitati ad entrare per amore al Signore, perchè TUTTO concorre alla nostra santificazione...
La STORIA: noi vi abbiamo insegnato che l'essere cristiani si realizza non nel tempio, ma nella storia, rispondendo al Signore giorno per giorno, vivendo alla Sua presenza giorno per giorno, ora per ora, momento per momento, in Lui. "Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio...", avendo una intimità con Lui, in costante preghiera.
Oggi avete vissuto nel Signore, alla Sua presenza, avete fatto la Sua volontà, siete stati contenti di essere umiliati, di avere qualche sofferenza da offrirGli?.....