mercoledì 14 febbraio 2018

«Ecco il tempo favorevole, l'ora della salvezza»

Le Ceneri

Oggi, Mercoledì delle Ceneri, per le Chiese di rito romano inizia la Quaresima, tempo di preparazione alla Pasqua che quest’anno sarà domenica 1° aprile. E nella giornata odierna il Papa presiederà una celebrazione nella forma delle “Stazioni” romane. Più precisamente la liturgia stazionale inizierà alle 16.30, nella chiesa di Sant’Anselmoall’Aventino. Seguirà la processione penitenziale verso la Basilica di Santa Sabina dove il Pontefice celebrerà la Messa con il rito di benedizione e di imposizione delle ceneri. Nel suo Messaggio quaresimale, in cui sottolinea il rischio di far raffreddare il cuore e mette in guardia dai falsi profeti, Francesco indica come rimedio «assieme alla medicina, a volte amara, della verità» quello «della preghiera, dell’elemosina e del digiuno». Significativamente il titolo del Messaggio è: “Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti” (Mt 24,12). Come noto, nelle Chiese di rito ambrosiano la Quaresima inizierà invece domenica prossima.
Per vocazione e missione mi sono ritrovato, nei miei venticinque anni di vita sacerdotale, a operare pastoralmente nell’ambito del pensiero e della cultura. Se c’è un luogo in cui la Chiesa assomiglia a un ospedale da campo – per riprendere l’immagine più che opportuna di papa Francesco –, è precisamente questo, dove le domande sono esigenti e continue, le ricerche di senso sono intense, talvolta estreme, nella loro vulnerabilità, e la fame di Dio è, sì, latente, ma anche nascosta sotto un dolore umano non sempre confessato, un grande vuoto, tanta sofferenza, in conflitto e in solitudine nel modo di confrontarsi con la vita o con la fede. Per questo, chi lavora nel settore della cultura non può essere un semplice uomo d’ufficio o gestore di sacrestia. Pur lavorando da tanti anni in un’università, mi vedo in effetti come un prete di strada, poiché la cultura, nella sua fantastica e drammatica vitalità, è questo: è essere in mezzo alla strada, è il disarmante spazio aperto della vita. La cultura è uno straordinario motore di ricerca, nel quale la complessa ansietà del vivere è sempre presente. Un territorio che non è facile, ma è appassionante. E questo campo pastorale mi ha insegnato il valore dell’ascolto.
L’ascolto è già di per sé un modo di prendersi cura, una maniera di occuparsi delle ferite del cuore umano. Un sacerdote non deve essere necessariamente un megafono. Spesso quel che Dio gli chiede è di essere un’umile antenna. Non è tenuto a tirar dritto per Gerusalemme senza guardare né a destra né a sinistra, indifferente al dramma degli altri. Tante volte, quel che Dio gli chiede è di essere il Buon Samaritano di turno. L’amore di Cristo per gli umani è un amore senza riserve, è una misericordia che ci apre alla vastità, facendo leva sui punti di partenza già esistenti, ancorché fragili e insufficienti nel turbinio della vita. La pastorale deve provare a essere un’arte dell’ospitalità. Solo chi è disposto ad ascoltare le domande fino in fondo può dare risposte. Se c’è una cosa che ho imparato lavorando nel campo della cultura, è il significato spirituale della sete. Di questo ringrazio Dio ogni giorno. C’è tanta sete nel cuore umano. Il cuore, potremmo dire, è uno sconfinato serbatoio di sete. Sete d’amore. Sete di verità. Sete di riconoscimento. Sete di ragioni di vivere. Sete di un rifugio. Sete di nuove parole e di forme nuove. Sete di giustizia. Sete di umanità autentica. Sete di infinito. E Gesù s’identificò con gli assetati. Una delle sue ultime parole sulla croce fu: «Ho sete» ( Gv 19,28). La sete diviene così un’ermeneutica necessaria non solo per raggiungere il cuore umano, ma anche per comprendere il mistero di Dio.
Quando il Santo Padre volle parlare con me perché collaborassi agli Esercizi di Quaresima, gli dissi che io sono solo un povero prete, ed è la verità. Lui m’incoraggiò a condividere dalla mia povertà. Mi è allora venuto in mente di proporre un ciclo di meditazioni molto semplici sulla sete, intitolandolo “Elogio della sete”. La sete è un tema biblico, elaborato molte volte dalla tradizione cristiana, ed è al tempo stesso una mappa reale, molto concreta, che ci aiuta a tenerci sintonizzati con la vita di tutti i giorni. Mi interessa soprattutto una spiritualità del quotidiano.
(Traduzione di Pier Maria Mazzola)

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«Ecco il tempo favorevole, l'ora della salvezza»
di Claudio Crescimanno (Lanuovabq)
La quaresima è il tempo favorevole che la Chiesa ci offre ogni anno liturgico. E’ anzitutto una preparazione approfondita alle solennità pasquali, perno di tutta la vita liturgica della Chiesa. L’importanza assoluta che il Triduo Pasquale ha per la vita di ciascun battezzato, impone una preparazione adeguata per poter partecipare spiritualmente attrezzati a questi misteri.
Fin dall’epoca più antica della storia ecclesiastica e liturgica, la quaresima è il tempo sufficiente (a cui si lega anche la simbologia semitica del numero “quaranta”), un’occasione che si ripete annualmente per ri-calibrare la vita spirituale dei singoli e delle comunità, sull’esempio di Gesù che ha trascorso quaranta giorni di digiuno nel deserto, accompagnato dal demonio tentatore.
La quaresima è anche tempo di digiuno: secondo le norme attuali, è previsto nei giorni del mercoledì delle ceneri e del venerdì santo. Consiste nel saltare un pasto principale e nella sobrietà di quello restante. Sono obbligati al digiuno i battezzati dai 18 ai 60 anni. L’astinenza delle carni è invece obbligatoria nei venerdì di quaresima e facoltativa nei restanti venerdì dell’anno: è obbligatoria per i battezzati dai 14 ai 60 anni. Sono segni esteriori che indicano la volontà di un cammino di perfezione: essi costituiscono un punto di partenza, un esercizio di mortificazione per mettere alla prova la nostra capacità di governare le nostre passioni, finalizzandole all’amore di Dio e del prossimo.
A ciò si lega anche il precetto dell’elemosina, soprattutto legato a questo tempo liturgico: la carità, infatti, «copre una moltitudine di peccati» (1Pietro 4,8). La penitenza quaresimale è sia personale che comunitaria: i credenti in Cristo offrono le piccole opere di mortificazione e santificazione in unione al sacrificio di Cristo per la redenzione e la santificazione di tutto il mondo.

Un altro tema importante che si intreccia nella fitta trama quaresimale è quello del Battesimo: la Chiesa antica infatti sfruttava questi quaranta giorni per la preparazione immediata dei catecumeni al battesimo che avrebbero ricevuto alla solenne veglia pasquale. I vangeli domenicali possono essere letti anche in chiave battesimale, così come numerosi padri della Chiesa hanno avuto modo di fare. Chi ha già ricevuto il S. Battesimo può comunque sfruttare questa preparazione per la riscoperta di questo grande sacramento, in vista del rinnovo delle promesse battesimali che la Chiesa ci fa ripetere nella veglia pasquale.

Liturgicamente la quaresima si caratterizza per una notevole sobrietà: è tolto il canto dell’Alleluja, è proibito ornare di fiori l’altare e suonare l’organo all’infuori dell’accompagnamento dei canti, il colore dei paramenti è il viola. Il suo inizio è il mercoledì detto “delle ceneri” per la benedizione e l’imposizione sul capo dei fedeli della cenere, quale austero simbolo di penitenza, quasi una sorta di mandato per iniziare il cammino di conversione. Il materiale è abbondante, non resta che affrontare proficuamente questo tempo: «ecco questo il tempo favorevole / è questa l’ora della salvezza» (2Cor 6, 2).

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“Nonostante quello che fai morirai...”

di Elizabeth Scalia/Aleteia
La chiamata a svegliarsi del Mercoledì delle Ceneri è l’inizio di una pulizia di primavera spirituale che mi piace sempre, anche quando l’opera spirituale è pesante e intricata. Mi piacciono le letture della Messa. Mi piace il senso di tribalismo antico che accompagna il fatto di mettere le ceneri sulla fronte – questo segno esteriore di penitenza, di appartenenza, di autorivelazione: appartengo a Cristo, e sono una peccatrice.
Mi piace anche che mi venga ricordato, mentre il sacerdote o il diacono mi mette addosso la cenere, che tranne per la mia anima sono solo polvere, e polvere ritornerò.
C’è un unico problema con il Mercoledì delle Ceneri: l’omelia.
Non so quale sia il problema dei sacerdoti, ma non colgono il punto. La maggior parte di noi ha un lasso di attenzione di appena quattro minuti, e i sacerdoti parlano per 10-12, anche il pomeriggio, quando la gente è stanca e pensa solo alla cena e i bambini diventano irritabili.
Se fossi un sacerdote, è questa l’omelia che pronuncerei prima di distribuire le ceneri ai fedeli:
Ricordate il film “Stregata dalla luna”? È la storia di una famiglia italiana di Brooklyn: la madre Rose, il padre Cosmo e la figlia Loretta, interpretata da Cher.
C’è un passo in cui Rose – che sospetta che il marito la tradisca – dice: “Cosmo, voglio che tu sappia che nonostante quello che fai morirai, come chiunque altro!
E questo vale per tutti. Moriremo. E non importa quanto pensiamo di agire bene.
Rose mette poi in guardia la figlia: “La tua vita sta finendo nella latrina!
Lo stesso vale per noi. Abbiamo solo una vita in cui compiere le scelte giuste e fare la cosa giusta, e non importa quanto pensiamo di prendercene cura – non basta.
In un altro momento, Cher incontra un fornaio iperemotivo – il fratello del suo fidanzato –, e finisce per tradire il suo fidanzato trascorrendo la notte insieme a lui. Il mattino dopo, Cher lamenta il suo comportamento, dichiarando: “Che sfortuna! È tutto quello che avrò mai? Avrei dovuto prendere una pietra e uccidermi anni fa!
Ma il suo senso di desolazione, e quella che definisce “sfortuna”, sono entrambi direttamente collegati alle scelte che ha compiuto nella sua vita, no?
Cher gestisce la cosa un po’ meglio del fornaio emotivo. Almeno si rende conto che sta sbagliando. Il fornaio, invece, è completamente ammaliato dai suoi sentimenti, e da quello a cui crede che gli diano diritto. Vive in una nuvola di sentimenti, e obietta al fatto che Cher esprima rimorso perché lo sta facendo sentire in colpa per il fatto di aver dormito insieme alla promessa sposa di suo fratello.
“Ti amo”, le dice. Come se questo permettesse tutto.
E Cher lo colpisce in faccia – due volte – e gli dice: “Riprenditi!”
E voi? In quali sentimenti siete avvolti al punto da sentirvi in diritto di fare qualcosa? Al punto da non riuscire neanche a vedere cosa passa la gente intorno a voi o di cosa potrebbe aver bisogno da parte vostra? Forse qualcuno è ansioso e ha bisogno di una buona parola da parte vostra, ma voi non ve ne rendete conto.
Forse qualcuno ha paura, o si sente insicuro.
Forse qualcuno ha solo bisogno di sentirvi dire un “grazie”, o una parola di lode, un po’ di tenerezza in un mondo duro e stressante.
Forse ha bisogno di vedere che voi lo vedete. E forse voi avete bisogno di vedere che vi ama.
Forse ha bisogno che preghiate per lui – o meglio ancora, che preghiate con lui.
E allora riprendetevi. I sentimenti sono una cosa positiva, ma se date loro troppa importanza diventano come le sabbie mobili, e finite per affondare in voi stessi. E questa è una cosa molto solitaria, perché significa che avete perso di vista Dio.
Lo sapete; sapete quando non state facendo le cose per bene; ad essere onesti, nessuno di noi lo fa. Forse non lo sapete tutti i giorni, ma lo sapete il Mercoledì delle Ceneri, e venite qui, e prendete le ceneri.
Siamo contenti. Ci piace vedervi qui e vorremmo che veniste più spesso. Ma mentre prendete le ceneri pensateci per qualche minuto, okay? Perché siete venuti qui?
Ceneri sulla fronte. Essere macchiati. È una cosa primitiva, tribale; ci segna come appartenenti alla Tribù di Cristo. Ci riporta ad antiche pratiche penitenziali ed è anche un segno esterno di ciò che diventeremo, indipendentemente dal fatto che siamo re o pazzi: cenere.
In “Stregata dalla luna” c’è un’altra scena in Cher va a confessarsi e dice al sacerdote di aver dormito con il fratello del suo fidanzato. Il sacerdote dice: “È un peccato grande!” Cher sussulta e dice: “Lo so”.
“Rifletti sulla tua vita”, suggerisce il sacerdote.
È un buon consiglio. Pensateci: cosa farete nel periodo che va tra il prendere le ceneri sulla fronte e il momento in cui diventerete voi stessi cenere?
Pensate alla vostra vita. Fate qualcosa per le cose che dovete sistemare. Nutrite la vostra famiglia e nutrite voi stessi – non dimenticate di nutrire il vostro spirito.
Considerate di andare a confessarvi, come Cher; forse non avete grandi peccati da confessare, e se non è così non preoccupatevi troppo, perché noi sacerdoti ne abbiamo sentite di tutti i colori, e amiamo assistere Cristo nel pronunciare le parole di assoluzione quanto voi amate ascoltarle. Forse anche di più.
Siamo battezzati. Apparteniamo a Cristo, nel mondo ma non del mondo – o almeno così dovrebbe essere.
Le ceneri testimoniano questo: dicono che siamo fatti per qualcosa di più del tempo che passa o dell’erba che si secca. Siamo fatti per l’Eternità!
Se stiamo facendo bene questa cosa cristiana, queste ceneri dovrebbero anche dire che siamo morti al mondo ma vivi in Cristo – o che almeno ci stiamo provando sinceramente –, che siamo in esilio, fantasmi che errano in queste lande piene di miraggi fin quando non riposeremo in Cristo, e nella gloria. In un certo senso, siamo dei Dead Men Walking.
Ma questo è un altro film.
Elizabeth Scalia è responsabile dell’edizione inglese di Aleteia. Questo articolo è apparso per la prima volta sul suo blog nel 2011 ed è stato ampliato in questa occasione.
Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti