giovedì 22 febbraio 2018

Santi in mezzo a noi.



Alle ore 9 di domani mattina, nella Cappella Redemptoris Mater, il Predicatore della Casa Pontificia, Rev.do P. Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., terrà la prima Predica di Quaresima.
Tema delle meditazioni quaresimali è il seguente: “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Romani 13,14).
Le successive prediche di Quaresima avranno luogo venerdì 2, 9, 16 e 23 marzo.


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A colloquio con il predicatore della casa pontificia



(Nicola Gori) I santi sono tra noi, vivono nel nostro stesso ambiente quotidiano, spesso sono nascosti agli occhi dei più, ma una cosa li accomuna: non sono superuomini. Sono dei discepoli di Cristo che si sono rivestiti di Lui. E proprio sull’invito paolino: «Rivestitevi del Signore Gesù Cristo» il cappuccino Raniero Cantalamessa terrà le prediche di Quaresima nella cappella Redemptoris mater del Palazzo apostolico vaticano, che iniziano venerdì domani 23 febbraio. Il predicatore della Casa Pontificia ne parla in questa intervista all’Osservatore Romano. 
Può spiegare la scelta del tema?
La Chiesa deve affrontare infinite sfide e rispondere a infiniti compiti, ma la cosa per Dio in assoluto più importante della Chiesa è la santità. Cristo l’ha formata «per essere santa e immacolata al suo cospetto nella carità». Tutto il resto deve servire a questo scopo: sacramenti, ministeri, documenti, iniziative pastorali. Una volta tanto ho sentito il bisogno di dedicare la predicazione quaresimale a ricordare a me stesso e agli altri questa verità del porro unum necessarium, dell’unica cosa necessaria. «C’è una sola disgrazia irreparabile nella vita, diceva Léon Bloy, ed è di non essere santi». C’è anche un altro motivo che mi ha spinto a scegliere questo tema. Insieme con l’universale chiamata alla santità, il concilio Vaticano II ha dato anche precise indicazioni su che cosa si intende per santità nel cristianesimo. «La santità, dice, è la perfetta unione con Cristo» (Lumen gentium, 50). Si tratta di prendere coscienza di questa visione rinnovata della santità e farla passare nella pratica della Chiesa, compresa la pratica di «fare i santi».
Come è possibile «rivestirsi di Gesù»?
«Rivestirsi di Cristo» è un modo metaforico ma efficace usato da san Paolo per esprimere la vera natura della santità cristiana che è essenzialmente cristologica. L’Apostolo esprime la stessa idea quando esorta i Filippesi ad «avere in sé gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù». Non si tratta quindi di perseguire un astratto modello di vita morale, e neppure la cosiddetta «eroicità delle virtù», ma di poter dire con l’Apostolo: «Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me». Qui si vede la distanza che separa la santità cristiana da quella che, dietro Albert Camus, molti propongono come una forma laica e perfino atea di santità.
Alla Chiesa servono i santi?
I santi sono il Vangelo vissuto; sono quelli che rendono credibile la Chiesa; sono davvero «il sale della terra». È difficile immaginare cosa sarebbe la Chiesa di questi duemila anni trascorsi senza la schiera infinita di santi che l’hanno punteggiata. Una delle cose che più riempiono di stupore e spingono a glorificare Dio per i suoi santi è la loro infinita varietà. Dio riesce a fare i santi con tutte le stoffe, a far sbocciare i suoi fiori in tutti i climi, anche i più ostili. Ci sono state epoche più o meno “spirituali” e vivaci nella vita della Chiesa, ma in nessuna sono mancati dei santi.
Esiste una santità del quotidiano?
La santità è essenzialmente del quotidiano. Abbiamo fatto un lungo cammino per liberare l’idea del santo da particolari stati e stili di vita, ai quali per troppo tempo è rimasta legata. Ancora c’è tanto cammino da fare, tuttavia, per dare al popolo cristiano la vera idea della santità e superare il timore che questa parola ancora incute in molti che l’associano a prove e mortificazioni al di sopra della loro portata. Un giorno forse in cielo rimarremmo sbalorditi nello scoprire giganti di santità rimasti del tutto ignoti agli uomini. Ci sono fiori che Dio coltiva solo per sé, santi il cui profumo è stato respirato solo da Dio e magari da qualcuno che è vissuto loro accanto.
Come si riconoscono i santi?
Sarebbe lungo rispondere a questa domanda, perciò nomino solo un segno infallibile di riconoscimento: l’umiltà. La Chiesa cattolica, attraverso i secoli, si è data tutta una serie di criteri oggettivi in vista della “canonizzazione” dei santi. Ha accumulato in ciò una indubbia e saggia esperienza, sempre in via di perfezionamento. Se posso permettermi un auspicio è che i criteri riflettano sempre più l’ideale biblico richiamato dal Concilio, dando nuova linfa alla dottrina scolastica della santità finora dominante, imperniata sulle “virtù”. Proprio per questo ho scelto come tema delle meditazioni quaresimale la sintesi biblica più completa e più compatta di una santità fondata sul kerygma, che è quella tracciata da san Paolo nella parte parenetica della lettera ai Romani (cap. 12-15).

L'Osservatore Romano