martedì 8 maggio 2018

L'evoluzione del Kerygma



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L' annuncio centrale della fede (il kerygma) ha un carattere assertivo e autoritativo, non discorsivo e dialettico, non ha bisogno cioè di giustificarsi con ragionamenti filosofici: lo si accetta o non lo si accetta, ma dall'accettarlo o non accettarlo dipendono grandi cose, in pratica ne va della salvezza. Il Kerygma non è qualcosa di cui si può disporre, perchè è esso che dispone di tutto; non può essere fondato da qualcuno perchè è Dio stesso che lo fonda ed è poi esso che fa da fondamento all'esistenza, giacchè "noi esistiamo in Cristo Gesù, morto e risorto per noi". In altre parole, esso è una cosa diversa dalla sapienza umana (sophia). Paolo sostenne un memorabile scontro con i corinzi per difendere questo carattere del Kerygma.

"Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto 


Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 


E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, 




 noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; 

ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza


di Dio" (1Cor. 1, 21-24). 


Lo scandalo e la stoltezza del kerygma agli occhi dei pagani consisteva nel fatto che costoro volevano che i cristiani presentassero la loro fede in modo dialettico, sottomettendola cioè in tutto e per tutto alla ricerca e alla discussione, di modo da farla rientrare nel quadro generale, accettabile anche filosoficamente, di uno sforzo di autocomprensione dell'uomo e del mondo (Schlier), in modo cioè che essa non esigesse dall'uomo l'obbedienza (cfr. Rm. 1, 5), ma qualcosa di più tollerabile per la ragione umana.

Col passare del tempo, il Kerygma ha conosciuto una doppia evoluzione negativa:

1. la differenza tra Kerygma e sophia (in pratica tra Kerygma e teologia) andò piano piano smussandosi, con la corrispondente tendenza generale ad affermare che anche il cristianesimo nel suo insieme è una sapienza, anzi la "vera" sapienza e la "vera" filosofia;

2. a poco a poco il Kerygma entra a far parte dell'insegnamento (didachè) e della catechesai, cose queste ultime che tendono a "formare" la fede o a preservarne la purezza, mentre il Keryma tende a suscitarla. 

Tutto ciò corrisponde alla situazione generale della Chiesa. Nella misura in cui si va verso un regime di cristianità, in cui tutto intorno è cristiano, o si dice tale, si avverte meno l'importanza della scelta iniziale con cui si "diventa" cristiani: ciò che più si accentua, della fede, non è tanto il momento iniziale, il miracolo del venire alla fede, quanto piuttosto la completezza e l'ortodossia dei contenuti della fede stessa. La "Fide quae", cioè le cose da credere, tende a prendere il sopravvento sulla "Fides qua", cioè sull'atto di fede...
Vito Valente