venerdì 24 maggio 2019

La potenza del Kerygma





José Luis del Palacio: il vescovo che ha messo al primo posto l’Evangelizzazione senza dimenticare l’impegno sociale. «Sono storie piene di vita: ho visto giovani lasciare la droga e imparare a leggere per avere accesso la Parola di Dio. E’ il potere di Gesù Cristo e il potere della Pasqua che fa possibile “rinascere” le persone grazie all’ascolto della Parola e all’Eucaristia»
Ha le idee chiare mons. José Luis del Palacio, arcivescovo di El Callao in Perù: non è l’elemosina a salvare i poveri ma l’annuncio di Gesù Cristo, morto e risorto per noi. Solamente l’annuncio dell’amore di Dio è capace di trasformare la vita delle persone e di ricostruire il tessuto sociale di una società distrutta dal peccato e dalla miseria umana. Ovviamente l’impegno sociale è importante e non c’è bisogno di farlo presente a questo vescovo che governa una diocesi estremamente povera, i cui abitanti fanno i conti ogni giorno con strettezze economiche, mancanza di lavoro, problemi seri come l’analfabetismo e vizi diffusi come corruzione, prostituzione, alcolismo, spaccio e consumo di droga. L’impegno sociale della diocesi è titanico: lavoro di formazione nel carcere, assistenza costante alle famiglie, costruzione di scuole, saloni, ambulatori, corsi di ogni tipo per la formazione dei giovani, in modo particolare sostegno economico e professionale a circa 300 giovani che oggi studiano per diventare maestri, una necessità impellente per far fronte all’emergenza educativa. Ma a muovere tutto questo è lo zelo per annunciare il Vangelo. Perché a nulla serve riempire la pancia dei poveri quando a questi hanno svuotato l’anima e tolto la speranza.
Ed ecco i frutti di un lavoro di sette anni: tante vite trasformate, tante famiglie ricostruite, un aumento vertiginoso delle vocazioni sacerdotali e monastiche… Una pastorale che ha qualcosa da insegnare in un contesto geografico dove la Chiesa soffre ancora le conseguenze di una pastorale fallimentare, quella della Teologia della Liberazione che – sostenuta da vescovi e teologi – ha proposto una interpretazione marxista del Vangelo e messo al primo posto l’assistenza sociale, il riscatto e la giustizia sociale. Un Vangelo “capovolto” che ha provocato numerosi danni nei fedeli e nelle chiese locali declinando la missione della Chiesa in un orizzonte politico, ma che non ha del tutto spento la fede di milioni di fedeli sudamericani che attendono assetati un “ritorno al Vangelo”, l’annuncio della “buona novella” (Lc 7,22). Su questo non si sofferma J. L. del Palacio che racconta invece la sua esperienza di missione al sito spagnolo Religión en Libertad. Qui la mia traduzione del suo intervento.
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Mons José Luis del Palacio (69 anni) – ordinato sacerdote da Giovanni Paolo II e nominato vescovo da Benedetto XVI – ha compiuto sette anni come vescovo del Callao, una diocesi molto povera del Perù abitata da più di 1,3 milioni di persone, dove si trova il porto e l’aeroporto di Lima. Questo vescovo spagnolo, nato a Madrid, è impegnato in una pastorale di nuova evangelizzazione e a partire da essa affronta anche le grandi sfide sociali che sorgono in una zona piena di povertà, problemi di droga e violenza.
I frutti sono visibili e tangibili. Tanto più si evangelizza, più avvengono conversioni e più si riesce ad aiutare persone che avevano la vita completamente distrutta. Tutto è concatenato. Molti giovani trafficanti e molti carcerati, dopo la conversione, hanno imparato a leggere col solo scopo di leggere la Parola di Dio.
Più di 40 anni di missione in Perù

Mons. Del Palacio arrivò in Perù nel 1976 come missionario del Cammino Neocatecumenale, una realtà che in quegli anni iniziava a compiere i primi passi. L’evangelizzazione è sempre stata parte della sua vita visto che prima di arrivare in America Latina ha annunciato il Vangelo in diverse zone della Spagna aprendo questa realtà ecclesiale in diverse diocesi della penisola.
ui sa come predicare ai giovani del Callao che si sentono persi, perché così si sentì anche lui da giovane. Di formazione psicologo, per un periodo lavorò come responsabile di una discoteca, fu appassionato lettore di Sartre e Camus e partecipò alla contestazione del 68 a Parigi. Tutto questo gli costò la perdita della fede y lo traghettò verso una profonda infelicità, fino a quando venne a conoscenza di un ciclo di catechesi per adulti che Kiko Argüello e Carmen Hernández fecero nella parrocchia di La Paloma a Madrid. Quelle catechesi trasformarono la sua vita y lo portarono fino in Perù.
Il Kerigma trasforma la vita

Oggi, come vescovo, mons. José Luis del Palacio assicura che «in questi sette anni di episcopato ho visto che Dio mi sta aiutando a rialzare una città che era morta attraverso l’annuncio di Gesù Cristo, del Kerigma. Il perdono dei peccati fa possibile la rigenerazione dei giovani. Nicodemo domanda a Gesù: “un uomo vecchio può forse tornare a nascere?” Io questo lo sto vedendo accadere, perché il primo ad essere rigenerato sono stato io stesso».
Se la missione e l’evangelizzazione sono le parole d’ordine per questo vescovo, è proprio su questi parametri che ha voluto trasformare la sua diocesi che è, al tempo stesso, evangelizzata ed evangelizzatrice. Più di 80 sacerdoti (su 150) di questa diocesi del Callao si trovano in missione in altre regioni del Perù e di tutto il mondo. «Quest’anno ha inviato in missione a cinque sacerdoti, uno di loro in Giappone, un paese de-cristianizzato in cui il suicidio rappresenta una delle più grandi preoccupazioni per la nazione».
«Vedo che stanno sorgendo nuove vocazioni y ho dovuto costruire un seminario più grande» spiega il vescovo madrileno. In questo momento la diocesi ha 150 seminaristi, tra il seminario diocesano e il seminario Redemptoris Mater del Cammino Neocatecumenale e una facoltà di teologia.
Dalla povertà alla misericordia
Riguardo alla situazione della sua diocesi, mons. Del Palacio spiega che «il 33% dei giovani non studia né lavora». Come può cambiare questa situazione? La ricetta è semplice: educazione ed evangelizzazione. Questo vescovo cerca e trova materiale riciclato (secondo una “economia circolare”) e sta così riuscendo a creare scuole, auditorium e saloni «affinché la gente ascolti, possa sperimentare un cambiamento e passare dalla povertà alla misericordia, che è ciò che testimonia il Vangelo». In questo modo la diocesi gestisce diciannove scuole parrocchiali e, negli ultimi anni, il vescovo ha costruito altre ventidue aule.
Ma, per il vescovo del Callao, dietro a tutto questo c’è un fine prioritario: recuperare la famiglia: «Stiamo progettando un centro di formazione integrale familiare e comunitario dove le famiglie distrutte possano ricostituirsi, ad esempio, ascoltando e celebrando la Parola di Dio». Questo centro sarà eretto nel deserto e sarà rivolto verso il mare, dove si trova anche un monastero di clausura di monache benedettine. Mons. Del Palacio assicura che quando eresse il monastero, pochi anni fa, c’erano sette monache di clausura, oggi sono più di quaranta e pregano per la diocesi.
Delinquenti pentiti imparano a leggere per ricevere il Vangelo
«Sono molto grato a Dio nel vedere che ci sta accompagnando con coloro che sono maltrattati, le vittime e i carcerati» afferma il prelato, che vede il carcere come uno dei principali centri di evangelizzazione. A questa pastorale si dedicano trentaquattro persone, tra coppie, sacerdoti e giovani, impegnati nella formazione umana e spirituale dei carcerati. «Ho visto molti giovani abbandonare la droga, la vendita di armi e tutto questo grazie al potere del Vangelo! Molti stanno imparando a leggere per poter avere accesso alla Parola di Dio, che offre loro la salvezza».
La richiesta del vescovo alla gente di buona volontà
Vale la pena aiutare questa gente? Si chiede il vescovo, che fa un appello a collaborare per poter continuare realizzando l’opera che unisce l’impegno sociale e quello di evangelizzazione. «Vediamo che Dio provvede, che ci precede cambiando e trasformando le persone. Dai nostri peccati, Egli tira fuori la salvezza. E’ il potere di Gesù Cristo e della Pasqua.
José Luis del Palacio, che è anche dottore in Teologia e Diritto Canonico e ha curato diverse pubblicazioni circa l’Iniziazione Cristiana, la Liturgia e la Nuova Evangelizzazione, insiste sul fatto che i primi beneficiari degli aiuti saranno gli stessi benefattori «perché Dio da il cento per uno» e ricorda come grazie a Dio il seminario e il monastero crescono mentre molte famiglie in missione annunciano il vangelo per le case e per le piazze della diocesi.
José Luis del Palacio spiega che le donazioni arrivano al vescovato (Obispado). «Con quei soldi – aggiunge – si aiutano gli agenti pastorali, le famiglie i bambini più poveri e anche i professori. Abbiamo bisogno di maestri ed è per questo che cerchiamo che i giovani abbiano accesso a studi superiori per poter diventare maestri. Ad oggi abbiamo 300 matricole per questo scopo. I soldi si impiegheranno anche nelle borse di studio per i più bisognosi e, certamente, per i carcerati».
(Tradotto dall’originale spagnolo su Religión en Libertad, in basso)


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José Luis del Palacio ha cumplido ya siete años como obispo del Callao, una diócesis muy pobre en Perú con más de 1,3 millones de personas y en el que está el puerto y el aeropuerto de Lima. Este madrileño está volcado en una pastoral de nueva evangelización desde la que también afronta los grandes desafíos sociales de una zona de gran pobreza, droga y violencia.
Los frutos son visibles. Y cuanto más se evangeliza, más vidas cambian y más se ayuda a numerosas personas totalmente destrozadas. Va todo unido. Muchos jóvenes traficantes y presos aprenden a leer tras haberse convertido únicamente para poder recibir la Palabra de Dios.
Más de 40 años como misionero en Perú
Monseñor Del Palacio llegó al Perú en 1976 como misionero del Camino Neocatecumenal, una realidad que daba sus primeros pasos en esos momentos. Y es que la evangelización es una parte esencial de su vida, pues antes de llegar a América estuvo anunciando igualmente el Evangelio por distintos puntos de España abriendo esta realidad eclesial en varias diócesis españolas.


Él sabe cómo predicar a los jóvenes del Callao que andan perdidos porque él mismo lo estuvo de joven. Psicólogo de formación, fue durante un tiempo encargado de discoteca, lector de Sartre y de Camus y revolucionario de mayo del 68 en París. Todo esto le robó la fe y le llevó a una infelicidad profunda, hasta que conoció unas catequesis para adultos que Kiko Argüello y Carmen Hernández dieron en la parroquia de La Paloma de Madrid. Esto transformó su vida y le llevó hasta el Perú. (Puede leer aquí su testimonio completo).
El Kerigma transforma vidas
Ahora como obispo, monseñor José Luis del Palacio asegura que “en estos siete años de episcopado he visto como en una ciudad que estaba muerta Dios me está ayudando a levantarla predicando a Jesucristo, el Kerigma. El perdón de los pecados hace posible regenerar a los jóvenes. ¿Un hombre viejo puede volver a nacer?, pregunta Nicodemo a Jesús. Y yo esto lo estoy viendo, pues el primero que ha sido regenerado he sido yo”.
Si la misión y la evangelización son santo y seña de este obispo, así ha querido convertir a su diócesis. Es a su vez evangelizada y evangelizadora. Más de 80 sacerdotes de esta diócesis del Callao se encuentran en otras partes del Perú y de todo el mundo como misioneros. Este año ha enviado a cinco, uno de ellos a Japón, un país descristianizado y en el que el suicidio es una de las grandes preocupaciones nacionales.


"Veo que están apareciendo nuevas vocaciones y he tenido que hacer un seminario más grande”, explica este obispo madrileño. Y es que en estos momentos la diócesis tiene 150 seminaristas, entre el seminario diocesano y el Redemptoris Mater del Camino Neocatecumenal.
De la pobreza a la misericordia
Con respecto a la situación de su diócesis, monseñor del Palacio explica que “el 33% de los jóvenes ni estudia ni trabaja”. ¿Cómo cambiar esto? La receta es sencilla: educación y evangelización. Este obispo busca y encuentra materiales reciclados y así está consiguiendo crear colegios, auditorios y salones. ¿Para qué?, pregunta: “Para que la gente escuche, pueda experimentar un cambio y pasar de su pobreza a la misericordia, que es lo que testimonia el Evangelio”. Y así la diócesis dirige 19 colegios parroquiales y en los últimos años el obispo ha construido 22 aulas más.
Pero detrás de todo esto hay otro objetivo prioritario para el obispo del Callao: recuperar la familia. “Estamos haciendo -señala- un centro de formación integral familiar y comunitario donde las familias destruidas puedan recuperarse, por ejemplo, escuchando y celebrando la Palabra”.

Este centro está en el desierto y mirando al mar, donde se encuentra también un monasterio de clausura. Monseñor del Palacio asegura que cuando se abrió hace pocos años había siete monjas de clausura y ahora son más de 40 las que rezan por la diócesis.
Delincuentes arrepentidos aprenden a leer para recibir la Palabra
“Estoy contento de ver cómo Dios nos está acompañando con los maltratados, las víctimas de los desastres o los presos”, afirma el prelado, que tiene en la cárcel uno de los principales focos de evangelización. Dedicada a este pastoral hay una pastoral de 34 personas, entre matrimonios, sacerdotes y jóvenes.
“¡Cuántos jóvenes he visto que han abandonado la droga, la venta de armas y todo ello gracias al poder del Evangelio! Están aprendiendo a leer para poder leer la Palabra de Dios, que da salvación”, explica este obispo misionero.

La petición del obispo a la gente de buena voluntad
¿Vale la pena ayudar a esta gente?, pregunta este obispo, que hace un llamamiento a colaborar para poder seguir realizando esta obra que une lo social y lo evangelizador. “Vemos que Dios provee, que va delante de nosotros cambiando y transformando personas. De nuestros pecados, Él saca salvación. Es el poder de Jesucristo y de la Pascua.
José Luis del Palacio, que además es doctor en Teología y en Derecho Canónico, insiste en que los primeros beneficiados de la ayuda serán los propios benefactores “porque Dios da el ciento por uno”. Y recuerda como gracias a Dios crecen el seminario y la vida religiosa en la diócesis mientras numerosas familias misioneras anuncian el Evangelio por las casas y las plazas.
El obispo explica que los donativos (los números de cuenta aparecen al final del reportaje) llegan al obispado. Con ese dinero –añade- “se ayudan a los agentes pastorales, a las familias, a los niños más pobres y también a los profesores. Ahora procuramos que hagan carreras superiores como la de maestro, y tengo matriculados unos 300 jóvenes. El dinero se emplea en becas, en los más necesitados y como no, en la cárcel”.
Cómo ayudar
Para ayudar a la obra de monseñor José Luis del Palacio en el Callao puede hacerlo a través de la Fundación Desarrollo Integral de los Pueblos, que preside el propio obispo.
También puede hacer una transferencia a estas cuentas:
Desde España
Fundación Desarrollo Integral de los Pueblos
ES93 0081 0119 7200 0165 1471
Desde Perú
Obispado del Callao
Receptora 2/192-10061698-1-30



martedì 21 maggio 2019

"Cada humillaciòn recibida por un cristiano es una gracia"




Enrique Bonete

Durante los primeros siglos de la iglesia, en un mundo completamente pagano, cuando alguien quería ser cristiano, y por tanto bautizarse, se le iniciaba a través de un tiempo de catequización que, por ello mismo, se denominaba "catecumenado". En nuestro contexto social de no creencia se ha visto cada vez con mayor claridad, por parte del Magisterio, la urgencia de re-evangelizar a los católicos y proponer la fe a los alejados. En esta circunstancia eclesial el "Camino Neocatecumenal" constituye un instrumento al servicio de los obispos dentro de las parroquias para acercar a la fe cristiana a tantas personas que, por las presiones de la secularización, la han perdido o nunca la han vivido en profundidad.



Cómo nació esta realidad eclesial? Tuvo su primer germen entre los pobres de las chabolas de "Palomeras Altas" de las afueras de Madrid, alrededor del año 64. La experiencia del joven Kiko Argüello ( un laico y pintor español convertido del existencialismo ateo) de que Cristo, "Siervo de Yahvé", estaba vivo y presente entre los más miserables de aquellas chabolas, junto con la experiencia de Carmen Hernández (una misionera licenciada en Química y Teología) de las novedades conciliares y del misterio pascual a través del liturgista P. Farnés en Barcelona, fueron las semillas que, cayendo en el surco de las barracas llenas de miseria (delincuentes, ex presidiarios, prostitutas, gitanos...), hicieron surgir una síntesis teológico-catequética ("Kerigma") que, con los años y en medio de sufrimientos y dificultades, se desarrollaría como un camino de gestación a la fe o Neocatecumenado.



El entonces Arzobispo de Madrid, D. Casimiro Morcillo, al regreso del concilio, pudo conocer de cerca aquella primera comunidad de las chabolas y se percató de que concretaba algunas de las novedades conciliares. Fue él quien, con discernimiento pastoral, impulsó a Kiko y Carmen a llevar esta experiencia de evangelización y de comunidad a las parroquias de Madrid, de otros lugares de España y de Italia. El redescubrimiento de la Vigilia Pascual, con las renovaciones litúrgicas, catequéticas, teológicas, eclesiológicas que había diseñado el Vaticano II, fueron tomando cuerpo en el Camino Neocatecumenal en la misma medida en que se extendía por todos los continentes a través de numerosos "catequistas itinerantes" (presbíteros con seglares que abandonan sus trabajos y hogares para evangelizar en cualquier parte del mundo requeridos por los obispos). Gracias a la fecundidad del Concilio, aquellas semillas plantadas milagrosamente hace ya unos treinta años en los suburbios madrileños, han ido germinando como instrumento de evangelización en las parroquias para abrir un camino de iniciación cristiana tanto a los ya bautizados como a los paganos y alejados de la Iglesia. Esta iniciación cristiana de adultos actualmente está presente en unas cuatro mil parroquias, con muy diferentes contextos socioeconómicos, repartidas en más de setecientas diócesis de casi cien naciones de los cinco continentes.



El convencimiento - acrecentado por los años - de que el Camino Neocatecumenal concreta y potencia aspectos fundamentales del concilio Vaticano II, me ha impulsado a escribir estas páginas para mostrar en qué medida el Trípode (PALABRA-LITURGIA-COMUNIDAD) en que se apoya la pastoral de esta iniciación cristiana de adultos no podría concebirse, ni llevarse a la práctica parroquial, sin el respaldo que los documentos conciliares expresamente le concede. Es justamente desde el espíritu y la letra de estos documentos, desde donde cabe comprender la fecundidad espiritual del Trípode en que se basa este camino. Vamos a comprobar la estrecha armonía que existe entre el Camino Neocatecumenal y el Vaticano II, tanto en lo que se refiere a los modos y contenidos de la predicación e interpretación de la Escritura (PALABRA) , como a las formas renovadas de celebrar los sacramentos (LITURGIA), y a la eclesiología que se vive en la comunión entre los hermanos (COMUNIDAD). Soy consciente de que el tema requeriría un estudio más extenso que el que cabe presentar en esta revista. Sin embargo, a pesar de la brevedad, espero mostrar cuál ha sido, a mi personal entender, la contribución del Camino Neocatecumenal en la puesta en práctica de muchas sugerencias renovadoras del Concilio. Es más, me atrevería a decir que justamente una de las razones principales por la que este proceso de iniciación cristiana se ha revelado tan fecundo en distintas zonas del mundo cabe encontrarla en que ha sabido canalizar, sintetizar y hacer vivir a amplios sectores de la Iglesia - curas, fieles laicos, religiosos - en el seno de miles de parroquias dimensiones fundamentales del Concilio.







Sobre la Palabra

Relevancia de la Escritura.



Es bien sabido que la Palabra de Dios es uno de los pilares fundamentales de este proceso de iniciación a la fe. El contenido esencial de las primeras catequesis para constituir la comunidad se extrae de la Palabra, cuyo centro es Jesucristo, su muerte y su resurrección ("Kerigma"). Todas las semanas hay en las comunidades una Celebración de la Palabra, preparada por un grupo de hermanos que proclama textos del Antiguo y del Nuevo Testamento. Se escucha con suma atención, se medita, y ante ella se responde personalmente. Siendo siempre Jesucristo el centro de la Palabra. Según la fase del camino en que se encuentre cada comunidad se entra en la escritura desde aspectos distintos (conceptos, personajes, temas, etapas, libros ...). A la luz de la Palabra se va modelando la fe y la moral de los que la escuchan.



Se podría afirmar que todo lo que se vive durante años en las comunidades en torno a la Palabra de Dios sólo ha sido posible gracias a la Constitución Dogmática Dei Verbum; la interpretación "cristocéntrica" de la Escritura (DV 17,18), la insistente presentación del ambiente cultural judío (DV 12) de los textos principales que introducen a las distintas etapas del camino, la importancia que se concede al Antiguo Testamento y a la unidad de ambos Testamentos (DV 15-16), la constancia en apoyar las interpretaciones de la Escritura en textos de los Santos Padres, de la Tradición y del Magisterio (DV 10), la difusión de Vocabularios Bíblicos y de la Biblia de Jerusalén en las comunidades por sus rigurosos paralelos y aclaratorias notas exegéticas (DV 25), el tiempo dedicado a escrutar personalmente la Escritura en uno de los pasos de este itinerario de fe, y por último, el presupuesto hermenéutico que subyace a todas las celebraciones de que a través de la proclamación de la Palabra en un contexto orante se establece un diálogo entre Dios y el hombre (DV 25)...



Afirmar, como se ha hecho en algunas ocasiones, que las alegorías con las que Kiko interpreta la Escritura son favorecedoras de su propia trayectoria religiosa y determinan todas las posibles interpretaciones en el Camino, es olvidar que en miles de comunidades repartidas por el mundo se proclaman todas las semanas centenares de textos distintos, y miles de catequistas y presbíteros predican desde su propia experiencia de fe y conocimiento de la Escritura apoyándose en textos bíblicos del momento litúrgico. Evidentemente no todos los hermanos de las comunidades, entre los que hay de muy distinto nivel cultural y social, no todos los catequistas, poseen conocimientos rigurosos de los métodos histórico-críticos de interpretación de la Escritura. Pero este acceso no agota toda la riqueza espiritual y vital de los textos bíblicos. Hay otros niveles de lectura (la hermenéutica alegórica, literaria, existencial, mística, modélica, moral ...), que sin negar las aportaciones científicas de la exégesis contemporánea, acercan de una manera más penetrante y viva la Escritura a los problemas humanos en los que están inmersos quienes se sitúan ante la Palabra. Y ésta es también una de las aportaciones más llamativas del Camino Neocatecumenal : la capacidad de acercar, de manera profunda y sencilla a la vez, el acontecimiento salvífico de Cristo a través de un lenguaje directo y liberador. Lo que para tantos católicos no era más que un voluminoso libro de adorno en sus casas, que no sabían comprender ni relacionar con sus vidas, tras el paso por esta iniciación cristiana se convierte en un libro vivo e iluminador de sus diversas situaciones históricas; siendo así posible, como dice el Concilio, que "llena más y más los corazones de los hombres" (DV 26).







b. Antropología bíblica



Por otra parte, se ha subrayado en alguna ocasión, que la antropología que se transmite a través de la predicación de la Palabra en el Camino Neocatecumenal es "pesimista". A mi modo de ver, el término pesimista y su contrario optimista, no son los más adecuados para expresar lo que es el hombre según la Revelación, según la Tradición de la Iglesia, según el Vaticano II y según el Camino Neocatecumenal. El problema es mucho más serio. Desde el Gn 3 y sus implicaciones en la historia de la salvación, pasando por Rm 7,14 , Hb 2,14-15, etc..., se constata una antropología según la cual el hombre vive, como dice la misma Gaudium et Spes, en una lucha y sometido a esclavitud. Y ésta es la que hay que hacer patente a los hombres para que pueda ser acogido el Evangelio, la resurrección de Cristo, como una buena noticia, como una "liberación de las ataduras del pecado y del miedo a la muerte. Los párrafos del 10 al 18 de este gran documento exponen sin duda la base antropológica que subraya la predicación del Kerigma en el Camino Neocatecumenal, ya desde las primeras catequesis de los años sesenta. Aquellos textos conciliares ilustran magistralmente cuál es la situación existencial de todo hombre. Y por otro lado, el n. 22 nos expresa el hombre nuevo, los frutos liberadores de la resurrección de Cristo. Sería deseable que los lectores meditasen el n. 13, que refleja la situación del hombre al que hay que predicar el Evangelio.



Igualmente, afirmar, que la concepción de la sociedad que se posee en las comunidades es también pesimista, por cuanto aquella combate a Dios, supone olvidar que la misma Gaudium et Spes recalca, junto a los aspectos positivos de las sociedades avanzadas - que nadie sensato podría negar -, los males que en ellas se desarrollan, derivados del corazón humano: " Es cosa cierta que las perturbaciones, tan frecuentes en el orden social, provienen, al menos parcialmente, de la misma tensión de las estructuras económicas, políticas y sociales. Pero más radicalmente proceden de la soberbia y egoísmo del hombre, que pervierten también el ambiente social. Pues cuando la realidad social es afectada por las consecuencias del pecado, el hombre, que nace ya inclinado al mal, encuentra continuamente nuevos alicientes para el pecado, que ya no puede superar si no es con grandes esfuerzos y con la ayuda de la gracia. (GS 25). Y este enfoque del Vaticano II sobre el hombre y la sociedad al igual que el del Camino Neocatecumenal, procura ser fiel a datos esenciales de la Revelación. Está presente en una parte sustancial de esta Constitución dogmática (36, 37, 38, 39, ...), y se inspira en el texto de Rm 12,2 ("No os acomodéis al tiempo presente"), recogido en el n. 37, justamente el que analiza la actividad humana en la sociedad viciada por el pecado.







Sobre la liturgia

Hablando de la espiritualidad del Camino Neocatecumenal se ha llegado a afirmar que es más propia del monacato que del laicado, porque los miembros de las comunidades, a partir de una de las etapas del itinerario de fe, rezan individualmente - y unidos los matrimonios - todos los días Laudes, y con la comunidad en Adviento y Cuaresma. Y también porque viven la liturgia - y especialmente la Eucaristía - con la solemnidad y el ritualismo propios de los monjes y monjas de clausura, consumiendo energías y tiempo en "interminables" liturgias.



Cuando se oyen - o se leen - estos comentarios, uno tiene la impresión de que no se conoce la trascendencia que concede el Vaticano II en la Constitución Sacrosanctum Concilium tanto a la Eucaristía como al Oficio Divino y a los Tiempos Litúrgicos. Sin este texto conciliar, tan reformador y fomentador de la Liturgia, no se comprendería la solemnidad y la riqueza participativa de las celebraciones eucarísticas en las comunidades. Además, no es casualidad que el Trípode del Neocatecumenado sea "Palabra-Liturgia-Comunidad", pues emana directamente de los propios textos conciliares, y en concreto de SC (6, 7, 9, 10).



Y si son tan fecundos los frutos cristianos que el Vaticano II atribuye a la Liturgia en los textos indicados más arriba, y en concreto a la Eucaristía, qué hay de malo en celebrarla solemnemente, con toda la riqueza de signos, con la máxima participación de los fieles ( como se recomienda también en SC 30, 35, 48), si constituye la fuente, la fuerza y la cumbre de la vida cristiana? Teniendo presente este documento conciliar, cabe pensar que los laicos no estamos llamados a disfrutar de los dones que el Espíritu Santo derrama en las celebraciones eucarísticas? No parece que el Concilio restrinja la riqueza de la Eucaristía para los monjes y las monjas. Ni tampoco se puede afirmar desde este mismo documento que rezar Laudes o Vísperas, en definitiva, que el Oficio Divino, sea específico del monacato o vida consagrada. En el n. 100 podemos leer una recomendación conciliar que desde hace muchos años es vivida con agradecimiento en todas las comunidades tras una intensa iniciación a la oración: "Se recomienda asimismo que los laicos recen el Oficio Divino, o con los sacerdotes o reunidos entre sí, e incluso en particular".



Sin duda alguien puede pensar que hay muchas tareas sociales más urgentes que celebrar solemnes Eucaristías, o salmodiar comunitariamente Laudes por la mañana antes de ir a trabajar, y que las energías de los laicos habría que gastarlas dedicándose al mundo de la marginación, comprometiéndose con la sociedad, trabajando con organizaciones no gubernamentales... Me consta que no son escasos los que trabajan en Cáritas y otras organizaciones sociales católicas, al mismo tiempo que recorren los pasos de este camino de fe. Además, sé por propia experiencia, que son cuantiosas las sumas de dinero y de bienes que con cierta regularidad - y siempre discretamente - las comunidades reparten entre los más pobres de sus parroquias o entregan al obispo para las necesidades diocesanas.



De todas formas, teniendo en cuenta lo que recomienda el Concilio, igualmente cabría sugerir a los grupos cristianos entregados a tareas sociales de todo tipo, sin duda valiosísimas y necesarias, que quizá están devaluando la predicación de la Palabra de Dios, la Liturgia y la vida comunitaria. En el fondo, nos encontramos con enfoques pastorales sensibles a diversas percepciones de la función de la Iglesia en el mundo actual. Sin embargo, lo que no tiene ningún sentido es negar la inspiración conciliar de la espiritualidad y de la reforma litúrgica que se vive en este camino de iniciación cristiana de adultos. Hubiera sido difícil su difusión internacional y su acogida por parte de los laicos de diferentes clases sociales y niveles culturales, si no fuera porque concretan de manera viva aspectos fundamentales de la renovación litúrgica impulsada por la Sacrosanctum Concilium.







Sobre la Comunidad

Las numerosas Comunidades Neocatecumenales están compuestas, como es bien conocido, de todo tipo de personas: cultos, ignorantes, ricos, pobres jóvenes, ancianos, matrimonios, solteras, viudas, sacerdotes, monjas, funcionarios, parados, obreros, médicos, maestros... Y además de todas estas diferencias de edad, sexo, rango y situación profesional, las personas poseen distintos caracteres: los hay afectuosos y fríos, flexibles y dogmáticos, pacientes y exigentes, obedientes y rebeldes, críticos y sumisos, orgullosos y humildes, inquietos y pasivos, seguros y dubitativos, crédulos e incrédulos, astutos y sencillos., lobos y corderos... Hay de todo ! Una fauna humana completa. Por ello mismo, uno de los aspectos más llamativos en estas comunidades es justamente que tan agudas diferencias y barreras son poco a poco limadas por la fuerza del Espíritu Santo, suscitándose una comunión y fraternidad tan duradera en años que sólo es explicable gracias a la acción de la Palabra de Dios y de los Sacramentos vividos comunitariamente. Los defectos y pecados de las personas que están recorriendo este camino de maduración en la fe, como de cualquier católico, pueden ser más o menos patentes. Pero también sus virtudes y carismas que florecen gracias a la riqueza espiritual que, generalmente, se vive en las comunidades.



La insistencia del Neocatecumenado en que la fe ha de vivirse en pequeñas comunidades en nuestro contexto secularizado proviene claramente de la eclesiología derivada de la Lumen Gentium. El concilio Vaticano II habla de la Iglesia en distintos lugares como comunidad, y refleja también en muchos de sus textos, como hemos ya comprobado, la estrecha unión del Trípode "Palabra - Liturgia - Comunidad". Según el Concilio, en las comunidades locales, por pequeñas, débiles y pobres que sean, está presente la iglesia de Cristo. Se recalca el Trípode en este documento cuando afirma que en las comunidades locales se congregan los fieles por la predicación del Evangelio de Cristo y se celebra el misterio de la Cena del Señor a fin de que por el cuerpo y la sangre del Señor quede unida toda la fraternidad (LG 26).



Por otra parte, la misión tan destacada de los laicos (unidos siempre a un presbítero que representa a la persona de Cristo y al obispo, según LG 28) en todo el proceso evangelizador del Camino Neocatecumenal es sólo pensable desde los números 30-38 de la Lumen Gentium. Este documento constituye un gran respaldo a la inmensa tarea evangelizadora de centenares de catequistas itinerantes laicos que han salido de las comunidades, que abandonan sus puestos de trabajo y su lugar de residencia para ir a cualquier parte del mundo, acompañados de presbíteros, a predicar el Evangelio, sin ningún tipo de seguridad, a donde les llamen y les envíen los obispos. Asimismo, de las comunidades se están ofreciendo numerosos matrimonios con sus hijos pequeños - son ya más de trescientas familias - que tras abandonar sus casas, sueldos, parientes y países, se distribuyen por grupos, junto con presbíteros, en zonas alejadas de la Iglesia, especialmente conflictivas y pobres, para predicar a Cristo Resucitado donde lo soliciten y los envíen los obispos, colaborando así en la nueva evangelización. En realidad, están siguiendo una práctica que ya existía con san Pablo (Rm 16,3 ss., Flp 4,3) y que sugiere también en el n. 33 de la Lumen Gentium.



La fe en comunidad, además de éstos, va suscitando y perfilando otros muchos carismas: diáconos, catequistas locales ( de adultos, de jóvenes, de niños), acólitos, lectores, cantores, ostiarios, vírgenes, viudas, casados... También surgen cada año de las comunidades numerosas chicas jóvenes que han ido sintiendo poco a poco, a través de las Celebraciones de la Palabra y de las Liturgias, la llamada de Dios a consagrarse definitivamente a la vida monástica (actualmente son casi quinientas chicas las que están entrando en monasterios de las más diversas órdenes religiosas). Y asimismo, la reincidente predicación del Kerigma por parte de los catequistas, la vida sacramental (Eucaristías y Celebraciones Penitenciales) y la fraternidad comunitaria, está siendo un continuo semillero de vocaciones al presbiterado (han salido ya de las comunidades más de dos mil jóvenes para prepararse al sacerdocio, ya sea en alguno de los 28 seminarios Redemptoris Mater repartidos por todo el mundo, o en los Seminarios de las diócesis en que se ubican sus respectivas comunidades). Todas estas vocaciones y carismas para el servicio de la Iglesia Universal que florecen en las comunidades son fruto de la continua escucha de la Palabra, de la fuerza de la Eucaristía y de la vida comunitaria.



Por último no quisiera concluir este artículo sin referirme a la experiencia evangelizadora de los Seminarios "Redemptoris Mater", sobre los que existe más de un prejuicio infundado: se piensa, por ejemplo, que los futuros presbíteros están al servicio de Kiko, que no son diocesanos, que reciben una formación teológica a su aire... En primer lugar, hay que tener presente el hecho de que los seminaristas reciben la formación teológica en las Facultades más cercanas al seminario. En segundo lugar, en los seminarios que no cuentan con tales Facultades están colaborando numerosos e importantes profesores de distintos centros teológicos y bíblicos. Impresiona la disponibilidad y la fructífera colaboración que profesores de varios países ( la mayoría no mantienen ninguna relación con el Camino Neocatecumenal) están ofreciendo en los seminarios dispersos por todo el mundo que, por diversas circunstancias, no cuentan con centros teológicos cercanos. Creo que se está iniciando con estos profesores itinerantes una nueva forma de enseñar teología, siempre vinculada a la Liturgia y a la Palabra. Y en tercer lugar, los futuros presbíteros no están al servicio de Kiko, sino que dependen del obispo de la diócesis en la que se ha erigido el Seminario Internacional, como señala el n. 10 del Decreto Conciliar "Prebyterorum Ordinis" (7 de diciembre de 1965) y el documento de la Sagrada Congregación para el Clero "Postquam Apostoli" (25 de marzo de 1980).



Una de las novedades de estos seminarios es la de conjugar la iniciación cristiana en comunidad con la formación teológica y litúrgica específica de los presbíteros. En muy poco tiempo varios obispos han abierto estos seminarios en sus diócesis. En la actualidad son ya más de veinticinco (Roma, Madrid, Varsovia, Medellín, Takamatsu (Japón), Bangalore (India), Lima, Berlín, Santo Domingo, Brasilia, Estrasburgo...). Estos seminarios, además de su espíritu misionero e internacional, son diocesanos, es decir, dependen plenamente del obispo, como indican sus estatutos y reglas de vida, y como demuestra la experiencia de estos años en las diócesis donde han sido ordenados ya un total de 200 presbíteros. La mayoría de ellos están insertados en la pastoral de las parroquias de la propia diócesis, y una parte ya ha sido enviada en misión por el propio obispo.



Por todo lo dicho en este breve trabajo, creo que queda suficientemente claro que el Trípode que sostiene toda la pastoral neocatecumenal coincide con dimensiones fundamentales del concilio Vaticano II. De hecho , através del Neocatecumenado, las cuatro grandes Constituciones Conciliares: "Dei Verbum (PALABRA), "Sacrosanctum Concilium" (LITURGIA), "Lumen Gentium" (COMUNIDAD), y "Gaudium et Spes" (MISIÓN DE LA IGLESIA EN EL MUNDO ACTUAL), se han ido convirtiendo desde finales de los años sesenta en fuerza evangelizadora para que sea anunciada la buena noticia de la muerte y resurrección de Jesucristo (EL KERIGMA) - oportuna e inoportunamente - tanto a los católicos que necesitan ser fortalecidos en la fe, como a los alejados de la Iglesia que anhelan ser iniciados en el Cristianismos.







Salamanca, junio de 1996



Enrique Bonete Perales es Profesor Titular de Ética (Universidad de Salamanca).

venerdì 17 maggio 2019

Kiko Arguello: "La Iglesia es comunidad!"

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Los Hermanos en la Comunidad son un legado que el Señor os a dado, por eso si os habéis alejado ¡volved a caminar! El Señor te recibe con sus brazos extendidos. 

La Comunidad es una síntesis de alegrías y sufrimientos, pienso que muchas veces no sabemos cómo continuar, no sabemos, cuando los hermanos nos resultan incómodos, cuando no pasamos al responsable, cuando no tenemos caridad, cuando no estamos en paz, ¡qué difícil!
Sabed que Carmen nunca me aduló, gracias a Dios; y parece que cuando no pasa nada, cuando nadie se mete conmigo y los hermanos nos adulan entonces todo está muy bien; más cuando nos hacen ver nuestra realidad, cuando nos marcan nuestros errores, caemos hechos polvo, cansadísimos de la comunidad y nuestra boca se abre al juicio. Más recordad que el que te adula es tu enemigo, el que te corrige es tu hermano, tu padre.

Por eso la Comunidad es una gracia que muchas veces es difícil de ver, la Comunidad nos hace descender las gradas de la humildad, y al cristiano le hace grande el ser humilde. Es la comunidad quien me hace el inmenso bien de asemejarme a Cristo. Dios mío, llevabas sobre Ti los pecados de tus enemigos. ¿Y yo? Todo me hiere, soy un siervo inútil. ¡Ayúdame Tú!

Seguro que ni podéis apreciar el don de tener treinta majos que nos ayuden a ver quienes somos en verdad, que en ellos podamos descubrir nuestra incapacidad de amar. Por eso San Pablo formaba comunidades, es así que la Virgen nos inspiró hacer Comunidades, no grupitos o parejas, comunidades que con paciencia puedan llegar a ser uno, como Cristo es uno con su Padre.
Recuerda que la única felicidad en este mundo, es amar a Dios, amar a Cristo. Y la Virgen nos ha dicho "El otro es Cristo", en la Comunidad el otro es tu hermano, tu hermano no es el infierno, tu hermano es Cristo. 

Kiko Arguello

mercoledì 15 maggio 2019

Huye amado mío – Cantar de los Cantares 8,10-14


¡Tú, que vives en los jardines, donde tus compañeros te están escuchando: hazme oír tu voz, hazme oír tu voz! Tú que habitas en los jardines, donde tus compañeros te escuchan, déjame oír tu voz. El Señor dice: ¡Oh Asamblea de Israel, tú que estás entre las naciones como un pequeño jardín, hazme oír la voz de tus cantos, la alabanza de tus labios. Levanta tu voz y que la oigan todos los que te rodean. Los compañeros, los amigos fieles, que han seguido el itinerario de la esposa hasta el final, escuchan su voz, eco de la voz del Señor, que dice: “Escuchad al amado” (Mt 17,5). La esposa repite: “Haced lo que él os diga” (Jn 2,5). Se parece a un rey que se irritó con algunos de sus vasallos y los encerró en el calabozo. ¿Qué hizo el rey? Tomó a todos sus oficiales y fue a escuchar qué himno cantaban. Entonces oyó que entonaban: “Nuestro señor, el rey, es nuestra alabanza, él es nuestra vida”. Entonces el rey exclamó: Hijos míos, alzad vuestras voces para que todos lo escuchen. Así mismo, aunque los israelitas tengan que dedicarse durante seis días a sus ocupaciones y pasen tribulaciones, el sábado madrugan y van a la sinagoga y recitan el Shemá, danzan ante el armario que guarda los rollos y leen la Torá. Entonces el Santo les dice: Hijos míos, alzad vuestras voces para que todos lo escuchen. "¡HUYE, AMADO MÍO, COMO UNA GACELA, COMO UN CERVATILLO, HASTA EL MONTE DE LAS BALSAMERAS!" ¡Huye, Amado mío, sé como una gacela o como un joven cervatillo, hasta el monte de las balsameras! Entonces dirán los ancianos de la Asamblea de Israel: ¡Huye, Amado mío, de esta tierra contaminada y haz habitar tu Shekinah en los cielos excelsos! Y en el tiempo de la angustia, cuando oremos a ti, sé como la gacela que, cuando duerme, tiene un ojo cerrado y otro abierto, o como un cervatillo que, cuando huye, mira hacia atrás. De la misma manera, cuida tú de nosotros y, desde los cielos excelsos, mira nuestra angustia y nuestra aflicción (Sal 11,4) hasta que te dignes redimirnos y nos hagas subir al monte de Jerusalén: allí te ofreceremos el incienso de aromas (Sal 51,20s). Simón el justo, uno de las últimos miembros de la Gran Asamblea de Israel, solía decir: “El mundo se sostiene sobre un trípode: la Torá, el Culto y la Misericordia”. La amada escucha la palabra del amado; el amado se complace en oír la voz de la amada en el canto de la asamblea; y de la palabra oída y cantada brota la misericordia que salva al mundo. Yo soy para mi amado como aquella que encontró la paz. Mi viña está aquí, está ante mí, mi viña está aquí, está ante mí. Mi viña, la mía, está ante mí. ¡Qué largo camino ha recorrido la amada! Ella que empezó confesado “mi propia viña no la he guardado” (1,6), ocupada en las viñas ajenas, ahora está bien atenta a su propia viña (Lc 16,12). Al final puede decir: “He competido en el noble combate, he llegado a la meta, he conservado la fe” (2Tim 4,7). El Cantar no termina instalando a los esposos; la esposa guarda en su memoria la imagen del esposo como gacela o cervatillo saltando por los montes. Siendo así es como ella se ha enamorado de él y eso quiere que siga siendo: ¡Sé como gacela o el joven cervatillo por los montes de las balsameras! Día a día le seguirá esperando, anhelando que él llegue y la sorprenda. El amor no es rutina, siempre es nuevo, esperado, deseado, recreado. Así seguirá su peregrinación por este mundo hasta que, al final, una muchedumbre inmensa, con el fragor de grandes aguas y fuertes truenos, cantará: “¡Aleluya! Alegrémonos, regocijémonos y démosle gloria porque han llegado las bodas del Cordero y su Esposa se ha engalanado con vestidos de lino deslumbran­te de blancura” (Ap 19,7).

venerdì 10 maggio 2019

INCONTRO CON KIKO ARGUELLO A KIEV, UCRAINA, 11 MAGGIO 2019




Un anno dopo l’incontro del Cammino Neocatecumenale con Papa Francesco, in occasione del 50° anniversario dell’inizio del Cammino a Roma, la capitale dell’Ucraina, Kiev, ospita oggi 11 maggio un nuovo incontro a cui parteciperanno i Paesi dell’ex Unione Sovietica e la Polonia.
Si tratta di un incontro vocazionale che si svolge nel “Palaz Ucraina” condotto dal team responsabile a livello internazionale del Cammino, Kiko Argüello, María Ascensión Romero e padre Mario Pezzi.
Nell’incontro, dopo la presentazione dell’assemblea, Argüello annuncerà il kerygma, la Buona Notizia della morte e risurrezione di Cristo. Successivamente chiederà vocazioni al sacerdozio e alla vita contemplativa e inviterà le famiglie, che sentono la chiamata di Dio ad andare in missione in qualsiasi parte del mondo, a mostrare la loro disponibilità.
Di fronte agli orrori del comunismo ai tempi dell’Unione Sovietica - si legge in una nota del Cammino Neocatecumenale - questo incontro sarà un motivo per rendere grazie a Dio in questa città “culla della cultura cristiana di tutto l’Oriente europeo”, come disse Giovanni Paolo II nel 2001, per il sangue che hanno versato tanti martiri offrendo la propria vita per gli uomini e il Vangelo.
L’appuntamento sarà presieduto da monsignor Vitaliy Kryvytskyi, vescovo di Kiev-Zhytomyr, accompagnato da altri sette vescovi ucraini. Di questi, due appartengono alle Chiese greco-cattoliche. Parteciperanno anche il primo segretario della Nunziatura apostolica del Paese, oltre a 130 sacerdoti, tra cui alcuni della Chiesa greco-cattolica. Saranno presenti anche rappresentanti di altre chiese ortodossi e protestanti.
Prevista anche la partecipazione di alcune autorità civili come ministri ucraini e l’ambasciatrice di Spagna. Saranno presenti anche i seminari Redemptoris Mater di Kiev, Vinnytsia, Uzhgorod, Varsavia, Talin e Riga, così come due seminari diocesani ucraini. In totale si attendono oltre 4.200 persone provenienti da Moldavia, Georgia, Kazakistan, Estonia, Russia, Lettonia, Bielorussia, Lituania, Polonia e, ovviamente, Ucraina.
Il Cammino Neocatecumenale in Ucraina è iniziato proprio per mano di padre Mario Pezzi che, nel 1984, fu il primo missionario a portare nel Paese questo itinerario di iniziazione cristiana insieme a padre Janez Bokavsek. Grazie a questo annuncio evangelico durante il comunismo, il Cammino è ora una realtà che conta circa 3mila fratelli riuniti in 80 comunità presenti in ciascuna delle diocesi cattoliche e in alcune greco-cattoliche dell'Ucraina.
Nel Paese ci sono otto missio ad gentes, oltre a diverse famiglie in missione, itineranti e tre seminari missionari internazionali Redemptoris Mater, dai quali sono già stati ordinati 12 sacerdoti.
La Stampa dell' 11 maggio 2019





venerdì 3 maggio 2019

Ancora nelle piazze del mondo

La missione del Cammino neocatecumenale in una piazza di Roma

Circa 10.000 piazze di 135 Paesi del mondo saranno di nuovo teatro della "Grande Missione" che il Cammino Neocatecumenale realizzerà per il settimo anno consecutivo a partire da domenica 5 maggio. E’ una risposta all'invito di Papa Francesco per una "Chiesa in uscita" che vada "alle periferie", chiave di tutto il suo pontificato

www.vaticannews.va

Qualche giorno fa, dopo la Domenica di Pasqua, Papa Francesco ha ricordato che come cristiani siamo chiamati ad incontrarci con Gesù Cristo risorto "e a convertirci in suoi annunciatori e testimoni". Per questo, accogliendo ancora una volta le parole del Santo Padre, le comunità neocatecumenali offriranno alcune catechesi per aiutare le persone ad avere un incontro con Gesù Cristo attraverso l'ascolto della Buona Notizia: il Kerigma. La "Grande Missione" consiste in 5 incontri in cui si darà la risposta a domande come "Chi è Dio per te?", "Hai sperimentato nella tua vita che Dio esiste?", "Perchè vivi?", " Che cos'è la Chiesa? ", " Vuoi essere aiutato e vivere in una comunità cristiana? ".

Un ciclo di 5 domeniche per riscoprire la fede

Oltre alla catechesi, come sempre, verranno cantati i salmi della liturgia del giorno e si farà la tipica danza che caratterizza le comunità del Cammino. Il primo giorno, attraverso la testimonianza di qualcuno, si risponderà a "Chi è Dio?", "Perché credi in Dio?", o “In che modo hai sperimentato nella tua vita che Dio esiste? ". La seconda domenica, l'incontro ruoterà intorno alla domanda "Chi sei tu e per che cosa vivi?". Durante il terzo incontro sarà annunciato il Kerigma, la risposta di Dio alla situazione esistenziale del peccato e della morte, e centro dell'evangelizzazione e di questa "Grande Missione" nelle piazze. Nella penultima domenica sarà protagonista la chiamata alla conversione con la possibilità del Sacramento della Riconciliazione, con le confessioni individuali. Il quinto incontro riguarderà più concretamente la Chiesa e la comunità cristiana.


La risposta di una “Chiesa in uscita” che va alle periferie

La "Grande Missione" nelle piazze è nata in risposta all'invito di Papa Francesco per una
"Chiesa in uscita" che vada "alle periferie", chiave di tutto il suo pontificato. Frutto di questa evangelizzazione nelle strade sono state le molte conversioni e cambiamenti di vita che si sono visti nelle persone. Nella sua recente Esortazione Apostolica post-sinodale sui giovani "Cristo vive", il Pontefice confessa che "Non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio. Tutta la formazione cristiana è prima di tutto l’approfondimento del kerygma che va facendosi carne sempre più e sempre meglio ". D'altra parte, il Papa scrive che il Signore "ci invita ad andare senza paura con l’annuncio missionario, dovunque ci troviamo e con chiunque siamo, nel quartiere, nello studio, nello sport, quando usciamo con gli amici, facendo volontariato o al lavoro, è sempre bene e opportuno condividere la gioia del Vangelo".