Numerose critiche possono essere mosse al mondo radicale, ma non certo quella di scarsa abilità strategica: quel che vogliono ottenere lo sanno bene anche se non sempre, per comprensibili motivi, lo ammettono. Cosa che invece ha fatto Marco Cappato, fra i promotori della campagna “Eutanasia Legale”, il quale - commentando l’approvazione che la Francia, in prima lettura, ha dato alla nuova normativa sull’eutanasia -, non ha saputo, forse tradendosi, trattenere insoddisfazione. «La formula della ‘sedazione profonda e continua’ approvata dall’Assemblea nazionale francese – ha infatti dichiarato - è una soluzione parziale perché obbliga a passare attraverso una procedura di sedazione in alcuni casi immotivatamente lunga, obbligando il paziente e i suoi cari ad una attesa ingiustificata pur di non consentire la somministrazione di una sostanza letale ad effetto immediato. Tale scelta non corrisponde a una logica medica, ma soltanto alla volontà di evitare uno scontro politico diretto sull’eutanasia» (Radicali.it, 17.03.2015).
Della «somministrazione di una sostanza letale ad effetto immediato» non si era però mai parlato: non così, non in termini tanto espliciti, perlomeno. Come mai? Perché uno deve andarsi a spulciare i singoli comunicati stampa per scoprire quale sia il vero fine, l’approdo definitivo di quello che viene invece venduto – sulla base di un’assai estensiva e comunque opinabile interpretazione dell’articolo 32 della Costituzione – come sacrosanto rifiuto delle terapie? Tattica? «Volontà di evitare uno scontro politico», come in Francia? Dal punto di vista bioetico sappiamo come fra l’eutanasia omissiva e quella attiva non sussista alcuna differenza – lo stesso prof. Umberto Veronesi, non certo tacciabile di oltranzismo cattolico, l’ha scritto: «La sostanza ed il significato morale non cambia» (Corriere della Sera, 26.1.2007, p.46) -, tuttavia la percezione dell’uomo medio sulla questione può cambiare parecchio a seconda del fatto che, giocando con le parole, gli si dica di battersi affinché i malati sofferenti non siano “costretti a vivere”, rispetto a che si auspichi che sia loro iniettata una «sostanza letale ad effetto immediato».
Eppure non solo, come si è detto, dal punto di vista morale non c’è alcuna differenza, ma sono gli stessi promotori della “dolce morte” a lasciarsi scappare dove, sotto sotto, sono diretti: all’iniezione che procura la morte, alla somministrazione che uccide, «letale» con «effetto immediato». Perché ogni altra via – a partire dall’eutanasia omissiva, astutamente presentata come modo per “lasciar morire” e non “obbligare a vivere” – «sarebbe una soluzione parziale». Teniamolo dunque ben presente, la prossima volta che ci racconteranno che il loro scopo è quello di sottrarre i malati terminali alla schiavitù tecnologica, liberandoli da un accanimento terapeutico non solo contrario alla Costituzione (artt. 2,13,32) e al Codice di Deontologia Medica (art.16), ma pure condannato - senza mezzi termini - dallo stesso Catechismo della Chiesa cattolica (CCC, 2278). Ricordiamoci della «somministrazione di una sostanza letale ad effetto immediato», quando ci spiegheranno che intendono filantropicamente liberarci dall’incubo di macchine e respiratori coatti: perché è a quello, in realtà, che vogliono portarci. Parole loro.
21/03/2015 La Croce quotidiano