mercoledì 1 aprile 2015

Don Bosco, il santo che portò allegria nelle periferie



di Antonio Gaspari

La personalità e il carisma del fondatore dei salesiani raccontati da don Roberto Spataro, docente della Università Pontificia Salesiana

Si celebra quest’anno il duecentesimo anniversario di Giovanni Melchiorre Bosco, più noto come don Bosco, fondatore delle congregazioni dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice, canonizzato da papa Pio XI nel 1934. Fu un uomo passionale e determinato, un innovatore rivoluzionario, ma non sempre fu compreso. La vita di don Bosco non fu infatti facile. Il suo carisma ed il suo lavoro incontrarono difficoltà, sia nel campo civile che in quello ecclesiale. Un santo oggi amato tanto dai giovani e anche da Papa Francesco, perché aveva anticipato di molto il lavoro sulle periferie geografiche e spirituali. Per cercare di capire la storia e l’attualità di questo gigante della fede e della carità, ZENIT ha rivolto alcune domande a don Roberto Spataro, segretario della Pontificia Accademia Latinitatis e docente all'Università Pontificia Salesiana.
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Chi era don Giovanni Bosco?
Un santo! E, come tale, un messaggio vivo, sempre attuale per la Chiesa e per la società. Sì, la santità di don Bosco riassume i vari tratti della sua personalità. Lo aveva notato con acume san Giovanni Paolo II, il quale, nella lettera Iuvenum Patris (1988), mise in evidenza la reciprocità tra la genialità educativa di don Bosco e la sua santità: “Egli realizza la sua personale santità mediante l’impegno educativo vissuto con zelo e cuore apostolico. Sa proporre, al tempo stesso, la santità quale meta concreta della sua pedagogia. Proprio un tale interscambio tra «educazione» e «santità» è l’aspetto caratteristico della sua figura: egli è un «educatore santo», si ispira a un «modello santo» - Francesco di Sales -, è un discepolo di un «maestro spirituale santo» - Giuseppe Cafasso -, e sa formare tra i suoi giovani un «educando santo»: Domenico Savio.”
D’altra parte, non è facile riassumere in una sola definizione la ricchezza pluriforme della personalità di don Bosco. Un suo attento studioso, Pietro Brocardo, scrive: “Di don Bosco si poteva dire infatti che era insieme: gioioso e austero, schietto e rispettoso, esatto e libero di spirito, umile e magnanimo, tenace e duttile, tradizionale e moderno, ottimista e previdente, diplomatico e sincero, povero e fa la carità, coltiva l’amicizia ma non fa preferenze, rapido nelle concezioni prudente nell’esecuzione, ama le cose fatte bene ma non è un perfezionista, vede in grande ma ha il genio del concreto, audace fino alla temerità avanza con circospezione, sa farsi amico l’avversario ma non abdica ai suoi principi, dinamico non estroverso, coraggioso non temerario, volge tutto ai suoi fini ma non manipola le persone, educa prevenendo e previene educando, fugge col mondo – vuole essere all’avanguardia del progresso – ma non è del mondo”. Non sorprenda questa serie di coppie di qualità apparentemente in opposizione. Un eccellente maestro di spirito, il Padre Marie-Eugène de l’Enfant-Jésus, dichiara che questa tensione, risolta sempre dall’azione di sintesi operata dallo Spirito Santo, è tipica delle anime che sono lavorate dalla Grazia divina.
Per finire, nel rispondere alla domanda che Lei mi rivolge, “chi è don Bosco”, Le propongo ciò che don Bosco stesso avrebbe detto. Sono sue parole testuali. Ci aiutano a collocare questo grandissimo personaggio nel contesto in cui visse. Ecco le sue parole. “Eccellenza! Sappia che don Bosco è prete all’altare, prete in confessionale, prete in mezzo ai suoi giovani, e come è prete in Torino, così è prete a Firenze, prete nella casa del povero, prete nel palazzo del Re e dei ministri!”. Con queste parole schiette e coraggiose, don Bosco intraprese la sua conversazione con Bettino Ricasoli, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia, nel Dicembre 1866, quando fu ufficiosamente incaricato di appoggiare la missione diplomatica affidata al Commendatore Michelangelo Tonello per giungere ad un accordo tra lo Stato italiano e la Santa Sede, a proposito delle numerose sedi episcopali vacanti, in pieno processo risorgimentale. In queste parole si riassume l’attitudine assunta da don Bosco, cittadino piemontese fedele alla monarchia sabauda, prete cattolico fedelissimo al Papa, durante lo svolgimento del Risorgimento italiano che coincise, in buona parte, con la parabola della sua luminosa esistenza. Don Bosco, infatti, nacque nel 1815, l’anno della conclusione del Congresso di Vienna e del principio della restaurazione delle monarchie prenapoleoniche, e morì nel 1888, quando il Regno di Sardegna, in cui era nato, non esisteva più e al suo posto c’era il Regno d’Italia, con Roma capitale, violentemente sottratta al Pontefice nel 1870. Insomma, don Bosco è un santo, un pedagogista, un prete.
In che modo si è manifestato il carisma di don Bosco?
Il carisma di don Bosco si è manifestato gradualmente. Gli inizi sono stati umili: alla periferia di Torino, in una tettoia trasformata in ambienti per l’oratorio. Soprattutto, mi pare rilevante il fatto che il carisma educativo di don Bosco si sia espresso sotto l’urgenza delle necessità concrete che egli incontrava: ai giovanissimi lavoratori che popolavano la Torino degli anni ‘40 e ‘50 del secolo XIX, ha offerto ciò di cui avevano bisogno, l’amicizia di un adulto, l’educazione religiosa, un sano uso del tempo libero, ed ecco che nasce l’Oratorio festivo; a mano a mano, si accorge che hanno bisogno di istruzione, ed ecco le scuole serali. Se si leggono i giornali dell’epoca, ci si accorge che i “grandi” cominciavano ad accorgersi di questo “carisma” e le valutazioni sono tutte piene di entusiasmo e di ammirazione per questo prete che va incontro alle sfide educative di quel contesto. Successivamente, arrivano i primi ragazzi bisognosi di ospitalità e dà loro un tetto ed una famiglia, attorno a Mamma Margherita, la sua mamma che speriamo di vedere presto elevata agli onori degli Altari.
Poi sorge il bisogno di un’educazione al lavoro: nasce l’epopea della formazione professionale salesiana con i primi laboratori di Valdocco. Ci sono poi ragazzi con doti intellettuali più sviluppate e don Bosco fonda anche le scuole di indirizzo umanistico. Si presenta l’emergenza dei giovani emigrati in America Latina e don Bosco manda i missionari. I primi vanno in Argentina, a Buenos Aires. Molti anni dopo, questa storia si intreccia con quella della famiglia Bergoglio: i disegni di Dio! Insomma, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, don Bosco avvia sempre nuove iniziative educative e pastorali, affinando anche il suo approccio pedagogico, fino a teorizzare il Sistema Preventivo, un gioiello di inestimabile valore per la Chiesa e per la società.
Perché questo umile Santo ha riscosso un così grande successo?
Le ragioni del successo sono certamente legate alle circostanze storiche: don Bosco, come altri santi “sociali” - anche se l’espressione, le confesso, non mi piace molto, perché la trovo riduttiva e perché tutti i santi sono “sociali” - offre risposte pratiche alle povertà create dalla rivoluzione industriale e dallo stato liberale. Tuttavia il successo del “fenomeno salesiano”, come disse una volta il Beato Papa Paolo VI, è legato ad un fatto che trascende i tempi e i luoghi: i giovani hanno sempre bisogno di essere amati per crescere armoniosamente e don Bosco corrisponde a questa urgenza con il suo Sistema Preventivo, un approccio educativo completo, che mira alla formazione della persona nella sua integralità, ragione e fede, natura e grazia, educazione ed evangelizzazione.