giovedì 16 aprile 2015

Paura eh?



Francesco lo chiede, noi non diserteremo

di Costanza Miriano
Deve essere qualcosa di davvero importante, in parte misterioso e inaccessibile, in parte evidentemente prodigioso, questo essere maschio e femmina, se ci fa tanto battere il cuore, arrabbiare, disperare, innamorare, se da qui e solo da qui nasce la vita, se ci chiede di capire l’incomprensibile (tipo il dramma del fuori gioco), se ci sfida a essere migliori, se ne abbiamo così tanto bisogno, ma soprattutto se qui è nascosto il mistero di Dio.
Già, qui è nascosto il nostro essere a immagine e somiglianza di Dio. La Genesi non dice che noi siamo a immagine e somiglianza dell’Onnipotente perché intelligenti, o, che ne so, dotati di coscienza, di volontà, o ancora di anima. No, dice che siamo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina. Lo afferma più volte, e io, che pure su questo tema rifletto e scrivo da un po’, non ho ancora mica capito molto di questo mistero. So solo che è centrale. L’ho sperimentato nella mia carne e lo vedo intorno a me.

Questa differenza è una ricchezza enorme, e riconoscerla è riconoscere di essere creature, bisognose, non totalmente autonome, non del tutto autodeterminate. Io ho dei limiti e dei talenti per il fatto di essere femmina, e non sono felice se non in una relazione. Per ogni uomo e donna, consacrati compresi, è così (solo che loro quando litigano con lo sposo hanno sempre torto). Addirittura, ha detto il Papa, se non mi misuro in una relazione vera e intima e profonda con l’altro non saprò neanche cosa vuol dire essere veramente uomo, veramente donna. “Mi domando ad esempio – ha continuato Francesco – se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”. Sono parole pesantissime, mai sentite, parole che squalificano irrimediabilmente tutto un sistema culturale, le gender theories appunto, definendole non solo opinabili ma “frutto di una frustrazione” e di una incapacità. La ricetta del Papa per uscire da questa frustrazione di non sapersi rapportare alla differenza, è come al solito semplice e difficilissima allo stesso tempo: parlarsi di più, conoscersi, e con la grazia di Dio, progettare una unione per tutta la vita. Progettare, dice il papa, e non è detta che ci si riesca. Perché è difficile, è un lavoro, è una scommessa. Quasi impossibile senza un aiuto soprannaturale.
Credo che l’essere maschio e femmina, complementari, mendicanti di qualcosa che manca, la donna segnata da una cavità bisognosa di essere riempita e insieme capace di fare spazio, l’uomo desideroso di andare fuori e bisognoso di essere accolto, metta in moto una dinamica per cui si è sempre in relazione. Dio, che è uno e trino, è relazione (come ha detto per esempio il Papa anche nella famigerata intervista a Scalfari: relazione, non relativo, ma lasciamo stare). Non per niente Francesco ha addirittura affermato di credere che il fatto che si sia stia perdendo la capacità di rapportarsi alla differenza tra maschile e femminile sia “alla base della perdita della fiducia in Dio”. Niente di meno. Una crisi di fede, una crisi di civiltà, radicata nella crisi del rapporto fra i sessi. Quella che noi credenti stiamo combattendo è dunque la battaglia decisiva della nostra cultura. Lo so, tanti non amano la parola battaglia, il termine combattimento, ma è innegabile che quella che stanno giocando sopra le nostre teste non è un’amichevole. È in gioco il destino di una civiltà, lo ha detto anche “il Papa che piace troppo”, l’uomo dell’anno, l’uomo che gode di maggior fiducia in tutto il pianeta. Lo ha detto un uomo che non ama le contrapposizioni, che vuole unire, che vuole parlare la lingua del mondo per farsi capire da quanti più può.
È una battaglia, è una guerra, e non si deve aver paura di dirlo, a patto di ricordare sempre che non è una battaglia contro nessuna persona, ma a difesa dei più deboli, e contro le pratiche e le leggi che vogliono mettere il desiderio dei grandi prima dei diritti dei piccoli. D’altra parte cos’è la legge se non questo, la limitazione di un potere, la tutela di una debolezza?
Non è una cosa che si risolve nelle mura della propria casa, della propria privatissima camera da letto, nella propria sacrosanta libertà. “Dio ha affidato la terra all’alleanza dell’uomo e della donna: il suo fallimento inaridisce il mondo degli affetti e oscura il cielo della speranza. I segnali sono già preoccupanti, e li vediamo”. È vero, ognuno si autodetermina nella propria affettività, ma il Papa non può non ricordare che la terra stessa è stata affidata da Dio a questa alleanza. La posta in gioco è altissima, perciò Francesco “esorta gli intellettuali a non disertare questo tema come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”.
Eccoci, noi della Croce di certo non disertiamo. Di questo non possiamo essere accusati. Anzi, siamo andati così tanto in giro a parlare di questi argomenti, ne abbiamo scritto e detto e discusso così tanto che a volte ci è pure venuto il dubbio di essere fissati. E ce lo hanno anche detto. Perché sempre a parlare del gender e mai dei poveri? – ci hanno detto. Be’, ora è il Papa a dirlo. Questo non è un impegno secondario per una società più libera e più giusta. Sono momenti decisivi, e noi non disertiamo. Invita tutti ad agire. Invita gli intellettuali a fare qualcosa. Che altro deve fare perché ci si muova, suonare la carica con la tromba?
16/04/2015 La Croce quotidiano

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Ddl Cirinnà, ora serve una mobilitazione della Chiesa italiana

di Mario Adinolfi
Il Papa proseguendo il 15 aprile nella consueta catechesi sulla famiglia dell’udienza generale del mercoledì ha compiuto un passo decisivo nella riflessione della Chiesa sul tema del gender, spiegando con semplicità tre cose e connettendole, per la prima volta:
1. L’ideologia gender, cioè la teoria secondo cui maschile e femminile sono condizioni intercambiabili, è definita “un passo indietro”. E “espressione di una frustrazione”. C’è chi la considera un mito di progresso, ma è un falso mito di progresso, è regressione e frustrazione.

2. Le conseguenze dell’ideologia gender minano la famiglia: “La rimozione della differenza è il problema, non la soluzione. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita”. Dunque, non esiste unione matrimoniale e familiare senza la presenza di un uomo e una donna. E la rimozione della differenza tra uomo e donna, base dell’ideologia gender, è il problema scambiato per soluzione. Il falso spacciato per vero.
3. “Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta”. L’esortazione è agli intellettuali, non ai cristiani. Ed è una esortazione per una società più libera e più giusta. Diventa un dovere per tutti. E chi non si impegna diserta.
Ecco, noi qui a La Croce facciamo questo da mesi. Non abbiamo disertato. Abbiamo provato a spiegare che l’impegno sul gender è giustissimo, ma che incombe soprattutto un pericolo che è oltre il gender, perché ne è il coronamento, è il motivo stesso per cui l’ideologia gender viene propagandata: annullare la diversità uomo-donna per legittimare matrimonio omosessuale e omogenitorialità, spacciando per irrilevante persino la distinzione tra figura materna e paterna. In Italia questo progetto si chiama ddl Cirinnà, dissolve la famiglia perché non la fonda sull’unione tra un uomo e una donna, travolge l’istituto matrimoniale, crea una società meno libera e meno giusta in cui è tollerato persino il ricorso all’utero in affitto, che umilia le donne e rende i bambini oggetti di compravendita.
Entro il 7 maggio si possono presentare emendamenti al ddl Cirinnà, possibilmente migliaia di emendamenti, per affondarlo perché è esattamente quello che Francesco paventa: un falso mito di progresso, un inganno, il falso spacciato per vero. Dopo il 7 maggio si comincia a votare e in poche settimane quel ddl che istituisce il matrimonio gay di fatto può diventare legge. Se l’Italia resiste, può partire un contrattacco in Europa.
Gli intellettuali mobilitino la loro voce, un popolo si alzi in piedi, ce lo chiede il Papa e più di tutto la nostra coscienza. Ma bisogna farlo ora, perché la questione si materializza adesso e gridare dopo che la ferita mortale alla famiglia sarà inferta sarà semplicemente inutile.
Su questo giornale ripetiamo da mesi che qualore le leggi dovessero essere approvate, le leggi faranno costume e sarà impossibile tornare indietro. La lezione di Francia, Spagna, Austria, Gran Bretagna, Germania è chiara davanti ai nostri occhi. A fine aprile si aprirà anche la sessione della Corte suprema americana che con ogni probabilità entro giugno porterà al via libera al matrimonio omosessuale in tutti gli stati degli Stati Uniti. C’è una sola concreta possibilità di resistenza per gli intellettuali che ritengono decisivo resistere: l’Italia. In Italia la resistenza è non solo possibile, ma auspicabile e secondo tutti i sondaggi sorretta dal volere del popolo. Dunque diventa doveroso far sentire la nostra voce, dimenticare timidezze e aria polverosa, adottare un linguaggio coraggioso ed esplicito, che affronti a viso aperto la temperie di queste settimane.
Non sarà un percorso lunghissimo, ne comprenderemo l’esito entro l’estate. Per una manciata di mesi converrà dunque avere un’attitudine conseguente alle parole odierne del Papa: non dobbiamo avere l’atteggiamento dei disertori, dobbiamo essere reali combattenti non camuffati e non accomodanti. La tentazione del compromesso è dietro l’angolo, secondo alcuni potrebbe prevalere la logica del baratto, secondo i più foschi quella dei trenta denari.
Ecco, non si può credere a un cedimento, non oggi dopo parole tanto chiare del Santo Padre. Sul gender, sul ddl Cirinnà che mina la famiglia, sull’utero in affitto conseguenza diretta dei matrimoni omosessuali ad ogni latitudine, occorre avviare una battaglia che non sarà priva di una dimensione conflittuale. Certo, i disertori evitano il conflitto, ma non sono per questo dei buoni o dei valorosi. Non battersi contro il male, non battersi a difesa e sostegno dei soggetti più deboli a partire dai bambini, è ignavia. Noi non abbiamo simpatia per gli ignavi e da qualche parte c’è scritto che Dio vomiterà i tiepidi. Questo mi pare un tempo al calor bianco a conviene adeguarsi alla temperatura, resisteremo se sentiremo il cuore battere. Sarà un ritmo che ci insegnerà anche ad aver paura, paura di perdere tutto, perché leggi sbagliate conducono allo smarrimento della società tutta intera. Già è successo, dobbiamo far sì che non si ripeta.
Il Papa interroga a questo punto con le sue parole anche la Chiesa italiana tutta intera, che comprenderà certamente l’affacciarsi di un’urgenza a cui occorre dare una risposta netta senza ambiguità. Va bene tuonare sul gender, ma poi bisogna accorgersi che c’è una legge in discussione al Senato che ne corona l’ideologia, la porta a pratico compimento. Fuori dai denti: a quando una concreta mobilitazione dei cattolici italiani, della Chiesa italiana tutta intera, contro l’osceno ddl Cirinnà e contro l’introduzione sostanziale del matrimonio omosessuale in Italia? A quando una fisica mobilitazione a difesa della dignità della persona umana, delle donne e dei bambini che non possono essere oggetti di compravendita, contro la pratica barbara dell’utero in affitto che il ddl Cirinnà legittimerebbe? Il 7 maggio è la data ultima per la presentazione degli emendamenti, non sarebbe una buona idea avviare una guerriglia anche nella sede propria, che è quella parlamentare? O stiamo solo attendendo che la legge venga materialmente approvata (basterà l’approvazione al Senato, i numeri alla Camera sono molto più agevoli) per poi lamentarcene a cose fatte, piangendo sul latte versato?
Il Papa interroga con le sue parole i comportamenti di ciascuno di noi. Noi rispondiamo alla sua chiamata. Noi non siamo disertori.
16/04/2015 La Croce quotidiano