giovedì 14 maggio 2015

Il diritto di dirsi cristiano. Forti nella volontà




Nuovo tweet del Papa: "Cari genitori, bisogna avere molta pazienza, e perdonare dal profondo del cuore." (14 maggio 2015)

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Scritti giovanili. Pubblichiamo uno stralcio dal volume Chi ha diritto di dirsi cristiano? Scritti giovanili (Bologna, Edizioni Dehoniane, 2015, pagine 208, euro 16,50) a cura di Silvia Pettiti.
(Arturo Paoli) La carità è un vertice, non uno stato superficiale del cuore che ci lascia incerti se oggetto di studio di uno psichiatra o di un sociologo; è una virtù faticosa perché presuppone il giuoco equilibrato di tutte le migliori forze individuali, l’aver trovato l’umanità. 
Non sono amatori del popolo quelli che hanno speciali qualità sentimentali che confinano con la patologia, che si commuovono alle miserie, come al latrato di un cane, che non possono vedere e sentire senza venir meno; ma quelli che sono forti nella volontà. Certo sono pochi quelli che impostano la loro vita intorno al comandamento dell’amore, quelli che hanno compreso il comandamento nuovo. Voi osserverete che questa è l’epoca dell’egoismo; eppure guardate che l’avere riportato tutti i grandi problemi sociali al solo problema economico, è già un passo in avanti; e in questo senso il mondo si è evoluto, non solo sotto l’aspetto meccanico. Noi stiamo per afferrare il senso della vita nostra e della vita sociale e c’è chi l’ha già afferrato in pieno e costui deve ringraziare tutti, anche i nemici, se ve ne sono, perché l’hanno aiutato a trovare la formula. E questi, proprio per cotesta gratitudine, non può più abbandonare il mondo, lo deve aiutare nella difficile gestazione. Che importa se ci rimette la vita o in un modo violento o lentamente consumato dalle fatiche di questa assistenza alla grande inferma, la vita sociale?
Ogni uomo che muore, appunto perché uomo e non una carogna, lascia sulla terra non solo azoto e carbonio e altri elementi fecondanti; ma lascia la sua idea come l’ha elaborata e vissuta nel travaglio della sua vita, integra, inattaccabile da tutte le forze appunto perché spirituale. Veramente questa esigenza economica è il contatto con l’uomo; toccando quella, noi tocchiamo il velario che ricopre l’uomo: al di là di quella noi troviamo l’uomo concreto che si libera col pane e con l’elevazione dello spirito. Questi due termini, antitetici solo in apparenza, formano il vero volto della carità.
Ecco la grande rivoluzione che oggi i giovani devono compiere: è una faticosa rivoluzione perché parte dalla educazione interiore, che è la più difficile e la più dolorosa, dalla formazione dello spirito che è la violenza suprema e la più costosa: è sustanziata di rinunzie, di adattamenti, di svalutazioni e di rivalutazioni; è retta dalla volontà propria e non da volontà estranee. Comprenderanno i giovani questo? 
Alcuni l’hanno compreso, essi formano i nuclei silenziosi, oscuri che Huizinga enumera fra le forze ricostruttive della civiltà. Sono i cavalieri della carità. Gli altri, quelli che fanno del rinnovamento del mondo un problema economico ma esteriormente economico, di un’economia selvaggia, senz’anima, il Moloch astratto e spaventoso che aspetta ancora molte vittime, quelli sono destinati alla sconfitta: vittime dell’eterna vittoria dello spirito. Essi disinteressati solo perché esclusi, puri solo per essere più crudeli e più freddi, eroi solo a danno della vita altrui, si troveranno fatalmente oppressi dagli astrattismi che hanno costruito. La sfinge uccideva tutti gli uomini che approdavano a lei: la sfinge era nemica degli uomini appunto perché era l’irrealtà, l’astrattismo, il vuoto. A quale partito appartengono i giovani della prima categoria e a quale quelli della seconda?
Devo dire, per la verità, che ho trovato talvolta dei giovani superficiali e materialisti nei partiti e nelle correnti per sé spiritualistiche e dei giovani profondi e spiritualisti nelle correnti ufficialmente materialistiche. Ma io mi auguro che questo ideale di un amore che si è corretto di tutte le ingenuità del filantropismo illuministico per diventare concreto, difesa audace e coraggiosa dei diritti di chi soffre, che è aristocratico nel senso che ha l’urgenza di elevare tutto quello che tocca, di purificare tutto quello che avvicina, di sollevare, insieme col corpo, lo spirito, sia, al disopra di tutti i partiti e i programmi, l’ideale di tutti i giovani. Ecco la nostra grande e vera rivoluzione.
È l’ora veramente di dividerci dal mondo e di prendere la nostra strada decisamente. Lasciamo che i vecchi si balocchino con le loro idee fossili. Da un vecchio non si chiede altro che viva guardando le vecchie fotografie e le collezioni del passato. Noi siamo forse alla più felice sintesi della civiltà: lo spirito che è stato distillato dalla violenza dialettica dell’idealismo, si incontra con la materia che la violenza economica ha fatto despota del mondo: quello che la violenza ha separato l’amore riunisce. Pascal, arrivato a Dio, sente il bisogno di gerarchizzare il mondo, da scienziato qual è, e scrive la sublime pagina des trois grandeurs: la grandezza della carne, quella della sapienza e la grandezza dello spirito. Poveri ricchi, poveri sovrani, strateghi orgogliosi, il filosofo li definisce gens de chair!. 
«Vedete tutti i corpi, le stelle, la terra e i suoi regni — egli dice — non valgono la più piccola delle intelligenze. Ma tutti i corpi e tutte le intelligenze e i loro prodotti non valgono il minimo movimento di carità. Quando uno è arrivato al terzo balzo, quello della carità, senza armi senza polemiche senza agitazioni esteriori, egli ha distrutto una aristocrazia di carta e fondato una aristocrazia d’oro».
L'Osservatore Romano