venerdì 8 maggio 2015

La Bibbia dei semplici



Il cardinale Stella a Pompei per la supplica mariana. 

«La conversione e la conoscenza di Cristo»: sono i due «temi di speciale utilità per la vita cristiana» che il cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione per il clero, ha suggerito «pensando a Maria e respirando le suggestioni di questo santuario», durante la messa e la recita della supplica alla Vergine del Rosario presiedute nella basilica di Pompei.
Venerdì 8 maggio, invitato dall’arcivescovo prelato Tommaso Caputo, il porporato si è recato nella cittadella mariana per concelebrare con i vescovi della regione Campania. Commentando la scena descritta nella prima lettura: «Tutti erano assidui e concordi nella preghiera, con Maria, la Madre di Gesù», il cardinale ha sottolineato che «oggi come allora, Maria è in mezzo al popolo di Dio, come madre e modello per tutti i credenti, a lei affidati da Cristo, suo Figlio. E, come ogni buona madre, cura e protegge coloro che a lei si rivolgono, raccogliendoci sotto il suo manto e accompagnandoci nel cammino terreno di discepoli del Signore».
All’omelia il prefetto della Congregazione per il clero ha quindi parlato di conversione e della necessità di conoscere Gesù. Riguardo al primo tema, ha evidenziato che «in questa terra di Maria, tutto ci invita a ritornare a Cristo, in ogni momento della vita, anche attraverso momenti di sofferto ripensamento. Infatti, dall’ateismo e dallo spiritismo si è convertito il beato Bartolo Longo — il “fondatore” di Pompei — a partire dall’incontro con l’amore misericordioso di Dio, donatogli in confessione da uno di quei padri domenicani, da lui in precedenza tanto avversati». 
Di conseguenza, per il cardinale Stella, «convertirsi è un lasciarsi alle spalle le macerie che ogni tanto accumuliamo nel corso della vita e che restano lì, a ricordarci la nostra storia e il nostro cammino, fatto di scelte indovinate ma anche di cadute, per rivolgere finalmente e definitivamente lo sguardo a Cristo, quale punto di riferimento e di sicuro orientamento». O meglio, «convertirsi è il cogliere nella vita quotidiana la certezza che c’è una parola fra tutte che vale la pena di ascoltare, anche a prezzo di qualche sacrificio, quella di Gesù, che ci fa entrare nella sua “famiglia”, secondo quanto abbiamo udito nel Vangelo, dandoci Maria come madre e gli altri discepoli come fratelli». Anche perché, ha evidenziato, «la conversione a Cristo apre alla vita una mèta verso la quale camminare, convogliando verso questa i nostri “talenti” e le energie sino ad allora disperse nei rivoli di tanti sentieri, che spesso deludono le aspettative e causano sofferenza, come è accaduto al beato Bartolo Longo. Così ci accorgiamo di non essere soli, ma di poter percorrere la nuova via dietro all’unico buon Pastore, insieme ai tanti fratelli ricevuti in dono». Da qui la prima raccomandazione. «Non dimentichiamolo mai: Gesù attende sempre una risposta d’amore da ciascuno di noi, anche quando ci sentiamo indegni, miseri e peccatori, e pensiamo di non valere nulla, perché la società ci fa sentire scartati; egli ci farà ricordare che ognuno di noi vale il prezzo del sangue versato sulla Croce ed è, per questo, prezioso ai suoi occhi».
Quanto al secondo tema, il cardinale celebrante ha ricordato che «per poter amare e seguire Gesù, è necessario che impariamo a conoscerlo sempre meglio, chiedendo a sua Madre, nella preghiera, che ci parli di lui, che ci avvicini a lui e ci accompagni lungo il nostro cammino come suoi discepoli. Nulla emoziona e coinvolge una madre tanto quanto il parlare del proprio figlio; quindi la grazia che vogliamo ogni giorno chiedere a Maria di prestarci i suoi occhi e il suo cuore per aiutarci a conoscere sempre più e meglio Gesù, ogni volta che preghiamo il santo rosario». Questo, del resto «è la “bibbia dei semplici”, quello “studio” della Sacra scrittura che non è praticato solo dagli addetti ai lavori e che non si porta avanti nelle aule universitarie». Al contrario la preghiera del rosario è «un dolce colloquio con Maria, incentrato sulla persona di Gesù, sulla sua vita, sul suo ministero terreno e sulla sua “sorte” eterna, della quale ci ha fatti partecipi. È un dialogo d’amore tra la Madre di Dio e colui che prega il rosario, nel quale ogni Avemaria porta con sé il desiderio di conoscere meglio Cristo e contiene una richiesta a Maria, perché lo esaudisca».
Pregare il rosario significa allora «studiare i misteri della vita di Gesù con l’intelligenza della fede, con quella umile sensibilità cristiana che appartiene al popolo di Dio». In questo senso, ha proseguito il cardinale Stella, «la preghiera del rosario è la chiave per raggiungere e portare alla luce quel tesoro di fede, che riposa nel cuore del nostro popolo e che ne costituisce la ricchezza più grande». Non si tratta «di un cammino spirituale in tono minore, per coloro che non possono servirsi di mezzi di preghiera più “alti” o “sofisticati”»; al contrario, il rosario è «una via maestra accessibile a tutti, sulla quale seguire il nostro fratello Gesù, condotti per mano da Maria, nostra madre. Il Gesù che impariamo a conoscere e amare alla scuola di Maria, attraverso la preghiera quotidiana del rosario, è il dono più prezioso che abbiamo da portare al mondo, soprattutto alle nostre famiglie, nelle quali ognuno di noi è chiamato a seminare il Vangelo. Infatti, la spiritualità popolare, che tanto bene è sintetizzata nella preghiera del rosario», è «un modo legittimo di vivere la fede e di sentirsi parte della Chiesa», portando con sé — come affermato da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium — «la grazia della missionarietà, dell’uscire da sé stessi e dell’essere pellegrini». Con il rosario quindi, ha concluso il prefetto della Congregazione per il clero, «anche chi resta a casa propria, può partecipare alla missione evangelizzatrice della Chiesa, essere missionario e visitare nella preghiera ogni angolo del mondo, farsi prossimo con essa alle sofferenze di ogni uomo, perché ogni ferita sia fasciata dall’amore misericordioso di Dio».
L'Osservatore Romano