mercoledì 20 maggio 2015

La forza dell'esempio dei martiri

Ritratti dei monaci martiri di Tibhirine

Incontro con Padre Thomas Georgeon, sostenitore della causa di beatificazione dei martiri dell'Algeria

FRANÇOIS VAYNE
                                      
A proposito della drammatica attualità nel Medio Oriente, qual è il messaggio dei 19 martiri d'Algeria dei quali lei sostiene la causa di beatificazione? 
«È difficile fare un confronto tra la situazione nella quale si verificò l'assassinio dei 19 Servi di Dio in Algeria tra il 1994 e il 1996 e la drammatica attualità del Medio Oriente. Il contesto politico-religioso non è lo stesso e bisogna evitare facili conclusioni. La presenza dei cristiani in Siria, in Iraq, in Egitto risale, ininterrotta, al tempo della nascita del Cristianesimo. Il messaggio dei 19 religiosi e religiose, membri di una Chiesa "ospite", è chiaro: bisogna approfondire il senso della presenza della Chiesa, vale a dire dimostrare che è possibile una coesistenza fraterna e rispettosa tra le diverse religioni. È il Vangelo della Pace che viene annunciato e manifestato nel mondo musulmano, ma non abbiamo nessuna certezza di quanto può essere recepito, in quanto "l'altro" può restare sordo e cieco di fronte a questa testimonianza, come accade dove le comunità cristiane del Medio Oriente sono attualmente martirizzate. In Algeria non è stato così, qui molti musulmani hanno una sorta di venerazione per i 19 martiri». 
  
Parlando in modo più specifico dei sette monaci di Tibhirine, in cosa il loro esempio può aiutarci a resistere alla tentazione di maturare una fobia nei confronti dell'Islam e alla sua conseguente strumentalizzazione mondiale? 
«È una domanda "scivolosa"… perché la violenza, l'ignoranza, il qualunquismo sono tali da portare a credere che la salvezza arrivi dalla fobia nei confronti dell'Islam. D'altro canto, non si deve cadere in un ingenuo evangelismo. I fratelli di Tibhirine hanno fatto precise scelte nel loro avanzamento personale e comunitario: la scelta di vivere la vita monastica in un mondo musulmano (dopo l'indipendenza dell'Algeria e la partenza dei cristiani) la scelta di non lasciarsi strumentalizzare dalle opposte fazioni durante la guerra degli anni 1990, la scelta di restare fedeli al Cristo, alla sua chiamata, di restare fedeli al loro radicamento, ai loro vicini che non avevano avuto la possibilità di scegliere se restare o partire. La scelta infine di vivere l'inter-cultura e l'inter-religiosità concretamente. Si tratta dell'esempio di uomini che non hanno mai pensato di ripiegarsi su loro stessi. Quando si conosce l'attuale peso del ripiegamento che incombe in Occidente come in Oriente, si percepisce meglio la forza del loro esempio». 
  
Il dialogo interreligioso e la cultura dell'incontro formano la sola via che la Chiesa cattolica propone in risposta al fanatismo e alla violenza, a prezzo del martirio. Perché e con quale diritto possiamo affermare che la morte dei testimoni della fede costituisce il seme di questa civiltà dell'amore annunciata dalla voce degli ultimi papi? 
«Nella Chiesa è stato sostenuto un notevole sforzo per promuovere il dialogo islamico-cristiano, e questo fin dal Concilio Vaticano II. La difficoltà mi sembra stia nel fatto che non si può parlare di un Islam ma di parecchi Islam ed è per questo che è molto difficile trarre un bilancio di questo dialogo. Assistiamo, impotenti, a un aumento del fanatismo e della violenza anti-cristiana. La Chiesa non è in una logica "espansionista" e "bellicosa", predica il Vangelo. I testimoni della fede che pagano con la vita la fedeltà al Cristo sono "lucidi" seminatori, sanno di non avere ancora le parole giuste per il dialogo e sviluppano, allora, una spiritualità del "vivere insieme" creando degli spazi d'incontro, affrontando delle sfide comuni, come diceva Monsignor Claverie. Questo "vivere insieme" è, a mio avviso, una traduzione moderna del verbo "rimanere" che si trova frequentemente nel Vangelo di San Giovanni. "Vivere insieme" racchiude un senso fisico e un senso spirituale che rappresentano il seme della civiltà dell'amore, una presenza, una manifestazione del Cristo, una comunione».