Bagnasco duro su gender e ddl Cirinnà
di Mario Adinolfi
Il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nella sua prolusione all’assemblea generale dei vescovi italiani ha parlato con chiarezza di scuola, di famiglia, di gender anche in riferimento ai testi normativi in via di discussione in Parlamento. I toni adottati sull’emendamento che vuole introdurre a scuola “l’educazione alla parità di genere” e anche sul complesso del ddl Cirinnà sulle unioni gay sono stati piuttosto duri. E’ mancata una lettura attenta dell’articolo 5 del provvedimento che, questo giornale l’ha spiegato con insistenza, non ha a che fare con l’adozione ma introduce l’istituto noto come “stepchild adoption”, che legittima di fatto la pratica dell’utero in affitto, indicata invece da Bagnasco come pericolo futuro e conseguente. In realtà è tutto già scritto dentro l’articolo 5. La risposta, comunque, non è una mobilitazione ma una mera indicazione dei rischi. Come ha detto Papa Francesco, sta ai laici ora agire. Questo il passaggio della prolusione di Bagnasco su questi temi, compreso il divorzio breve ormai legge dello Stato.
Abbiamo chiamato in causa la famiglia, perno insostituibile e incomparabile della società. Nell’orizzonte parlamentare va avanti il disegno di legge delle cosiddette “unioni civili e delle convivenze”. Il Concilio Vaticano II e il Magistero dei Pontefici hanno sempre ribadito che è dovere dei Vescovi dire una parola quando è in gioco il bene dell’uomo, soprattutto quando si toccano i fondamentali dell’umano: “Ogni minaccia alla famiglia è una minaccia alla società stessa” (Papa Francesco, Discorso a Manila, 16.1.2015). Già a Rio de Janeiro il Pontefice aveva ribadito che “non c’è vera promozione del bene comune, né vero sviluppo dell’uomo, quando si ignorano i pilastri fondamentali che reggono una Nazione, i suoi beni immateriali: la vita, che è dono di Dio, valore da tutelare e promuovere sempre; la famiglia, fondamento della convivenza e rimedio contro lo sfaldamento sociale” (Discorso, 25.7.2013). A proposito della sacralità della vita, il Santo Padre ha incoraggiato “ad intensificare la pastorale della famiglia (...) affinché, di fronte alla cultura disumanizzante della morte, diventi promotrice della cultura del rispetto per la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino alla morte naturale” (Papa Francesco, Discorso ai Vescovi del Messico, 19.5.2014). Ancora una volta ricordiamo che non sono in questione le scelte individuali delle singole persone. Ribadiamo la dottrina della Chiesa circa le situazioni oggettive, viste non solo attraverso l’occhio della fede e della Rivelazione, ma anche con l’occhio della retta ragione e dell’esperienza universale, tanto che il Santo Padre è intervenuto molte volte e con grande chiarezza: “La famiglia è anche minacciata dai crescenti tentativi da parte di alcuni per ridefinire la stessa istituzione del matrimonio mediante il relativismo, la cultura dell’effimero, una mancanza di apertura alla vita” (id). E ancora: “L’individualismo postmoderno e globalizzato favorisce uno stile di vita che indebolisce lo sviluppo e la stabilità dei legami tra le persone, e che snatura i vincoli familiari” (Papa Francesco, EG 67). Di decisiva importanza è anche l’affermazione per cui oggi “Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma di gratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsi secondo la sensibilità di ognuno” (id 66). Ora, il testo di legge in questione ancora una volta conferma la configurazione delle unioni civili omosessuali in senso paramatrimoniale. Tale palese equiparazione viene descritta senza usare la parola “matrimonio”, ma in modo inequivocabile: “le disposizioni contenenti le parole ‘coniuge’, ‘coniugi’, ‘marito’ e ‘moglie’, ovunque ricorrano nelle leggi, nei decreti e nei regolamenti, si applicano anche alla parte della unione civile tra persone dello stesso sesso” (art. 3). Questa equiparazione riguarda anche la possibilità di adozione, che per ora si limita all’eventuale figlio del partner (art. 5). È evidente che – come è successo in altri Paesi – l’adozione di bambini sarà estesa senza l’iniziale limitazione. Così come è evidente, ancora alla luce di quanto accade altrove, che presto sarà legittimato il ricorso al cosiddetto “utero in affitto”, che sfrutta indegnamente le condizioni di bisogno della donna e riduce il bambino a mero oggetto di compravendita. Il desiderio della maternità o della paternità non può mai trasformarsi in diritto per nessuno. Si alimenta anche così la “cultura dello scarto”, categoria che tanto piace se applicata a certe situazioni, ma non a queste: “Occorre ribadire il diritto dei bambini a crescere in una famiglia, con papà e una mamma, capaci di creare un ambiente idoneo al suo sviluppo e alla sua maturazione affettiva. Continuando a maturare nella relazione, nel confronto con ciò che è la mascolinità e la femminilità di un padre e di una madre, e così preparando la maturità affettiva (...) Con i bambini e i giovani non si può sperimentare. Non sono cavie da laboratorio. Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, pretesa la modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del pensiero unico” (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione dell’Ufficio internazionale Cattolico dell’Infanzia, 11.4.2014). In altra occasione il Santo Padre ha ribadito che “questa complementarietà sta alla base del matrimonio e della famiglia” (Discorso alla Congregazione per la Dottrina della Fede, 17.11.2014). A Napoli il Papa disse che la cosiddetta “teoria del gender” è uno “sbaglio della mente umana” (Discorso 21.3.2015) e successivamente ha espresso il dubbio “se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa confrontarsi con essa” (Papa Francesco, Udienza generale, 15.4.2015)
Un’ultima parola dobbiamo dirla sul “divorzio breve”. Si puntava sul “divorzio lampo” e su questo si ritornerà non appena i venti saranno propizi. Ma sopprimere un tempo più disteso per la riflessione, specialmente in presenza di figli, è proprio un bene? Si favorisce la felicità delle persone o si incentiva la fretta? “Quando si tratta dei bambini che vengono al mondo, nessun sacrificio degli adulti sarà giudicato troppo costoso e troppo grande pur di evitare che un bambino pensi di essere uno sbaglio” (Papa Francesco, Udienza generale, 8.4.2015).
Tutti guardiamo con gratitudine all’alto Magistero del Santo Padre Francesco, qui riproposto in un contesto sociale e storico quanto mai bisognoso di essere illuminato e confermato nella via della verità e del bene. Sembra però che a volte, certe parole del Papa, non in linea con il pensiero unico, siano selezionate e oscurate da chi ha altre parole da far valere e diffondere nella pubblica opinione.
Papa Francesco ai laici: “Ora tocca a voi”
di Mario Adinolfi
Il 18 aprile scorso questo giornale rivolse un “appello ai vescovi italiani” proprio in previsione dell’Assemblea generale della Conferenza episcopale italiana che si è aperta ieri a Roma alla presenza e con un discorso di Papa Francesco. In quell’articolo chiedevamo in sostanza una mobilitazione dei cattolici innescata dai vescovi, sul modello di quella che fermò i Dico il 12 maggio del 2007 con l’incontro di piazza San Giovanni passato alla storia come “Family Day”. Cinquecentomila italiani si ritrovarono in quella occasione, su input della Cei, per rispondere a una legge che minacciava il diritto di famiglia. E quella legge venne ritirata dal governo proponente, di fatto proprio per la pressione visibilmente e trasversalmente esercitata da piazza San Giovanni.
Papa Francesco aprendo ieri i lavori dell’Assemblea generale della Cei ha per certi versi risposto direttamente al nostro appello: “La sensibilità ecclesiale e pastorale si concretizza anche nel rinforzare l’indispensabile ruolo di laici disposti ad assumersi le responsabilità che a loro competono. In realtà, i laici che hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del Vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo! Hanno invece tutti la necessità del Vescovo Pastore!”.
La “risposta” del Papa al nostro appello è dunque insieme un no e un sì. No ad una mobilitazione indetta direttamente dall’episcopato italiano o da esso stimolata, vescovi e monsignori pilota non si vedranno. Forse ce n’era bisogno per la gravità e la peculiarità della condizione italiana, ma siamo figli obbedienti e prendiamo atto che questa è la volontà del Pontefice. Ci interessa invece il suo sì e il suo invito e sprone: dobbiamo assumerci le nostre responsabilità di laici. Caro Papa, lo faremo.
Qui lo abbiamo scritto proprio nel numero che poi verrà ricordato come l’ultimo numero cartaceo di questo quotidiano, almeno per un po’. I costi esorbitanti di stampa e distribuzione insieme alla percezione che la diffusione digitale dei nostri contenuti fosse la più efficace, ci ha fatto optare per trasformare La Croce in un quotidiano che vivrà almeno in questa fase esclusivamente sulla Rete. L’abbiamo trascurata un po’ per concentrare tutte le energie e le risorse sul “foglio di carta”, ma ci siamo resi conto che così saremmo stati condannati a sparire, avendo peraltro rifiutato l’accesso a qualsiasi finanziamento pubblico. E noi invece abbiamo ancora molto da dire. E, lo ricordavo, nell’ultimo numero cartaceo lo abbiamo scritto: serve una mobilitazione unitaria di tutte le realtà che pure sul territorio si stanno muovendo. Si chiama “responsabilità dei laici” e dobbiamo assumercela in pieno. Rapidamente, perché il tempo stringe. E le ferite che stanno per essere inferte al tessuto sociale e alla famiglia per via legislativa sono mortali. Sarebbe inutile gridare dopo. Occorre muoversi prima. Cioè ora.
19/05/2015 La Croce quotidiano