lunedì 18 maggio 2015

Ti racconto il Papa....... come dico io!

Giornali

E la grande stampa racconta il Papa che vuole
di Riccardo Cascioli

«Il Papa ai vescovi: denunciate la corruzione che in Italia impoverisce senza vergogna» (Corriere della Sera); «Francesco ai vescovi italiani: denunciare la corruzione» (Ansa); «Papa ai vescovi: Non siate timidi o irrilevanti nel denunciare corruzione» (Repubblica); «Il Papa alla Cei: non siate timidi nel denunciare la corruzione» (Vatican Insider); «Il Papa alla Cei: andate controcorrente» (Avvenire). E si potrebbe andare avanti così, ma bastano i titoli dei principali siti online per dare l’idea di cosa passi del discorso – breve ma intenso – che papa Francesco ha rivolto ieri pomeriggio ai vescovi italiani. A suo modo è una lezione di giornalismo. A parte il quotidiano della CEI, il cui titolo può significare qualsiasi cosa, tutti gli altri puntano su un unico concetto: “denunciare la corruzione”. Il Papa come un qualsiasi giudice Borrelli degli anni ’90.
Nessuno spazio nei titoli a un altro tema forte che nel discorso è stato messo insieme al tema della corruzione: quello della teoria del gender che toglie «l’identità e la dignità umana» al popolo di Dio. Solo in qualche sommario appare il riferimento alle “colonizzazioni ideologiche” – l’espressione esatta che ha usato – ma senza spiegarne il significato, così che i lettori che hanno avuto la pazienza di leggersi i sommari in gran parte non hanno neanche capito a cosa si riferisse. Non è sorprendente: non sia mai che papa Francesco possa somigliare a Benedetto XVI e Giovanni Paolo II, che fine farebbe l’idea che è nata una «nuova Chiesa»? 
A dire il vero anche il tema della corruzione è stato distorto. Il Papa non ha affatto chiesto di denunciare ma di «sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata». Chiama cioè ad agire anzitutto con l’educazione, non a fare i Camusso o i Grillo della situazione.
Ma il passaggio se non più importante sicuramente il più nuovo è quello riguardo alla responsabilità dei laici, che si devono scrollare di dosso quel clericalismo che di fatto depotenzia alla radice ogni tentativo di presenza pubblica. Quante volte abbiamo visto politici cattolici o responsabili di associazioni aspettare l’input dei vescovi per muoversi, o non muoversi perché quel tal vescovo che è responsabile di quella tal pastorale «non ci sostiene». E come non notare che – caso tutto italiano – le più importanti associazioni sociali italiane (dal Forum delle Famiglie in giù) sono nate o sono diventate emanazione del vertice dell’episcopato, e con questo si sono condannate all’irrilevanza nella società italiana? Per non parlare poi della stampa cattolica ufficialmente legata alla Conferenza Episcopale, che recentemente ha visto ancora di più accentuarsi l’aspetto clericale, con il segretario della CEI che addirittura ha avocato a sé il compito di stendere il piano editoriale.
È quindi importante che questo breve discorso sia valorizzato in tutti i suoi aspetti, soprattutto quelli meno scontati: ne potrebbe nascere un terremoto nella Chiesa italiana.

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Il Papa lancia i laici nella mischia della società: agite contro corruzione e teoria del gender
di Massimo Introvigne
Il 18 maggio 2015 Papa Francesco ha aperto i lavori dell'assemblea generale della Conferenza Episcopale italiana, dedicata all'esortazione apostolica «Evangelii gaudium». Il breve intervento è stato però ricco di spunti che alimenteranno la discussione tra i presuli. Francesco ha richiamato i vescovi - senza attendere caso per caso una sollecitazione del Papa - ma anche i laici, senza attendere la richiesta o il permesso dei vescovi, a scendere in campo con decisione su due grandi problemi della società italiana: la corruzione e le «colonizzazioni ideologiche», termine che come ormai sappiamo nel linguaggio del Pontefice indica la teoria del gender. Se i pastori e i laici italiani sono timidi, o si perdono in convegni dove parlano i soliti noti e da cui escono documenti che pochissimi leggono, si condannano - ha detto il Papa - all'irrilevanza. 
In apertura, commentando il brano del Vangelo letto, che menziona i sette demoni che avevano abitato la Maddalena, il Papa ha invitato al consueto esame di coscienza: «Quando io sento questo passo del vangelo di Marco penso: ma questo ce l'ha con la Maddalena perché ci ripete che lei aveva ospitato sette demoni dentro di lei. Ma poi penso io quanti ne ho ospitati io? E rimango zitto...».
Siamo in un tempo, ha detto il Pontefice, in cui «spesso siamo accerchiati da notizie sconfortanti, da situazioni locali e internazionali che ci fanno sperimentare afflizione e tribolazione».  Non bisogna nasconderselo: è un «quadro realisticamente poco confortante». Ma, precisamente quando le difficoltà si fanno drammatiche, «la nostra vocazione cristiana ed episcopale è quella di andare contro corrente: ossia di essere testimoni gioiosi del Cristo Risorto per trasmettere gioia e speranza». Ai vescovi spetta la missione «di consolare, di aiutare, di incoraggiare, senza alcuna distinzione, tutti i nostri fratelli oppressi sotto il peso delle loro croci». Lo fanno sempre? Forse no. Ma è «assai brutto», nota il Papa, «incontrare un consacrato abbattuto, demotivato o spento: egli è come un pozzo secco dove la gente non trova acqua per dissetarsi».
I vescovi dovrebbero «appropriarsi degli stessi sentimenti di Cristo, di umiltà, di compassione, di misericordia, di concretezza e di saggezza». Quando sono «timidi» i vescovi italiani rischiano invece di essere «irrilevanti».
Francesco chiede in particolare più coraggio su due fronti. Il primo è quello di «sconfessare e sconfiggere una diffusa mentalità di corruzione pubblica e privata che è riuscita a impoverire, senza alcuna vergogna, famiglie, pensionati, onesti lavoratori, comunità cristiane, scartando i giovani, sistematicamente privati di ogni speranza sul loro futuro, e soprattutto emarginando i deboli e i bisognosi». Il secondo fronte implica «uscire verso il popolo di Dio per difenderlo dalle colonizzazioni ideologiche che gli tolgono l’identità e la dignità umana». Nelle Filippine, a Napoli e in diverse udienze del mercoledì Francesco aveva già precisato che per «colonizzazioni ideologiche» intende il tentativo di imporre apertamente ovvero in modo subdolo la teoria del gender.
La Conferenza Episcopale Italiana produce molti documenti. Il Papa raccomanda «proposte concrete e comprensibili». Basta con i documenti che non legge nessuno, dove prevale un «aspetto teoretico-dottrinale astratto, quasi che i nostri orientamenti non siano destinati al nostro popolo o al nostro Paese, ma soltanto ad alcuni studiosi e specialisti».
Per evitare di essere autoreferenziali, il Papa chiede ai vescovi uno sforzo ulteriore per valorizzare il ruolo dei laici. È un ruolo «indispensabile». Ma se i laici non sono ascoltati, è anche perché talora non si prendono le loro «responsabilità». Se davvero i laici «hanno una formazione cristiana autentica, non dovrebbero aver bisogno del vescovo-pilota, o del monsignore-pilota o di un input clericale per assumersi le proprie responsabilità a tutti i livelli, da quello politico a quello sociale, da quello economico a quello legislativo!». Certo, i laici hanno pur sempre «la necessità del vescovo pastore». Ma il Papa formula un chiaro invito ai laici perché scendano in campo sui grandi problemi della società italiana senza trincerarsi dietro la scusa che manca l'input o il permesso dei vescovi.
Occorre che, anche nelle attività interne alla Conferenza Episcopale e alle diocesi, i vescovi siano attenti a cogliere le vere voci della comunità cristiana, senza rivolgersi sempre ai soliti noti. Troppo spesso il vescovo «organizza un convegno o un evento che, mettendo in evidenza le solite voci, narcotizza le comunità, omologando scelte, opinioni e persone. Invece di lasciarci trasportare verso quegli orizzonti dove lo Spirito Santo ci chiede di andare».
Le difficoltà sono molte. «La sensibilità ecclesiale indebolita a causa del continuo confronto con gli enormi problemi mondiali e dalla crisi che non risparmia nemmeno la stessa identità cristiana». E le vocazioni. Ma «perché - si è chiesto il Papa - si lasciano invecchiare così tanto gli istituti religiosi, monasteri, congregazioni, tanto da non essere quasi più testimonianze evangeliche fedeli al carisma fondativo? Perché non si provvede ad accorparli prima che sia tardi sotto tanti punti di vista?».
Il dialogo sulle decisioni difficili che la Chiesa italiana sarà chiamata a prendere è proseguito a porte chiuse, in attesa della prolusione del cardinale Bagnasco prevista per martedì.