sabato 13 giugno 2015

Come avere cura della casa comune?

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(Stefania Falasca) Come avere "cura della casa comune"? L’attesa pubblicazione dell’enciclica di Papa Francesco segnata dall’inderogabile urgenza per il destino della "famiglia umana" di custodire il "bene comune" del creato si annuncia all’insegna di un effettivo dialogo aperto a tutti. La presentazione ufficiale del testo affidata al metropolita di Pergamo John Zizioulas, in rappresentanza del Patriarcato ecumenico e della Chiesa ortodossa, allo scienziato John Schellnhuber, fondatore del Potsdam Institute for Climate Impact Research insieme al rappresentante del pontificio Consiglio di Giustizia e Pace, sottolinea la necessità del confronto interdisciplinare e rimarca la volontà di unire in una riflessione ecumenica non solo i credenti della Chiesa cattolica e delle Chiese sorelle su questa problematica di vitale interesse universale.
Come cinquant’anni fa l’enciclica di portata universale e tutt’ora profondamente attuale di san Giovanni XXIII sul punto nevralgico della responsabilità condivisa della pace si rivolgeva per la prima volta non solo ai fedeli dell’orbe ecclesiale ma a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
L’apertura dialogica - già distintiva dell’Esortazione Evangelii gaudiumsulla missione - secondo il concetto e il giusto atteggiamento che "trae luce dal Vangelo" proposto nella Gaudium et spes e con cui la Chiesa invita ad un apertum colloquium su quei «tanti problemi e interrogativi riguardo l’attuale posto e compito dell’uomo nell’universo», viene quindi ad indicarci quale sarà la cifra di questo documento, che, come è stato osservato, porta indelebilmente la tematica ambientale nel cuore della dottrina sociale della Chiesa. Si tratta di una complessa crisi socio-ambientale. Uomini e ambiente, creazione e società sono tra loro collegati e dunque richiedono un approccio integrale per combattere la povertà, l’esclusione e al tempo stesso per prendersi cura della natura.
Si tratta di salvare l’uomo dalla sua distruzione e di edificare la società nella fratellanza e nel rispetto della natura. «Ecologia umana ed ecologia ambientale camminano insieme» ha affermato più volte Francesco parlando di ecologia integrale, del legame fra ecologia ed economia, così come quello fra inquinamento ambientale e povertà, sistemi economici-finanziari perversi e cultura dello scarto. «Il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo. Possiamo trovare soluzioni adeguate soltanto se agiremo insieme» ha affermato il Papa in occasione della Conferenza di Lima nel novembre 2014. L’importante appuntamento dei governi a Parigi in dicembre sulle le emissioni di CO2 dei Paesi ha perciò dettato i tempi d’agenda dell’enciclica.
Ma la volontà di «richiamare tutti ad uno sviluppo più sostenibile ed inclusivo» unito al «definitivo e improrogabile imperativo etico di agire» erano già chiaramente nel suo orizzonte fin dal giorno dell’inizio del suo ministero petrino il 19 marzo 2013: «Custodire l’intera creazione è un servizio che il vescovo di Roma è chiamato a compiere». «La Chiesa cattolica è consapevole della responsabilità che tutti portiamo verso questo nostro mondo, verso l’intero creato, che dobbiamo amare e custodire» ribadì il giorno seguente nell’incontro con i rappresentanti delle Chiese e delle altre religioni invitandoli «nell’impegno comune a difesa della dignità dell’uomo, nella costruzione di una convivenza pacifica fra i popoli e nel custodire con cura il creato». I credenti hanno un motivo in più per essere buoni amministratori della natura, perché sanno che si tratta di un dono di Dio.
L’interesse per la creazione, e dunque per il rapporto dell’umanità con essa, è un’istanza della fede biblica. Il patriarca ecumenico Bartolomeo I – è stato e continua ad esserlo – un difensore della questione ambientale: «Come capi religiosi, consideriamo come uno dei nostri doveri incoraggiare e sostenere sforzi gli sforzi compiuti per proteggere la creazione di Dio e per lasciare alle generazioni future una terra sulla quale potranno vivere». La tradizione cristiana non separa giustizia ed ecologia, condivisione della terra e rispetto della terra, attenzione alla vita dell’ambiente e cura per la qualità della vita umana. E su questa linea, denunciandone gli abusi, è intervenuto anche il magistero della Chiesa negli ultimi cinquant’anni.

La lettera enciclica di Francesco che mette organicamente a tema l’ecologia è perciò anche il punto culminate degli interventi pronunciati dai pontefici che lo hanno preceduto. Paolo VI, nella Octogesima Adveniens, rivolse ai fedeli un invito profetico nel paragrafo dal titolo "L’ambiente naturale": «Mentre l’orizzonte dell’uomo si modifica, un’altra trasformazione si avverte, conseguenza tanto drammatica dell’attività umana. L’uomo ne prende coscienza bruscamente: attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione. Non soltanto l’ambiente materiale diventa una minaccia permanente: inquinamenti e rifiuti, nuove malattie, potere distruttivo totale; ma è il contesto umano, che l’uomo non padroneggia più, creandosi così per il domani un ambiente che potrà essergli intollerabile: problema sociale di vaste dimensioni che riguarda l’intera famiglia umana. A queste nuove prospettive il cristiano deve dedicare la sua attenzione, per assumere, insieme con gli altri uomini, la responsabilità di un destino diventato ormai comune». Giovanni Paolo II ha sviluppato la questione ecologica in termini di crisi morale nella sua Sollecitudo rei socialis, nella Centesimus annus e in diversi altri interventi, ponendo il legame tra "ecologia naturale" "ecologia umana" e "ecologia sociale".
Avvenire

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Le grandi questioni affrontate dal Papa

Land Grabbing, «rapina» di terre
Letteralmente "rapina delle terre", il Land Grabbing è un grave fenomeno che ha visto la luce all’inizio del millennio e consiste nell’appropriazione da parte di società private (spesso finanziate da fondi sovrani) di immensi territori sottratti alle popolazioni locali e trasformati in piantagioni. La principale coltivazione che ha preso il posto di foreste e di interi villaggi espropriati, evacuati e rasi al suolo (con la complicità dei governanti) è quella della palma da olio. Questo olio ha avuto negli ultimi anni un massiccio impiego nella produzione industriale di svariati alimenti, nonostante la sua comprovata nocività (troppi grassi saturi). Nocività che è nulla rispetto alla catastrofe umanitaria che la sua produzione ha comportato. In particolare, le popolazioni di 13 Paesi africani (dal Sudan al Congo, dalla Sierra Leone all’Etiopia) hanno subito la sottrazione violenta di oltre 20 milioni di ettari di aree coltivabili, pari al 55,5% delle terre rapinate. Alla base le speculazioni di investitori basati in Paesi come gli Stati Uniti (6,9 milioni di ettari rapinati), la Malesia (3,6 milioni) e l’Indonesia (2,9).
5.jpgLo scandalo dello spreco
Sulla terra siamo 7 miliardi e produciamo cibo sufficiente per nutrire 12 miliardi di persone. Eppure nel mondo quasi 800 milioni di persone soffrono la fame. Le ragioni di questa contraddizione sono molte, dall’inefficienza delle produzioni agricole nei Paesi poveri alla dipendenza di questi dai Paesi ricchi, ma una importante è in particolare legata agli sprechi, come ha sottolineato papa Francesco alla Fao. Un terzo degli alimenti prodotti nel mondo, 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, diventa "spreco". Solo in Italia il cibo sprecato vale qualcosa come 13 miliardi di euro ogni anno. Gli europei sprecano in media 180 chili di cibo a testa ogni anno (149 chili gli italiani), e il 42% di questi sprechi avviene in casa, cioè non nelle fasi di semina, produzione o distribuzione di cibo. Anche per questo diventa sempre più importante assumere l’impegno, come ha chiesto Francesco, di «modificare gli stili di vita».
6.jpgIl ruolo dell’educazione alimentare
Imparare a non sprecare il cibo, imparare a nutrirsi in modo corretto, imparare a non eccedere, ma imparare anche quali sono le cause profonde che generano la fame "cronica" nel mondo, come l’eccessiva dipendenza dalle produzioni che arrivano dall’estero e lo scarso sviluppo dell’impresa agricola locale. Il tema della fame si affronta anche con una corretta educazione alimentare. Nel mondo ricco i problemi sono l’abbondanza di cibo, la riduzione dei grassi e l’aumento del movimento, altrove c’è chi non riesce a fare un pasto al giorno. Sono quasi 2 miliardi le persone obese sulla terra, non tutte necessariamente "ricche", anzi più spesso si tratta di persone che si alimentano male, anche per ragioni di povertà economica o culturale. Nei Paesi ricchi il vero problema, legato all’eccessiva raffinazione dei cibi e alla mania dell’igiene, sono invece le allergie: ne soffre il 30% della popolazione del Regno Unito e dell’Australia, il 10% in Italia.
1.jpgI popoli sfollati per il clima
Nel segnalare i «forzati spostamenti di popolazione» provocati dai cambiamenti climatici, il Papa ha sottolineato uno dei maggiori drammi del nostro tempo. Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, nel 2008 erano 20 milioni le persone sfollate in seguito ad eventi meteorologici estremi. Ma tra il 2010 e il 2011 l’Asian Development Bank già parlava di 42 milioni di persone. Oltre all’aumento della temperatura e al cambiamento delle precipitazioni, in futuro avremo a che fare con eventi estremi sempre più frequenti, come caldo intenso, siccità, inondazioni dovute all’aumento del livello dei mari. Con implicazioni sulle colture, sulla salute e sulla crescita economica. «Una delle cause di spostamenti di massa e di potenziali conseguenti conflitti nei prossimi 10 o 20 anni sarà la scarsità di risorse provocata dai cambiamenti climatici, che stanno per complicare il cocktail di guerra e migrazione di massa», aveva sottolineato nei giorni scorsi anche David Miliband, ex ministro degli Esteri inglese oggi a capo dell’Ong International Rescue Committee. (P.M.Al.)

4.jpgAcqua sempre più nodo di conflitti
In tutti i continenti si moltiplicano i rischi di scontro intorno a falde, fiumi e laghi condivisi. È la cosiddetta guerra dell’acqua, risorsa «già oggetto di conflitti che in prospettiva aumenteranno», ha sottolineato il Papa. Se Cina, Nepal, India e Bangladesh si contendono i fiumi che sgorgano dall’Himalaya, in Asia centrale Tagikistan e Turkmenistan stanno costruendo enormi infrastrutture sui corsi d’acqua che minacciano i Paesi a valle, come l’Uzbekistan. Sul Nilo l’Etiopia sta investendo nella Grande diga della Rinascita: non mancano le tensioni con Il Cairo, visto che la struttura potrebbe cambiare la portata del fiume in Egitto. Argentina e Uruguay hanno già portato alla Corte internazionale di giustizia la loro disputa sul Rio de la Plata. Messico e Stati Uniti litigano per i diritti sul Rio Grande e il Colorado, mentre Siria e Iraq sono ai ferri corti per le acque del Tigri. E poi c’è la Cina, che va assumendo un ruolo di leadership anche nella gestione delle acque internazionali. (P.M.Al.)
3.jpgSpeculazione finanziaria
Il mercato dei derivati sulle materie prime alimentari nasce come sistema di protezione per gli agricoltori, che ad esempio cedendo in anticipo parte dei loro raccolti attraverso contratti "futures" possono evitare eventuali problemi causati da movimenti anomali dei prezzi. Ma negli ultimi anni questo mercato è diventato uno dei campi di gioco delle banche d’affari e dei più aggressivi fondi speculativi, che non hanno nessuna intenzione di comprare prodotti agricoli né esigenze di proteggersi dalla volatilità dei prezzi, ma comprano e vendono titoli e contratti solo per guadagnarci. Con il risultato di peggiorare, anziché migliorare, l’efficienza del mercato, rendendolo estremamente volatile, con balzi e cadute dei prezzi (già "storica" la crisi tra il 2007 e il 2008) che, come ha sottolineato ieri il Papa, «impediscono ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima».