lunedì 22 giugno 2015

Nel cielo apparve poi un segno grandioso...



di don Antonello Japicca
“Nel cielo apparve poi un segno grandioso, un Donna vestita di sole”. Ma sì, era Lei, la Vergine Maria, che da lassù ha socchiuso una finestra nel cielo scuro gonfio di pioggia, e con il sole di cui è rivestita, ha sorriso alle famiglie e ai bambini, ai nonni e a tutti coloro che avevano offerto la propria vita per la realizzazione di un evento straordinario. La manifestazione di ieri, infatti, si è imposta da sé come un fatto fuori dall’ordinario. Come un “segno” appunto, e chi non sa discernere i segni non arriverà mai a conoscere il contenuto da essi indicato.
I Padri del deserto affermavano che “il discernimento è migliore di tutte le virtù”. Silvano Fausti, fine esegeta e predicatore gesuita, definisce il discernimento “un gioco di sensibilità e buon gusto, un fatto estetico, una percezione o sensazione bella del tocco di Dio che culmina nel piacere del bello”. E che piacere ieri, la bellezza risplendeva in ogni volto, in ogni parola, nei pannolini cambiati al volo, nei canti e nelle amicizie nate all’ombra della Cattedrale di Roma.

Scriveva San Paolo ai fratelli della comunità di Filippi: “prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento, perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio”. Dovremmo ringraziare Paolo per queste parole che sembrano scritte oggi per tutti noi, nel giorno in cui i tanti che avevano minimizzato l’evento di ieri si sono visti obbligati a parlarne, ma senza “discernimento”. Persino l’agape ha bisogno di essere “arricchita” di “conoscenza” e di “ogni genere di discernimento”, figuriamoci l’eros… Non ci stupiscono dunque le topiche di chi ha scambiato da molto tempo l’eros per agape, chiamando amore la passione e il sentimento. Ma chi è stato raggiunto dall’amore di Cristo sa “discernere” i “segni” apparsi in Piazza San Giovanni; vi ascolta la voce di Dio, perché ha sperimentato che Lui parla agendo nella storia.
E anche il 20 giugno ha parlato, eccome se ha parlato. Con la natura che ha creato innanzitutto, e non poteva essere diversamente. Deve aver detto: “Affermate che non esisto e non l’ho creata io? Definite “inaccettabile” che le mie creature più belle scendano in piazza per affermare di essere quello che sono, cioè ben “distinte” da me proprio perché create da me? E’ “medioevo ideologico e intollerante” testimoniare con i frutti dell’unione della “carne della loro carne” di “maschi” e di “femmine” che proprio così ho creato l’uomo a mia immagine e somiglianza? Contestate per questo la famiglia naturale composta da uomo e donna e il diritto dei figli ad avere e conoscere il padre e la madre? Allora, alzate lo sguardo e ascoltate bene quello che vi dico…
Le avete viste le nuvole avvicinarsi alla piazza? C’erano dentro le parole che ho preparato per voi che vi siete voltati dall’altra parte per non vedere e non ascoltare quello che avevo da dirvi attraverso la gioiosa testimonianza dei miei figli. Erano stampate in ogni goccia del temporale che si è abbattuto su di loro. Qualcuno ha detto ironicamente che era il segno del mio disappunto per una manifestazione di bigotti gelosi dei loro privilegi e “contro” i diritti delle coppie omosessuali e dei loro figli. Ah sì? Vedete che non avete discernimento?
Nella Genesi si legge che Dio crea “separando” i diversi elementi, perché proprio la “distinzione” da Lui è la loro condizione per esistere; così accade, per esempio tra “le acque di sopra e le acque di sotto”. Ma quando il peccato originale di Adamo ed Eva si espande e cresce parossisticamente raggiungendo il suo culmine, accade che le acque di sopra non restano più distinte e separate da quelle di sotto e si scatena il diluvio, trascinando il creato in un caos simile a quello precedente la creazione. E’ un segno delle conseguenze dell’orgoglio dell’uomo che voleva diventare uguale a Dio. Il peccato, infatti, è essenzialmente confusione di ruoli, e l’uomo che ne è schiavo perde l’identità che gli deriva dalla distinzione tra lui e Dio e tra lui e l’altro; per questo deve fagocitare la carne della sua carne nel tentativo di eliminare le differenze che lo chiamano all’umiltà e all’obbedienza che suppone l’amore.
Allora, quel temporale era il “segno” del caos nel quale sta per precipitare l’Italia! Era il diluvio che confonde le acque dove intere generazioni potrebbero affogare! E si è abbattuto sul popolo giunto a San Giovanni proprio perché non sono dei privilegiati che si rinchiudono in una torre d’avorio. Quegli scrosci d’acqua erano il segno delle lezioni che vorrebbero imporre alle nuove generazioni, non solo ai loro figli. Ma quell’acqua scendeva su di loro perché sono le avanguardie che, mandate in prima linea per difendere l’intero Paese, come “sentinelle in piedi” sanno discernere le mosse del nemico. Non sono mica una setta di illuminati che nel segreto delle loro riunioni pianificano la distruzione dell’umanità. Sono uomini, carne e sangue come tutti, ma con gli occhi del cuore capaci di discernere la gravità del momento, distinguendo senza reticenze e compromessi il bene dal male.
Quel temporale doveva riversarsi su di loro, per mostrare a tutti che chi vive per rendere testimonianza alla Verità non scappa dalla storia ma la affronta per arginare il male prendendo su di sé i peccati degli altri. Sono restati tutti al loro posto, con i loro bambini fradici ma felici. Vi siete chiesti che cosa c’era da gioire in mezzo a un temporale? Certo è difficile capire se non si ha l’esperienza della forza misteriosa e dirompente della Verità che si fa carne nella propria vita. Non può comprendere la gioia della libertà chi di essa conosce solo le tragiche imitazioni. In quella piazza bagnata, infatti, c’era l’allegria di chi, pur tra mille cadute, vive ogni giorno il compimento della propria persona nell’umile cammino della creatura, accettando i limiti che lo rendono immagine di Dio. La gioia colma di gratitudine per la Chiesa nella quale hanno conosciuto il perdono che li libera dalla schiavitù del peccato e dove ricevono in alimento la vita eterna che li spinge ad amare l’altro “distinto” da sé.
Di questa Madre premurosa che attraverso i secoli ha gestato e formato generazioni di uomini liberi e martiri della Verità, era segno il sole che ha cominciato a splendere all’inizio dell’incontro. Sì avevate visto bene, era proprio Lei, la Vergine Maria immagine splendente della Chiesa che dal Cielo sorrideva compiacente e felice dei suoi figli indomiti nell’arca che solca le acque del diluvio. Le parole che rimbalzavano dal palco avevano bisogno del sole che certificasse la loro autenticità: “le foglie sono verdi” perché esso le accarezza con i suoi raggi benefici; le mamme e i papà danno i loro figli alla sua luce, la stessa nella quale i figli del giorno fanno le battaglie politiche, giuridiche e culturali per difenderli dalle tenebre.
La luce del sole è testimone e segno della risurrezione annunciata ieri senza paura impugnando la Croce dove risplende l’unica Verità che fa l’uomo autenticamente libero. Su di essa, infatti, lo Sposo ha riscattato la sua sposa per unirla a sé nell’amore che non ha nulla a che vedere con la confusione della passione. Quel sole era il segno che oltre le nubi che si addensano su di noi risplende più forte l’amore fedele di Dio. Che, cioè, non prevarrà la menzogna del demonio, nonostante le sue armate mediatiche, politiche e finanziare.
Ma la battaglia è appena iniziata. Come Noè, anche quando c’è il sole vediamo il diluvio avvicinarsi, mentre i più, sedotti dal pensiero unico, ci sbeffeggiano. Sappiamo, infatti, che il gender, le nozze omosessuali e l’utero in affitto disegnano il fronte nuovo e forse decisivo del combattimento escatologico profetizzato dall’Apocalisse: dopo il “grande segno” della Donna vestita di sole, in essa appare quello del “serpente antico” che muove guerra alla “discendenza” della Donna, cioè a “coloro che osservano i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù”. E che cosa è successo nella Piazza proprio mentre terminava l’incontro con una chiamata a conversione per tutti? Esattamente quello che è profetizzato nell’Apocalisse: “Allora il serpente vomitò dalla sua bocca come un fiume d’acqua dietro alla donna, per farla travolgere dalle sue acque”. E così è stato; un altro acquazzone si è riversato sulla Piazza, il segno che ha ricordato a tutti quello che ci aspetta. In famiglia, a scuola, sui posti di lavoro, al mercato e al centro commerciale, dal parrucchiere e con gli amici e i parenti, anche nelle parrocchie e nelle varie associazioni e movimenti, il “fiume d’acqua” ci perseguiterà per spegnere la “testimonianza” che Dio ci ha donato come una primizia in favore di tutti.
Ma coraggio, la “terra” ci “verrà in soccorso aprendo una voragine e inghiottendo il fiume”, perché anch’essa è opera delle mani di Dio. La natura attaccata e sfregiata dalla confusione del nemico accoglierà ancora il braccio disteso di Dio, e il suo dito saprà ricreare di nuovo laddove il nemico spargerà corruzione e morte. Ne siamo certi, la “terra” ci difenderà e difenderà i nostri figli con segni e prodigi da discernere nella carità per essere “integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio”. Proprio come è accaduto nella giornata di ieri a San Giovanni, sulla quale c’è, come un memoriale, la firma di Dio. “Sole” e “acqua”, come dire “maschio” e “femmina”, i segni inconfondibili del Creatore, senza i quali nessun seme può vedere la luce, crescere e dare i frutti per i quali è stato deposto nel grembo della terra e di una madre.
22/06/2015 La Croce quotidiano