martedì 9 giugno 2015

Senza fare sconti. A nessuno. Neanche a mons. Galantino...

Difendiamo i nostri figli
di Riccardo Cascioli

La voglia di andare in piazza e mostrare a lobby e politici che esiste un popolo che non accetta di essere cancellato è forte. Per questo alla fine il 20 giugno (15.30, Piazza San Giovanni) non si potrà mancare di essere a Roma per la manifestazione a difesa della famiglia e dei figli, anche se ieri la conferenza stampa di presentazione dell’iniziativa ha lasciato perplessi e creato mugugni anche tra alcuni dei membri del comitato promotore. Massimo Gandolfini, portavoce del Comitato “Difendiamo i nostri figli” (è questo il titolo ufficiale della manifestazione), ha specificato motivi, obiettivi e carattere della manifestazione.
I motivi: l’iniziativa «non nasce dal Family Day» del 2007, ha spiegato Gandolfini, ma «dalla richiesta di aiuto di milioni di famiglie, dal loro disagio», per dire che «il comune sentire della popolazione italiana non è quello dell’ideologia gender e dell’indifferentismo sessuale». Legato al tema del gender, prosegue Gandolfini, c’è l’enorme problema della famiglia, «bombardata da ogni parte, esautorata dal suo ruolo costituzionalmente garantito di educare i propri figli, del quale non può essere scippata».
Obiettivi: fermare la «colonizzazione ideologica» che sta mettendo a rischio la sopravvivenza della famiglia naturale; riaffermare un diritto costituzionalmente garantito come quello di un padre e di una madre a educare i propri figli; allertare tutti su quanto sta accadendo in Italia – e non solo – e «intendiamo anche stimolare i parlamentari, dare loro più coraggio perché si allertino su tematiche di grande sensibilità come queste; abbiamo infatti la sensazione che non conoscano il vero sentire della gente».
Carattere: la manifestazione «è di tipo propositivo, vuole esprimere la bellezza della famiglia, non è contro nessuno, non è assolutamente contro gli omosessuali». «Non abbiamo e non vogliamo un elenco di associazioni; non abbiamo raccolto firme. Non vogliamo un’adesione di liste ma di persone; alle associazioni, cattoliche, cristiane, di altre fedi e ‘laiche’, abbiamo chiesto di mandarci famiglie». Il portavoce ha affermato di avere ricevuto da più parti «stimoli a fare qualcosa, anche dal mondo islamico» e la presenza è stata assicurata anche dalla comunità Sikh e dall’Alleanza evangelica italiana.
Tutto condivisibile. Dove nascono allora le perplessità? Basta riprendere i primi comunicati diffusi il 2 e 3 giugno in cui si annunciava la manifestazione per capire che qualcosa è cambiato, o meglio è sparito qualsiasi riferimento al ddl Cirinnà sulle unioni civili di cui è appena iniziata la discussione in Senato. «La Cirinnà ci preoccupa ma non è questo il tema della manifestazione», ha detto ieri Gandolfini. Ed è ben strano, perché proprio l’accelerazione impressa dalla maggioranza di governo al progetto di unioni civili ha spinto gli organizzatori ad anticipare al 20 giugno una manifestazione che si sarebbe potuta tenere tranquillamente a settembre avendo anche il tempo di organizzare con calma il tutto. 
Dietro la scelta c’è sicuramente il comprensibile desiderio di offrire un obiettivo ampiamente condiviso in cui possano ritrovarsi tante realtà che poi nello specifico magari perseguono strategie diverse. Ma resta il fatto che tale impostazione non rende pienamente ragione dell’impegno che tante persone e associazioni hanno profuso in questi ultimi due anni per sensibilizzare gli italiani sul tema del gender e sulle proposte di legge che potrebbero essere approvate una dietro l’altra nei prossimi mesi: la Cirinnà sulle unioni civili (leggi matrimoni omosex), il ddl Fedeli sull’obbligatorietà dell’insegnamento del gender nelle scuole, il ddl Scalfarotto anti-omofobia che metterà definitivamente a tacere chiunque continuerà a sostenere che esiste una sola famiglia, quella naturale fondata sul matrimonio tra uomo e donna.
C’è quindi da aspettarsi che diversi tra i soggetti coinvolti nella manifestazione usino i giorni da qui al 20 per spingere sulla necessità di dire chiaramente che il primo obiettivo è fermare il ddl Cirinnà. È anche questo il senso del comunicato che le Sentinelle in Piedi diffonderanno stamattina.
Peraltro l’indebolimento della proposta viene attribuito anche alla forte pressione del segretario della Conferenza episcopale italiana (Cei), monsignor Nunzio Galantino, che ha addirittura cercato nelle scorse settimane di impedire la convocazione della manifestazione, facendo pressioni dirette sugli organizzatori. Non sorprende visto che più volte Galantino ha detto pubblicamente la sua contrarietà a manifestazioni di piazza, per non dire che non più di dieci giorni fa nella trasmissione tv con Fabio Fazio e Massimo Gramellini si è addirittura pronunciato a favore delle unioni civili. Evidentemente monsignor Galantino non ritiene di dover disturbare il governo Renzi che ha fatto più di ogni altro precedente governo per distruggere la famiglia. 
La sua manovra alla fine non è riuscita anche perché per la prima volta in Italia la responsabilità di una grande manifestazione viene assunta direttamente dai laici senza passare dalla Cei. Ma ciò non ha impedito a monsignor Galantino di usare tutte le armi possibili per boicottare l’evento, malgrado sia noto che il presidente della Cei, il cardinale Angelo Bagnasco, sia invece a favore della mobilitazione in vista del 20 giugno. Evidentemente però alla Cei a dettare legge è Galantino, tanto è vero che tutti gli organismi direttamente o indirettamente legati alla Cei fino a ieri si erano chiamati fuori: il Forum delle Associazioni familiari non aveva aderito (anche se il suo rappresentante aveva partecipato alle riunioni preparatorie) e il quotidiano dei vescovi Avvenire aveva totalmente ignorato la notizia della manifestazione (di cui dà conto oggi per la prima volta, non a caso). Il solito vecchio clericalismo di coloro che però amano tanto definirsi e sentirsi progressisti.
I toni bassi della conferenza stampa perciò hanno forse contribuito ad evitare una spaccatura dell’associazionismo familiare, ma è certo che da qui in avanti le diverse componenti del comitato promotore non rinunceranno a dire tutta la verità. Difendere i nostri figli, difendere la famiglia, esige di bloccare l’approvazione del ddl Cirinnà, esige di ribellarsi ai programmi scolastici che vogliono imporre l’educazione alla masturbazione e la cultura omosessualista fin dalle elementari, esige che si combatta decisamente per la libertà d’opinione. Si va a Roma per questo, in un clima di festa, per testimoniare la bellezza della famiglia, ma anche per mandare un messaggio chiaro ai politici e al governo: non accetteremo passivamente questa nuova forma di dittatura.

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«Non c'è 'no' al gender senza 'no' al ddl Cirinnà»


Il prossimo 20 giugno si terrà a Roma una grande mobilitazione per la famiglia. Si tratta di un evento organizzato dal “Comitato difendiamo i nostri figli” cui stanno lavorando molti amici che da mesi, anzi anni, si spendono senza sosta per denunciare la pericolosa invasione dell’ideologia gender nella nostra vita attraverso la cultura, le leggi, l’informazione, la scuola, la medicina, ecc. Sono amici che coraggiosamente e instancabilmente hanno strappato tempo ed energie alle proprie vite perché coscienti della sfida epocale che ci troviamo di fronte e non hanno avuto paura di dire la verità rischiando in prima persona.
“I figli non si pagano”, “gli uteri non si affittano”, “i bambini hanno bisogno di un papà e una mamma”, “le unioni tra persone dello stesso non sono una famiglia”, “l’omosessualità non è una pulsione determinante e definitiva della persona e non è una variante del comportamento umano”, “l’amore non è un sentimento o un diritto ma un sacrificio”, “non esiste il diritto al figlio”, “il gender nelle scuole violenta i più piccoli e li danneggia nella fase della crescita”.
Per aver affermato queste semplici verità molti del “Comitato difendiamo i nostri figli” sono stati pesantemente attaccati, ma questo non li ha fermati dal decidere di mettersi insieme e di scendere in piazza, coscienti che non c’è verità che possa provocare davvero se non quella pronunciata pubblicamente.
Lo hanno fatto spinti dall’urgenza di una legge che il governo si prepara ad approvare, quella sulle cosiddette “unioni civili”, un ddl che di civile non ha nulla e che la civiltà la distrugge minando la sua cellula fondante: la famiglia. Un testo, il ddl Cirinnà, che equipara queste unioni al matrimonio e apre all’abominevole pratica dell’utero in affitto per cui presto nel nostro paese un bambino potrà crescere deliberatamente privato da uno dei suoi genitori biologici, o di entrambi.
Per questo hanno chiamato tutti in piazza san Giovanni a Roma il prossimo 20 giugno, e per questo il popolo che hanno incontrato in questi mesi, prontamente si è preparato a rispondere e si è mobilitato nonostante lo scarso preavviso, le difficoltà logistiche e il costo del viaggio. Il popolo non ha tentennato perché è cosciente che questa legge costituisce uno spartiacque da cui poi non si potrà tornare indietro. Ed è cosciente che il Governo ne ha annunciato il varo in estate.
Per questo è importante andare fino in fondo senza paura.
Per questo occorre dire no a questo testo oltre che dire no al gender.
Il “no” al ddl Cirinnà dovrà qui risuonare forte da quella piazza, per dare forma concreta a quel no ripetuto tante volte all’interno di conferenze, incontri, convegni, per esprimere la voce dei tanti che saranno in piazza senza microfono ma che con la loro presenza testimonieranno dissenso rispetto a questo testo. Non è possibile infatti dire “no al gender nelle scuole” se non dicendo no al gender nella società, nella vita delle persone e dei bambini che saranno cresciuti da coppie formate da persone dello stesso sesso private dei genitori.
Questo “no” sicuramente sarà impopolare, attirerà molte critiche e darà fastidio. Ma noi sappiamo che questo “no” è anche per chi ci contesta, critica o rimprovera, perché questo “no” è il riconoscimento che c’è un progetto iscritto nella nostra stessa natura di uomini e di donne che nessuna legge potrà mai cambiare e che è giusto difendere con tutte le proprie forze. Senza questo “no”, il “sì alla famiglia” è impossibile e resterebbe astratto.
La questione infatti va oltre gli pseudo matrimoni tra persone dello stesso sesso, il problema è che quando una società riconosce come ammissibili e tollerabili unioni contrarie alla natura, questa società implode. Non arrivare fino a dire questo sarebbe un tradimento di questo popolo oltre che una resa.
Il “no” al Ddl Cirinnà dovrà quindi risuonare pubblicamente forte da quel palco, per fedeltà nei confronti del popolo che faticosamente, con il contributo di tanti, si è costruito in questi mesi, e per fedeltà alla verità, che si imporrà in quella piazza come accade nella vita.
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