martedì 7 luglio 2015

Incontro con il mondo della scuola e dell’università presso la Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, Quito. Discorso di Papa Francesco



Incontro con il mondo della scuola e dell’università presso la Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, Quito. Papa Francesco: "Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva. Non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla. Oggi questo invito si impone a noi con forza"

 Sala stampa della Santa Sede 

Fratelli nell’Episcopato,
Signor Rettore,
Distinte autorità,
Cari professori e alunni,
Amici e amiche!
Provo una grande gioia nel trovarmi questo pomeriggio insieme a voi in questa Pontificia Università dell’Ecuador, che da quasi settant’anni realizza e attualizza la fruttuosa missione educatrice della Chiesa al servizio degli uomini e delle donne di questa Nazione. Vi ringrazio per le gentili parole con cui mi avete accolto e mi avete trasmesso le inquietudini e le speranze che sorgono in voi davanti alla sfida, personale e sociale, dell’educazione. (...)

Nel Vangelo abbiamo ascoltato come Gesù, il Maestro, insegnava alla folla e al piccolo gruppo dei discepoli, adeguandosi alla loro capacità di comprensione. Lo faceva con parabole, come quella del seminatore (Lc 8,4-15). (...) In modo che tutti potessero capire. Gesù non cercava di “sdottorare”. Al contrario, vuole arrivare al cuore dell’uomo, al suo ingegno, alla sua vita, affinché questa dia frutto.
La parabola del seminatore ci parla di coltivare. Ci indica i tipi di terreno, i tipi di semina, i tipi di frutto e la relazione che tra questi si crea. Già dalla Genesi, Dio sussurra all’uomo questo invito: coltivare e custodire (cfr Gen 2,15).
Non gli dà solamente la vita, gli dà la terra, il creato. Non gli dà solamente una compagna e infinite possibilità. Gli fa anche un invito, gli dà una missione. Lo invita a far parte della sua opera creatrice e gli dice: coltiva! Ti affido le sementi, la terra, l’acqua, il sole, ti do le tue mani e quelle dei tuoi fratelli. Ecco, è anche tuo. E’ un regalo, un dono, un’offerta. Non è qualcosa di acquistato, di comprato. Ci precede e ci succederà.
E’ un dono dato da Dio affinché con Lui possiamo farlo nostro. Dio non vuole un creato per sé, per guardare sé stesso. Tutto al contrario. Il creato è un dono che dev’essere condiviso. E’ lo spazio che Dio ci dà per costruire con noi, per costruire un “noi”. Il mondo, la storia, il tempo, è il luogo dove andiamo a costruire il noi con Dio, il noi con gli altri, il noi con la terra. La nostra vita nasconde sempre questo invito, un invito più o meno consapevole, che permane sempre.
Notiamo però una particolarità. Nel racconto della Genesi, insieme alla parola “coltivare”, immediatamente ne dice un’altra: “custodire”, avere cura. Una si comprende a partire dall’altra. Una mano va verso l’altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva.
Non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla. Oggi questo invito si impone a noi con forza. Non come una semplice raccomandazione, ma come un’esigenza che nasce «per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla…per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra» (Enc. Laudato si’, 2).
Esiste una relazione fra la nostra vita e quella della nostra madre terra. Fra la nostra esistenza e il dono che Dio ci ha dato. «L’ambiente umano e l’ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale» (ibid., 48). Però così come diciamo “si degradano”, allo stesso modo possiamo dire “si sostengono e si possono trasfigurare”. E’ una relazione che custodisce una possibilità, tanto di apertura, di trasformazione, di vita, quanto di distruzione e di morte.
Una cosa è certa: non possiamo continuare a girare le spalle alla nostra realtà, ai nostri fratelli, alla nostra madre terra. Non ci è consentito ignorare quello che sta succedendo attorno a noi come se determinate situazioni non esistessero o non avessero nulla a che vedere con la nostra realtà. 
(...)
 Ancora una volta, si ripete con forza questa domanda di Dio a Caino: “Dov’è tuo fratello?”. Io mi chiedo se la nostra risposta continuerà ad essere: “Sono forse io il custode di mio fratello?” (Gen 4,9). (...)
In questo contesto universitario sarebbe bello interrogarci sulla nostra educazione di fronte a questa terra che grida verso il cielo.
Le nostre scuole sono un vivaio, una possibilità, terra fertile che dobbiamo curare, stimolare e proteggere. Terra fertile assetata di vita.
Mi chiedo insieme con voi educatori: vegliate sui vostri studenti aiutandoli a sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del mondo d’oggi? Uno spirito che sia in grado di trovare nuove risposte alle molte sfide che la società ci presenta? Siete in grado di incoraggiarli a non ignorare la realtà che li circonda? 
(...) Come entra nei diversi programmi universitari o nelle diverse aree di lavoro educativo la vita intorno a noi con le sue domande, i suoi interrogativi, le sue questioni? Come generiamo e accompagniamo il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo più umano? (...)
 C’è una riflessione che ci coinvolge tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: come possiamo aiutare i nostri giovani a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, soldi, prestigio sociale. Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell’ambiente.
E con voi, cari giovani, presente e futuro dell’Ecuador, 
(...) seme di trasformazione di questa società, vorrei chiedermi: sapete che questo tempo di studio che avete, non è solo un diritto, ma anche un privilegio? Quanti amici, conoscenti o sconosciuti, vorrebbero un posto in questo luogo e per diverse circostanze non lo hanno avuto? In quale misura il nostro studio ci aiuta a solidarizzare con loro? (...) 
Le comunità educative hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi. (...) 
Di fronte alla globalizzazione del paradigma tecnocratico che tende a credere «che ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale, di pienezza di valori, come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia» (Enc. Laudato si’, 105), ci viene chiesto che con urgenza ci si affretti a pensare, a cercare, a discutere sulla nostra situazione attuale; (...) su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli, per i nostri nipoti. Questa terra l’abbiamo ricevuta come eredità, come un dono, come un regalo. Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all'esistenza? «A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo?» (ibid., 160).
Le iniziative individuali sono sempre buone e fondamentali, ma ci viene chiesto di fare un ulteriore passo avanti: ci incoraggiano a guardare la realtà in modo organico e non frammentario; a porci domande che includono tutti noi, dal momento che tutti «sono relazionati tra loro» (ibid., 138). 
(...)
 Come Università, come istituzioni educative, come docenti e studenti, la vita vi sfida a rispondere a questa domanda: perché abbiamo bisogno di questa terra? Dov’è tuo fratello?
Possa lo Spirito Santo ispirarci e accompagnarci, perché Egli ci ha chiamato, ci ha invitato, ci ha dato l’opportunità e, al tempo stesso, la responsabilità di dare il meglio di noi. Ci dia la forza e la luce di cui abbiamo bisogno. È lo stesso Spirito che il primo giorno della creazione aleggiava sulle acque cercando di trasformare, cercando di dare la vita. È lo stesso Spirito che ha dato ai discepoli la forza della Pentecoste. È lo stesso Spirito che non ci abbandona e diventa un tutt’uno con noi per trovare nuovi modi di vita. Che sia Lui il nostro maestro e compagno di viaggio. Grazie. 

*


Pontificia Universidad Católica de Ecuador. Encuentro de Papa Francisco con el mundo de la educación. Testimonios
 Sala stampa della Santa Sede 
1. Intervención de Etna Martínez, Docente en el Colegio "Madre Bernarda"
2. Intervención de Carolayne Espinoza Jiménez, alumna de un colegio de Portoviejo 
3. Intervención del Ing. Fabian Carrasco Castro, Rector de la Universidad De Cuenca, en representación de los Docentes y Adminsitrativos
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1. Intervención de Carolayne Espinoza Jiménez, alumna de un colegio de PortoviejoSanto Padre,
Al encuentro que Su Santidad está teniendo con el mundo de la educación, hemos sido invitados también los jóvenes, los destinatarios de la educación, para unir nuestra voz a la de cuantos sueñan un mundo mejor, en camino hacia el cumplimiento del Evangelio de Jesús entre nosotros. Mi nombre es Carolayne Espinoza, tengo 20 años de edad, soy de la ciudad de Manta y estudiante de la Universidad Laica "Eloy Alfaro" de Manabí, que está ubicada en esta misma ciudad, y provengo de un hogar católico practicante. Mis padres son artesanos. Formo también parte del Equipo arquidiocesano de pastoral juvenil, en la Arquidiócesis de Portoviejo en Manabí.
Tengo el honor y la alta responsabilidad de dirigirme a Su Santidad, y a todos los presentes, en nombre de los estudiantes de los diferentes centros educativos y universidades de nuestro país, y de interpretar sus aspiraciones juveniles.

Como jóvenes estamos necesitados de maestros, educadores, profesores, padres de familia, consagrados y sacerdotes, que no solo nos transmitan conocimientos y herramientas técnicas, sino que principalmente sean para nosotros guías espirituales, que nos ayuden a orientar nuestras vidas y los grandes dones que hemos recibido de Dios, no para un beneficio personal, sino como regalos de amor a la humanidad.
Por ello aspiramos que en nuestros centros educativos se dé apertura a todas las dimensiones de la realidad humana, a la búsqueda y la valoración de la verdad, al aprecio por la sabiduría. A que en nuestro pais pueda, finalmente, superarse el equívoco de que la dimensión religiosa, y todo lo que ella ha producido en cultura y humanidad, debe ser excluida de las aulas para proteger la libertad personal y la conciencia de cada uno. Mientras, por otra parte, el agnosticismo, e incluso el ateísmo, son ordinariamente propuestos. Es un equívoco, Santidad, que lleva ya más de un siglo entre nosotros... Los jóvenes, aunque valoramos los esfuerzos realizados para una educación de calidad, consideramos, por el contrario, que corresponde al Estado ser facilitador y no barrera, para las nuevas generaciones, de todo el patrimonio y la riquezas humanas de la sociedad, incluido el religioso. Sólo así podremos ser agentes de cambios positivos.
Pueden tal vez sorprender estas palabras, Santo Padre, pero somos jovenes, y Su misma Santidad nos animó en Río de Janeiro a "hacer lío", no puramente para molestar, sino para que nuestras aspiraciones por un mundo más justo, fundamentado sobre la solidaridad y el amor cristiano, vuelvan a orientar la historia del mundo, en contra del egoísmo y las ofertas locas de felicidad barata que predican los que quieren introducirnos por los caminos de lo superficial y lo efímero.
Tenemos capacidades, dones y talentos; nos sentimos capaces de llegar muy lejos, de construir un futuro próspero y un Ecuador más libre, más justo y más solidario; más al estilo del Reino de Dios. Podemos tomar todo lo bueno que recibimos de nuestros, padres, docentes y educadores, y también de nuestra Iglesia, como un don recibido del Altísimo, por puro amor. Y ponerlo todo al servicio de los demás.
Reconocemos que vivimos tiempos fidiciles, que los jóvenes estamos sometidos a muchas pruebas, dificultades y tentaciones; que somos débiles y muchas veces nos dejamos llevar por la moda y las nuevas corrientes. Por eso, Santo Padre, confiamos nuestros defectos y nuestras aspiraciones a María Santísima, a Quien invocamos como Madre amorosa, y pedimos a Su Santidad, con fe, su Apostólica Bendición. Gracias, Santo Padre; también nosotros nos comprometemos a orar por Su Santidad y por su Misión de Vicario de Cristo.

2. Intervención de Etna Martínez, Docente en el Colegio "Madre Bernarda"Querido Papa Francisco
Señores cardenales
Estimados docentes
Queridos hermanos y hermananas,
Tengo el honor de hacer uso de la palabra a nombre de todas las maestras y maestros católicos del Ecuador, para dar la Bienvenida al Papa Francisco, representante de la Iglesia católica en el Mundo, que el tiempo de permanencia en esta ciudad de Quito, capital de los 15 millones de ecuatorianos, sea de completo agrado y lo disfrute en compañía de la gente que loqueremos mucho por ser un latino como nosotros, razón por la cual nos sentimos identificados y congratulados con vuestra presencia.
Queridos hermanos, este día, es único y maravilloso, por la grata presencia del Papa Francisco, que marca la historia con letras indelebles para el pueblo ecuatoriano, para la educación, que es una gran obra en construcción en la que la iglesia desde siempre está presente en las instituciones educativas, con proyectos propios, siguiendo las enseñanzas del maestro de maestros “Jesús”, en donde se forma a hombres y mujeres de bien, que tanto necesita el mundo entero.
Excelentísimo Papa Francisco, estáis en el país de 3 santos: Marianita de Jesús, conocida como la "Azucena de Quito", Narcisa de Jesús Martillo Morán y el Hno. Miguel que además de ser un Santo fue un educador, modelo a seguir, como educador en el sentido que "nadie educa sin saber para qué educa" como profesor todo profesor profesa, y nadie profesa sin profesar alguna cosa; así como en el ámbito de la enseñanza la neutralidad no existe, y no existe, por la sencilla razón de que nadie educa sin finalidad y nadie profesa sin contenido.
Querido Papa Francisco quiero referirme a la realidad educativa, desde la voz de ésta docente, comprometida con el Nuevo Modelo de Gestión Educativa en beneficio de los niños y jóvenes de esta patria grande, para ello, empezaré limitándome a recordar los rasgos de la figura del educador católico y dc su tarea específica: sabiendo que Educar es un acto de amor, es dar vida y como el amor es exigente, pide donamos, dando lo mejor de sí mismos y utilizar los mejores recursos materiales y tecnológicos, para despertar la pasión por el conocimiento, promoviendo el crecimiento humano y espiritual, pero sobre todo, dando testimonio de vida con el ejemplo, poniendo en marcha la sabiduría, la humildad,la paciencia, la solidaridad, el respeto y la fraternidad, virtudes que marcan la misión del maestro católico del Ecuador.
Entre los logros más importantes en e| campo educativo, tenemos: la acreditación desde la Organización de Bachillerato Internacional a más 56 instituciones Educativas que ofertan el Programa del Diploma financiado por el estado ecuatoriano para los estudiantes más destacados, se garantiza la gratuidad de lu educación para aumentar el acceso permanencia y culminación de los estudios de nuestros niños y jóvenes desde la entrega de libros y unifonnes.La calidad de la educación la garantizamos con decisión y voluntad política de hacer un verdadero cambio en la educación, con la participación de los maestros y maestras, de las instituciones educativas, que nos aferramos por un mundo más humano, justo y fraterno.
Queridos hermanos,es muy emocionante estar aquí, los profesorestenernos una cercanía con usted Papa Francisco, porque también usted fue profesor, Pablo VI decía "Todo cristiano debe ser un verdadero cristiano, un perfecto cristiano". ¿Y cómo se llama la vida perfecta de un cristiano? Sc llama "santidad", por ello, todo cristiano debe ser Santo. Gracias compañeros educadores católicos del Ecuador, por acompanarnos y vibrar con tu voz altiva ¡VIVA EL PAPA FRANCISCO! 

3. Intervención del Ing. Fabian Carrasco Castro, Rector de la Universidad De Cuenca, en representación de los Docentes y Adminsitrativos 
Su Santidad
Papa Francisco
La educación es la base de la felicidad de las naciones, de las familias y de los individuos; la educación hace buenos padres, buenos hijos y buenos ciudadanos.
Bajo este principio, los educadores ecuatorianos asistirnos entusiasmados a este encuentro histórico para nosotros, para las entidades a las que representamos con sus miles de profesores y personal administrativo, que trabajamos arduamente en todos los niveles, para brindar, a través de la enseñanza, las posibilidades de un mejor futuro, de una vida digna y honesta a los cientos de miles de estudiantes, a quienes proveemos servicios educativos.

Al mismo tiempo, estamos convencidos que una educación libre, independiente y de calidad es la única herramienta para que el desarrollo social, humano y económico del Ecuador sea posible. Por lo tanto, lo nuestro no soto debe ser una propuesta educativa, sino también de vida.
La contemporaneidad hace que nos veamos avocados a convivir en una sociedad diferente de la que conocíamos y en la que muchos de nosotros crecimos. Nos enfrentamos en la actualidad a un entorno distinto, lleno de información, conectado; el mundo se ha vuelto más pequeño y el ser humano más poderoso, a la sombra del avance tecnológico y económico. Este hecho no es negativo "per se"; sin embargo, la niñez y la juventud requieren de orientación y de una buena guía para enfrentar su futuro con entereza y de manera integral, desde la óptica de la fe y la esperanza.
En este sentido, padres y maestros son actores fundamentales de este proceso de enfrentamiento al mundo y a la vida cotidiana, no mediante el uso y aplicación únicamente de las prácticas tradicionales de la educación, sino de la aplicación de criterios innovadores, que vayan de acuerdo con los tiempos y los problemas actuales, que provoquen la curiosidad activa y la ferviente necesidad de progresar intelectualmente.
Sobre esta base, las escuelas, colegios y universidades ecuatorianas tienen una gran responsabilidad, de tal manera que, como ya lo dijo Ruskin, "educar a un niño no es hacerle aprender algo que no sabía, sino hacer de él alguien que no existía." ¡Ser TESTIGOS y no solo MAESTROS es su gran consejo, Santidad!
Somos apasionados de la educación. Los profesores ecuatorianos estamos convencidos de que solamente ella puede poner al Ecuador en el camino del progreso y permitir una convivencia armónica a largo plazo.
La educación es "el arma" más poderosa para cambiar el país. En los últimos veinte años, el Ecuador ha realizado importantes avances en materia educativa a todo nivel; con los esfuerzos del sector público y de la educación privada laica y fisco-misional, la cobertura educativa primaria y secundaria ha tenido una importante expansión, no solamente en las ciudades sino también en la periferia. De igual forma, las universidades ecuatorianas han realizado importantes esfuerzos para educar a profesionales competentes y comprometidos con la comunidad y su entorno. Sin temor a equivocarme y coincidiendo con muchos colegas, puedo afirmar que en el Ecuador la educación se ha convertido en la herramienta más importante de movilidad social y económica que el país posee.
Por supuesto, aún hay mucho por hacer. Un reto muy importante es mejorar el alcance y la calidad educativa a todo nivel, especialmente en aquellos sectores pobres y marginados donde todavía existen deudas sociales importantes que honrar y personas necesitadas, quienes no se educan porque así lo deseen, sino por falta de oportunidades, de acceso o simplemente porque ellos o sus familias deben pensar en cómo lograr su pan cotidiano.
Así mismo, las Universidades tenemos un gran compromiso nacional, no solo con formar buenos profesionales, sino en aportar, a través de una investigación científica de calidad, con altos estándares éticos y con repercusión social al desarrollo integral del país y al progreso social cultural y humano de los ecuatorianos.
Los educadores en todos los niveles debemos centrar nuestros esfuerzos a la consecución de un gran acuerdo nacional por la educación de calidad; este acuerdo debe estar alejado de todo interés sectorial o político y tener como fin último el desarrollo nacional y el bienestar general.
Quisiera aprovechar esta oportunidad para desearle a Usted, Santo Padre Francisco, lo mejor, y no únicamente por su presencia en Ecuador este día, sino por todo lo bueno que personifica: por su entereza en tomar grandes decisiones, por su carisma en acercarse a los que más lo necesitan, pero sobre todo por su humildad y su sencillez, que son las actitudes que guían su Pontificado e inspiran a la Iglesia.
Quisiera además ofrecerle, en nombre de todos los maestros ecuatorianos a los que hoy representamos, el símbolo de nuestro trabajo: un libro, editado hace muy poco por la Universidad de Cuenca; éste recoge un manuscrito inédito de 1940 de Remigio Romero y Cordero, uno de los grandes poetas cuencanos que interpreta en verso Las Florecillas de San Francisco, reflejo de su nombre y de su actitud.
Con alborozo, la República del Ecuador recibe su visita, y el encuentro al que asistimos el día de hoy tiene un significado muy especial; ya lo dijo Gabriela Mistral: "La educación es, tal vez, la forma más alta de buscar a Dios". Muchas gracias.

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Pontificia Universidad Católica de Ecuador. Encuentro con el mundo de la educación. Saludo al Santo Padre de Monseñor Alfredo José Espinoza Mateus, sdb, Obispo de Loja − Presidente de la Comisión Episcopal de Educación y Cultura
 Sala stampa della Santa Sede 
Santo Padre, 
con alegría hemos esperado este encuentro con usted. Le presento el saludo en nombre de todos los que llevan la tarea de educar en el Ecuador. Están aquí las principales autoridades educativas y educadores: sacerdotes, religiosos, religiosas y laicos de la Amazonia, de la Sierra, de la Costa y de Galápagos.
La historia de la Iglesia ecuatoriana está fuertemente ligada a la tarea educativa desde el afio de 1551 con la fundación de la escuela "San Juan Evangelista" por parte de Fray Jodoco Rique. Desde allí hasta el día de hoy, la Iglesia ha jugado un papel protagónico en la educación en el Ecuador, fundamentalmente con el trabajo de las congregaciones religiosas, tanto femeninas como masculinas y ha dado su fruto con la santificación del Hermano Miguel y la Beata Mercedes de Jesús Molina, de quien esperamos su pronta Canonización.
La Escuela Católica ha estado y está presente en medio de los más pobres. Especialmente destaco la labor en medio del mundo indígena de la Amazonía y de la Serranía, así como del campo y en los suburbios de las grandes ciudades. Estamos convencidos de que, como dice el Documento de Aparecida, somos una "Iglesia en misión", y nuestra misión como Escuela Católica es la de "Educar evangelizando" y "Evangelizar educando".
No nos resulta fácil educar hoy. Atravesamos diferentes problemas que buscamos ir solucionándolos a través del diálogo con las autoridades educativas. Pedimos se nos tome en cuenta al momento de emitir las políticas educativas nacionales. Somos claros en proclamar que la Constitución de la República garantiza a los padres de familia la libertad de educar a sus hijos en el modelo pedagógico y religioso que ellos escojan. Somos conscientes del gran aporte que la Escuela Católica ha dado y da al país y por ello nuestra presencia no puede ser desconocida. También, Santo Padre, la Educación Católica se encuentra afectada por la carencia de religiosos y religiosas que lideren procesos educativos católicos. No podemos perder la ilusión y el encanto por la pastoral educativa.
No nos resulta fácil financiar la tarea educativa en medio de los más pobres del Ecuador y en esto el Estado no puede desconocer su compromiso de financiar y apoyar nuestra labor. También nos vemos aquejados por diversas trabas y problemas en el campo administrativo escolar.
De manera especial Santo Padre, queremos que no se desconozca el derecho de que la Enseñanza Religiosa Escolar sea parte del currículo básico de nuestras escuelas.
Sabemos que la realidad del niño, adolescente y joven de hoy es compleja y que por ello, muchas veces el modelo educativo a nivel nacional no llega "al interior del ser humano" que se educa. Ello nos cuestiona y nos compromete al mismo tiempo a diseñar el modelo educativo, bajo la inspiración cristiana, el mismo que incluya la solución a los problemas fundamentales del ser humano. En nuestras escuelas debemos ofrecer respuestas integrales para los problemas actuales como el respeto a la vida, la promoción de valores humano-cristianos, la violencia al interior de las escuelas, el tráfico y consumo de drogas, la educación para el amor y la afectividad, entre otros.
Como Iglesia no podemos dejar la misión de educar y evangelizar. Ése es nuestro aporte para construir un mejor país y una sociedad más digna, justa y libre.
Santo Padre, estamos seguros, como "colega" que es nuestro, pues ha sido profesor, de que su palabra nos alentará y comprometerá aún más a vivir auténticamente nuestra misión de educadores. Queremos ser educadores en "salida" hacia la periferia existencial de la vida de nuestros niños y jóvenes y ello porque sabemos que "Educar es cuestión de corazón" y que "La Educación es un acto de amor, es dar vida".
Bienvenido Santo Padre.