lunedì 6 luglio 2015

Santa Messa al Parque de Los Samanes di Guayaquil. Omelia del Santo Padre



Santa Messa al Parque de Los Samanes di Guayaquil. Omelia del Santo Padre: “Tutto ebbe inizio perché “non avevano più vino”, e tutto si è potuto compiere perché una donna – la Vergine – è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio"
Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]
Il segno (...) indica frasi aggiunte dal Santo Padre e pronunciate a braccio.
"Pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, ci agita o ci manca, e ci mette nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un “noi”".
Il brano del Vangelo che abbiamo ora ascoltato (Gv2,1-11) rappresenta il primo segno prodigioso che si realizza nella narrazione del Vangelo di Giovanni. La preoccupazione di Maria, divenuta supplica a Gesù: “Non hanno più vino” e il riferimento a “l’ora” si comprenderanno nei racconti della Passione.
È bene che sia così, perché questo ci permette di scorgere l’ansia di Gesù di insegnare, accompagnare, guarire e rallegrare a partire da quell’appello di sua madre: “Non hanno più vino”. 
Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi e in amori gioiosi. Facciamo spazio a Maria, “la madre”, come afferma l’Evangelista. Facciamo insieme a lei l’itinerario di Cana. 
Maria è attenta, in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l’amore la fa “essere verso” gli altri. (...) E perciò si rende conto della mancanza del vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c’è più questo vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l’amore se n’è andato scivolando via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell’amore quotidiano! (...) La mancanza di vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutti il mondo attraversano. Maria non è una madre che “pretende”, non è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, di errori o disattenzioni. Maria è semplcimente madre! È presente, attenta e premurosa. (...) (Il Papa chiede a tutti di ripetere tre volte: Maria è Madre)
Maria però si rivolge con fiducia a Gesù, Maria prega. Non va dal maggiordomo, ma presenta direttamente la difficoltà degli sposi a suo Figlio. La risposta che riceve sembra scoraggiante: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». (v. 4). Ma intanto lei ha posto il problema nelle mani di Dio. La sua premura per le necessità degli altri anticipa “l’ora” di Dio. Maria è parte di quell’ora, dal presepe fino alla croce. Lei, che seppe «trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286) e ci ricevette come figli quando una spada le trafisse il cuore, ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche le preoccupazioni di Dio. 
Pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, ci agita o ci manca, e ci mette nei panni degli altri. (...) La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c’è un “noi”, che esiste un prossimo vicino, evidente: vive sotto lo stesso tetto, condivide con noi la vita e ha delle necessità. 
Maria, alla fine, agisce. Le parole: “Fate quello che vi dirà” (v. 5), rivolte a quelli che servivano, sono un invito rivolto anche a noi, a metterci a disposizione di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Il servizio è il criterio del vero amore. (...) E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo servitori per amore gli uni degli altri. (...) Nel seno della famiglia, nessuno è escluso; lì «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male. (...) Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si’, 213). La famiglia è l’ospedale più vicino (...) , la prima scuola dei bambini, il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev’essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il giusto senso dei servizi che la società presta ai cittadini. In effetti, questi non sono una forma di elemosina, ma un autentico “debito sociale” nei confronti dell’istituzione familiare, che tanto apporta al bene comune. 
La famiglia forma anche una piccola Chiesa, una “Chiesa domestica” che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente vicino l’amore di Dio. 
E nella famiglia (...) i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che “dovrebbe essere”. Il vino nuovo delle nozze di Cana nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiano tutti, nulla si scarta, niente è inutile. Poco prima di cominciare l’Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni concrete alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia deve affrontare nel nostro tempo. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro, ci scandalizza o ci spaventa, Dio –facendolo passare attraverso la sua “ora” – lo possa trasformare in miracolo. (...) 
Tutto ebbe inizio perché “non avevano più vino”, e tutto si è potuto compiere perché una donna – la Vergine – è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio. Però non è degno di minor considerazione il dato finale: hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, profonda e bella per la famiglia deve ancora arrivare. Viene il tempo in cui gustiamo l’amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno. Il vino migliore sta per venire per ogni persona che ha il coraggio di amare. (...) E viene anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare, e sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore. (...) Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l’altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. 
Come ci invita a fare Maria, facciamo “quello che Egli ci dirà” (cfr Gv 2,5) e siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia di essere famiglia e la gioia di vivere in famiglia. E così sia! 
Francese 
Le passage de l’Evangile que nous venons d’entendre est le premier signe prodigieux qui se réalise dans le récit de l’Evangile de Jean. La préoccupation de Marie, devenue requête à Jésus : “Ils n’ont pas de vin” et la référence à “l’heure”, cette préoccupation se comprendra grâce aux récits de la Passion. 
C’est bien qu’il en soit ainsi, parce que cela nous permet de voir la détermination de Jésus à enseigner, à accompagner, à guérir et à donner la joie à partir de cet appel au secours de la part de sa mère : “Ils n’ont pas de vin’’. 
Les noces de Cana se répètent avec chaque génération, avec chaque famille, avec chacun de nous et nos tentatives pour faire en sorte que notre coeur arrive à se fixer sur des amours durables, fécondes et joyeuses. Donnons à Marie une place ; ‘‘la mère’’ comme le dit l’évangéliste. Faisons avec elle l’itinéraire de Cana. 
Marie est attentive à ces noces déjà commencées, elle est sensible aux besoins des fiancés. Elle ne se replie pas sur elle-même, elle ne s’enferme pas, son amour fait d’elle un ‘‘être vers’’ les autres. Et pour cela, elle se rend compte du manque de vin. Le vin est signe de joie, d’amour, d’abondance. Combien de nos adolescents et jeunes perçoivent que dans leurs maisons depuis un moment il n’y en a plus ! Combien de femmes seules et attristées se demandent quand l’amour s’en est allé, quand la vie s’est obscurcie ! Combien de personnes âgées se sentent exclues de la fête de leurs familles, marginalisées et ne s’abreuvant pas de l’amour quotidien ! Le manque de vin peut aussi être l’effet du manque de travail, l’effet de maladies, de situations problématiques que nos familles traversent. Marie n’est pas une mère ‘‘qui réclame’’, elle n’est pas une belle-mère qui surveille pour s’amuser de nos incapacités, de nos erreurs ou manques d’attention. Marie est mère ! Elle est là, pleine d’attention et de sollicitude. 
Mais Marie recourt à Jésus avec confiance, Marie prie. Elle ne s’adresse pas au majordome ; directement, elle présente la difficulté des mariés à son Fils. La réponse qu’elle reçoit semble décourageante : « Que me veux-tu ? Mon heure n’est pas encore venue » (v. 4). Cependant, entre temps, elle a déjà remis le problème entre les mains de Dieu. Son empressement pour les besoins des autres accélère l’‘‘heure’’ de Jésus. Marie fait partie de cette heure, depuis la crèche jusqu’à la croix. Elle qui a su « transformer une grotte pour des animaux en maison de Jésus, avec de pauvres langes et une montagne de tendresse » (Evangelii Gaudium, n. 286) et qui nous a reçus comme fils quand une épée lui a traversé le coeur, nous enseigne à remettre nos familles entre les mains de Dieu ; à prier, en allumant l’espérance qui nous indique que nos préoccupations sont aussi celles de Dieu. 
Prier nous fait toujours sortir du périmètre de nos soucis, nous fait transcender ce qui nous fait mal, ce qui nous secoue ou nous manque à nous-mêmes et nous conduit à nous mettre dans la peau des autres, dans leurs souliers. La famille est une école où la prière nous rappelle aussi qu’il y a un nous, qu’il y a un prochain proche, sous les yeux : il vit sous le même toit, partage la vie et se trouve dans le besoin. 
Marie, enfin, agit. Les paroles « Tout ce qu’il vous dira, faites-le » (v. 5), adressées à ceux qui servaient, sont une invitation à nous aussi, invitation à nous mettre à la disposition de Jésus, qui est venu servir et non pour être servi. Le service est le critère du vrai amour. Et cela s’apprend spécialement en famille, où nous nous faisons serviteurs les uns des autres par amour. Au sein de la famille, personne n’est marginalisé ; là « on apprend à demander une permission avec respect, à dire ‘‘merci’’ comme expression d’une juste évaluation des choses qu’on reçoit, à dominer l’agressivité ou la voracité, et à demander pardon quand on cause un dommage. Ces petits gestes de sincère courtoisie aident à construire une culture de la vie partagée et du respect pour ce qui nous entoure » (Laudato si’, n. 213). La famille est l’hôpital le plus proche, la première école des enfants, le groupe de référence indispensable des jeunes, la meilleure maison de retraite pour les personnes âgées. La famille constitue la grande ‘‘richesse sociale’’ que d’autres institutions ne peuvent pas remplacer, qui doit être aidée et renforcée, pour ne jamais perdre le sens juste des services que la société prête aux citoyens. En effet, ces services ne sont pas une aumône, mais une vraie “dette sociale” à l’endroit de l’institution familiale, qui apporte tant au bien commun de tous. 
La famille forme aussi une petite Eglise, une “Eglise domestique” qui, avec la vie, achemine la tendresse et la miséricorde divine. Dans la famille, la foi se mélange au lait maternel : en expérimentant l’amour des parents, on sent proche l’amour de Dieu. 
Et dans la famille, les miracles se réalisent avec ce qu’il y a, avec ce que nous sommes, avec ce que l’on a à portée de main... bien souvent ce n’est pas l’idéal, ce n’est pas ce dont nous rêvons, ni ce qui “devrait être”. Le vin nouveau des noces de Cana provient des jarres de purification , c’est-à-dire de l’endroit où tous avaient laissé leurs péchés... “là où le péché s’est multiplié, la grâce a surabondé” (Rm 5, 20). Dans la famille de chacun d’entre nous et dans la famille commune que nous formons tous, rien n’est écarté, rien n’est inutile. Peu avant le début de l’Année Jubilaire de la Miséricorde, l’Eglise célèbrera le Synode Ordinaire consacré aux familles, pour faire mûrir un vrai discernement spirituel et trouver des solutions concrètes aux nombreuses difficultés et aux importants défis que la famille doit affronter de nos jours. Je vous invite à intensifier votre prière à cette intention, pour que même ce qui nous semble encore impur, nous scandalise ou nous effraie, Dieu – en le faisant passer par son “heure” – puisse le transformer en miracle. 
Tout a commencé parce qu’“ils n’avaient pas de vin”, et tout a pu se réaliser parce qu’une femme – la Vierge – était attentive, a su remettre dans les mains de Dieu ses préoccupations, et a agi avec bon sens et courage. Mais le résultat final n’est pas moindre : ils ont goûté le meilleur des vins. Et voici la bonne nouvelle : le meilleur des vins est sur le point d’être savouré, le plus admirable, le plus profond et le plus beau pour la famille reste à venir. Le temps reste à venir, où nous savourerons l’amour quotidien, où nos enfants redécouvriront l’espace que nous partageons, et les personnes âgées seront présentes dans la joie de chaque jour. Le meilleur des vins reste à venir. Le meilleur des vins reste à venir pour chaque personne qui se risque à l’amour. Et il reste à venir même si tous les paramètres et les statistiques disent le contraire ; le meilleur vin reste à venir en ceux qui aujourd’hui voient tout s’effondrer. Murmurez-le jusqu’à le croire: le meilleur vin reste à venir et susurrez-le aux désespérés ou aux mal-aimés. Dieu s’approche toujours des périphéries de ceux qui sont restés sans vin, de ceux à qui il ne reste à boire que le découragement ; Jésus a un faible pour offrir en abondance le meilleur des vins à ceux qui pour une raison ou une autre, sentent déjà que toutes leurs jarres se sont cassées. 
Comme Marie nous y invite, faisons “tout ce qu’il dira” et soyons reconnaissants que, à notre temps et à notre heure, le vin nouveau, le meilleur, nous fasse récupérer la joie d’être une famille. 
Inglese 
The Gospel passage which we have just heard is the first momentous sign in the Gospel according to John. Mary’s maternal concern is seen in her plea to Jesus: “They have no wine”, and Jesus’ reference to “his hour” will be more fully understood later, in the story of his Passion. 
This is good, because it allows us to see Jesus’ eagerness to teach, to accompany, to heal and to give joy, thanks to the words of his Mother: “They have no wine”. 
The wedding at Cana is repeated in every generation, in every family, in every one of us and our efforts to let our hearts find rest in strong, fruitful and joyful love. Let us make room for Mary, “the Mother” as the evangelist calls her. Let us journey with her to Cana. 
Mary is attentive in the course of this wedding feast, she is concerned for the needs of the newlyweds. She is not closed in on herself, worried only about her little world. Her love makes her “outgoing” towards others. So she notices that the wine has run out. Wine is a sign of happiness, love and plenty. How many of our adulescents and young people sense that these are no longer found in their homes? How many women, sad and lonely, wonder when love left, when it slipped away from their lives? How many elderly people feel left out of family celebrations, cast aside and longing each day for a little love? This lack of “wine” can also be due to unemployment, illness and difficult situations which our families may experience. Mary is not a “demanding” mother, a mother-in-law who revels in our lack of experience, our mistakes and the things we forget to do. Mary is a Mother! She is there, attentive and concerned. 
But Mary approaches Jesus with confidence, Mary prays. She does not go to the steward, she immediately tells her Son of the newlyweds’ problem. The response she receives seems disheartening: “What does it have to do with you and me? My hour has not yet come” (v. 4). But 
she nonetheless places the problem in God’s hands. Her concern to meet the needs of others hastens Jesus’ hour. Mary was a part of that hour, from the cradle to the cross. She was able “to turn a stable into a home for Jesus, with poor swaddling clothes and an abundance of love” (Evangelii Gaudium, 286). She accepted us as her sons and daughters when the sword pierced her heart. She teaches us to put our families in God’s hands, to pray, to kindle the hope which shows us that our concerns are also God’s concerns. 
Praying always lifts us out of our worries and concerns. It makes us rise above everything that hurts, upsets or disappoints us, and it puts us in the place of others, in their shoes. The family is a school where prayer also reminds us that we are not isolated individuals; we are one and we have a neighbour close at hand: he or she is living under the same roof, is a part of our life, and is in need. 
Mary finally acts. Her words, “Do whatever he tells you” (v. 5), addressed to the attendants, are also an invitation to us to open our hearts to Jesus, who came to serve and not to be served. Service is the sign of true love. We learn this especially in the family, where we become servants out of love for one another. In the heart of the family, no one is rejected. “In the family we learn how to ask without demanding, to say ‘thank you’ as an expression of genuine gratitude for what we have been given, to control our aggressivity and greed, and to ask forgiveness when we have caused harm. These simple gestures of heartfelt courtesy help to create a culture of shared life and respect for our surroundings” (Laudato Si’, 213). The family is the nearest hospital, the first school for the young, the best home for the elderly. The family constitutes the best “social capital”. It cannot be replaced by other institutions. It needs to be helped and strengthened, lest we lose our proper sense of the services which society as a whole provides. Those services are not a type of alms, but rather a genuine “social debt” with respect to the institution of the family, which contributes so greatly to the common good. 
The family is also a small Church, a “domestic Church” which, along with life, also mediates God’s tenderness and mercy. In the family, we imbibe faith with our mother’s milk. When we experience the love of our parents, we feel the closeness of God’s love. 
In the family, miracles are performed with what little we have, with what we are, with what is at hand… many times, it is not ideal, it is not what we dreamt of, nor what “should have been”. The new wine of the wedding feast of Cana came from the water jars, the jars used for ablutions, we might even say from the place where everyone had left their sins… “Where sin increased, grace abounded all the more” (Rom 5:20). In our own families and in the greater family to which we all belong, nothing is thrown away, nothing is useless. Shortly before the opening of the Jubilee Year of Mercy, the Church will celebrate the Ordinary Synod devoted to the family, deepen her spiritual discernment and consider concrete solutions to the many difficult and significant challenges facing families in our time. I ask you to pray fervently for this intention, so that Christ can take even what might seem to us impure, scandalous or threatening, and turn it – by making it part of his “hour” – into a miracle. 
It all began because “they had no wine”. It could all be done because a woman – the Virgin Mary – was attentive, left her concerns in God’s hands and acted sensibly and courageously. But there was more to come: everyone went on to enjoy the finest of wines. And this is the good news: the finest wines are yet to be tasted; for families, the richest, deepest and most beautiful things are yet to come. The time is coming when we will taste love daily, when our children will come to appreciate the home we share, and our elderly will be present each day in the joys of life. The finest of wines will come for every person who stakes everything on love. And it will come in spite of all the variables and statistics which say otherwise; the best wine is yet to come for those who today feel hopelessly lost. Say it until you are convinced of it: the best wine is yet to come. Whisper it to the hopeless and the loveless. God always seek out the peripheries, those who have run out of wine, those who drink only of discouragement. Jesus feels their weakness, in order to pour out the best wines for those who, for whatever reason, feel that all their jars have been broken.
As Mary bids us, let us “do what he tells us” and be thankful that in this, our time and our hour, the new wine, the finest wine, will make us recover the joy of being a family. 
Spagnolo
El pasaje del Evangelio que acabamos de escuchar es el primer signo portentoso que se realiza en la narración del Evangelio de Juan. La preocupación de María, convertida en súplica a Jesús: «No tienen vino» y la referencia a «la hora» se comprenderá, en los relatos de la Pasión. 
Está bien que sea así, porque eso nos permite ver el afán de Jesús por enseñar, acompañar, sanar y alegrar desde ese clamor de su madre: «No tienen vino». 
Las bodas de Caná se repiten con cada generación, con cada familia, con cada uno de nosotros y nuestros intentos por hacer que nuestro corazón logre asentarse en amores duraderos, fecundos y alegres. Demos un lugar a María, «la madre» como lo dice el evangelista. Hagamos con ella el itinerario de Caná. 
María está atenta en esas bodas ya comenzadas, es solícita a las necesidades de los novios. No se ensimisma, no se enfrasca en su mundo, su amor la hace «ser hacia» los otros. Y por eso se da cuenta de la falta de vino. El vino es signo de alegría, de amor, de abundancia. Cuántos de nuestros adolescentes y jóvenes perciben que en sus casas hace rato que ya no lo hay. Cuánta mujer sola y entristecida se pregunta cuándo el amor se fue, se escurrió de su vida. Cuántos ancianos se sienten dejados fuera de la fiesta de sus familias, arrinconados y ya sin beber del amor cotidiano. También la carencia de vino puede ser el efecto de la falta de trabajo, enfermedades, situaciones problemáticas que nuestras familias atraviesan. María no es una madre «reclamadora», no es una suegra que vigila para solazarse de nuestras impericias, errores o desatenciones. ¡María es madre!: Ahí está, atenta y solícita. 
Pero María acude con confianza a Jesús, María reza. No va al mayordomo; directamente le presenta la dificultad de los esposos a su Hijo. La respuesta que recibe parece desalentadora: «¿Qué podemos hacer tú y yo? Todavía no ha llegado mi hora» (Jn 2,4). Pero, entre tanto, ya ha dejado el problema en las manos de Dios. Su premura por las necesidades de los demás apresura la «hora» de Jesús. María es parte de esa hora, desde el pesebre a la cruz. Ella que supo «transformar una cueva de animales en la casa de Jesús, con unos pobres pañales y una montaña de ternura» (Evangelii gaudium, 286) y nos recibió como hijos cuando una espada le atravesaba el corazón, nos enseña a dejar nuestras familias en manos de Dios; rezar, encendiendo la esperanza que nos indica que nuestras preocupaciones son también preocupaciones de Dios. 
Rezar siempre nos saca del perímetro de nuestros desvelos, nos hace trascender lo que nos duele, nos agita o nos falta a nosotros mismos y ponernos en la piel de los otros, en sus zapatos. La familia es una escuela donde la oración también nos recuerda que hay un nosotros, que hay un prójimo cercano, patente: vive bajo el mismo techo, comparte la vida y está necesitado. 
María, finalmente, actúa. Las palabras «Hagan lo que Él les diga» (v. 5), dirigidas a los que servían, son una invitación también a nosotros, a ponernos a disposición de Jesús, que vino a servir. 
La familia es el hospital más cercano, la primera escuela de los niños, el grupo de referencia imprescindible para los jóvenes, el mejor asilo para los ancianos. La familia constituye la gran «riqueza social», que otras instituciones no pueden sustituir, que debe ser ayudada y potenciada, para no perder nunca el justo sentido de los servicios que la sociedad presta a los ciudadanos. En efecto, estos no son una forma de limosna, sino una verdadera «deuda social» respecto a la institución familiar, que tanto aporta al bien común de todos. 
yno a ser servido. El servicio es el criterio del verdadero amor. Y esto seaprende especialmenteenla familia, donde nos hacemos servidores por amor los unos de los otros. En el seno de la familia,nadie es descartado; allí «se aprende a pedir permiso sin avasallar, a decir“gracias” como expresiónde una sentida valoración de las cosas que recibimos, a dominar la agresividad o la voracidad, yapedir perdón cuando hacemos algún daño. Estos pequeñosgestos de sincera cortesía ayudan aconstruir una cultura de la vida compartiday del respeto a lo que nos rodea»(Laudato si’,213). Lafamilia es el hospital más cercano, la primera escuela de los niños, el grupo de referencia imprescindible para losjóvenes, el mejorasilo para los ancianos. La familia constituye lagran «riqueza social», que otras instituciones no pueden sustituir, que debe ser ayudaday potenciada,para no perder nunca eljusto sentido de los servicios que la sociedad presta a los ciudadanos. Enefecto, estos no son una forma de limosna, sino una verdadera«deuda social»respecto a lainstitución familiar, que tanto aporta al bien común de todos.
La familia también forma una pequeñaIglesia, una«Iglesia doméstica»que, junto con lavida, encauza la ternura yla misericordia divina.En la familia la fe se mezcla con la leche materna:experimentando el amorde los padres se siente cercano elamor de Dios.
Y en la familia los milagros se hacen con lo que hay, con lo que somos, con lo que uno tienea mano… muchas vecesno es el ideal, no es lo que soñamos, ni lo que«debería ser».El vino nuevo de las bodas de Caná nace de las tinajas de purificación, es decir, del lugar donde todos habíandejado su pecado…«donde abundó el pecado, sobreabundó lagracia»(Rm5,20). En lafamiliadecada uno de nosotrosyen la familia común que formamos todos, nada se descarta, nada es inútil. Poco antes de comenzarelAño Jubilar de la Misericordia, laIglesiacelebraráel Sínodo Ordinario dedicado a las familias, para madurar un verdadero discernimiento espiritualyencontrar solucionesconcretas a las muchas dificultades e importantes desafíos que la familia debe afrontaren nuestrosdías. Les invito a intensificar su oración por esta intención, para que aunaquello que nos parezcaimpuro, nos escandaliceo espanta, Dios–haciéndolo pasar por su«hora»–lo pueda transformar enmilagro.
Todo comenzó porque«no tenían vino», y todo se pudo hacer porque unamujer–la Virgen–estuvo atenta, supo poner en manos de Dios sus preocupaciones, yactuó con sensatezy coraje. Perono es menor el dato final: gustaron el mejor de los vinos. Y esa es la buena noticia: el mejor delosvinos está por ser tomado, lo más lindo, profundo y bello para lafamilia está por venir. Está porvenir el tiempo dondegustamos el amor cotidiano, donde nuestros hijos redescubren el espacio quecompartimos, y los mayores están presentes en el gozo decada día. El mejor de los vinos está porvenir para cada persona que se arriesga al amor. Y está por venir aunque todas las variablesyestadísticas digan lo contrario; el mejor vino está por venir en aquellosque hoy ven derrumbarsetodo. Murmúrenlo hasta creérselo: el mejor vinoestá por venir,y susúrrenselo a los desesperados odesamorados.Dios siempre se acerca a las periferias de los que se han quedado sin vino, los quesólo tienen para beber desalientos; Jesús siente debilidad por derrocharel mejor de los vinosconaquellos a los que por una u otra razón, ya sienten que se les han roto todas las tinajas.
Como María nos invita, hagamos«lo que él nosdiga»yagradezcamos que en este nuestro tiempo y nuestra hora, el vino nuevo, el mejor, nos haga recuperarel gozo de ser familia.
Portoghese 
A passagem do Evangelho que acabámos de ouvir é o primeiro sinal portentoso que se realiza segundo a narrativa do Evangelho de João. A preocupação de Maria, transformada em súplica a Jesus: «Não têm vinho!» e a referência à «hora» compreender-se-ão nos relatos da Paixão. 
É bom que assim seja, porque permite-nos ver a ânsia de Jesus por ensinar, acompanhar, curar e alegrar a começar da súplica de sua Mãe: «Não têm vinho!» 
As bodas de Caná repetem-se em cada geração, em cada família, em cada um de nós e nossas tentativas de fazer com que o nosso coração consiga apoiar-se em amores duradouros, fecundos e felizes. Demos um lugar a Maria, «a mãe», como diz o evangelista. Façamos com Ela o itinerário de Caná. 
Maria está atenta naquelas bodas já iniciadas, é solícita pelas necessidades dos esposos. Não Se fecha em Si mesma, não Se encerra no seu mundo; o seu amor fá-La «ser para» os outros. E, por isso, Se dá conta da falta de vinho. O vinho é sinal de alegria, de amor, de abundância. Quantos dos nossos adolescentes e jovens percebem que, em suas casas, há muito que não existe nenhum! Quantas mulheres, sozinhas e tristes, se interrogam quando foi embora o amor, quando se diluiu da sua vida! Quantos idosos se sentem deixados fora da festa das suas famílias, abandonados num canto e já sem beber do amor diário. A falta de vinho pode ser efeito também da falta de trabalho, doenças, situações problemáticas que as nossas famílias atravessam. Maria não é uma mãe 
«reclamadora», não é uma sogra que espia para se consolar com as nossas inexperiências, erros ou descuidos. Maria é mãe! Permanece ao nosso lado, atenta e solícita. 
Maria, porém, dirige-Se com confiança a Jesus, Maria reza. Não vai ao chefe de mesa; apresenta a dificuldade dos esposos directamente a seu Filho. A resposta que recebe parece desalentadora: «Que tem isso a ver contigo e comigo? Ainda não chegou a minha hora» (v. 4). Mas, entretanto, já deixou o problema nas mãos de Deus. A sua solicitude pelas necessidades dos outros apressa a «hora» de Jesus. Parte desta hora, desde o presépio até à cruz – Ela soube «transformar um curral de animais na casa de Jesus, com uns pobres paninhos e uma montanha de ternura» (EG 286), e recebeu-nos como filhos quando uma espada Lhe trespassava o coração –, Maria ensina-nos a deixar as nossas famílias nas mãos de Deus; a rezar, acendendo a esperança que nos indica que as nossas preocupações também preocupam a Deus. 
Rezar sempre nos arranca do perímetro das nossas preocupações, fazendo-nos transcender aquilo que nos magoa, agita ou falta a nós mesmos para nos colocarmos na pele dos outros, calçarmos os seus sapatos. A família é uma escola onde a oração também nos lembra que há um nós, que há um próximo vizinho, patente: vive sob o mesmo tecto, compartilha a vida e está necessitado. 
Maria, finalmente, actua. As palavras «fazei o que Ele vos disser» (v. 5), dirigidas aos serventes, são um convite dirigido também a nós para nos colocarmos à disposição de Jesus, que veio para servir e não para ser servido. O serviço é o critério do verdadeiro amor. E isto aprende-se especialmente na família, onde nos tornamos servidores uns dos outros por amor. Dentro da família, ninguém é descartado; nela, «aprende-se a pedir licença sem servilismo, a dizer “obrigado” como expressão duma sentida avaliação das coisas que recebemos, a dominar a agressividade ou a ganância, e a pedir desculpa quando fazemos algo de mal. Estes pequenos gestos de sincera cortesia ajudam a construir uma cultura da vida compartilhada e do respeito pelo que nos rodeia» (LS 213). A família é o hospital mais próximo, a primeira escola das crianças, o grupo de referência imprescindível para os jovens, o melhor asilo para os idosos. A família constitui a grande «riqueza social», que outras instituições não podem substituir, devendo ser ajudada e reforçada para não perder jamais o justo sentido dos serviços que a sociedade presta aos cidadãos. Com efeito, estes não são uma espécie de esmola, mas uma verdadeira «dívida social» para com a instituição familiar, que tanto contribui para o bem comum de todos. 
A família também forma uma pequena Igreja, uma «Igreja doméstica» que, juntamente com a vida, canaliza a ternura e a misericórdia divina. Na família, a fé mistura-se com o leite materno: experimentando o amor dos pais, sente-se envolvido pelo amor de Deus. 
E, na família, os milagres fazem-se com o que há, com o que somos, com aquilo que a pessoa tem à mão. Muitas vezes não é o ideal, não é o que sonhamos, nem o que «deveria ser». O vinho novo das bodas de Caná nasce das talhas de purificação, isto é, do lugar onde todos tinham deixado o seu pecado. «Onde abundou o pecado, superabundou a graça» (Rm 5, 20). Na família de cada um de nós e na família comum que todos formamos, nada se descarta, nada é inútil. Pouco antes de começar o Ano Jubilar da Misericórdia, a Igreja vai celebrar o Sínodo Ordinário dedicado às famílias, para amadurecer um verdadeiro discernimento espiritual e encontrar soluções concretas para as inúmeras dificuldades e importantes desafios que a família deve enfrentar nos nossos dias. Convido-vos a intensificar a vossa oração por esta intenção: para que, mesmo aquilo que nos pareça impuro, nos escandalize ou espante, Deus – fazendo-o passar pela sua «hora» - possa milagrosamente transformá-lo. 
Tudo começou porque «não tinham vinho» e tudo se pôde fazer porque uma mulher – a Virgem Maria – esteve atenta, soube pôr nas mãos de Deus as suas preocupações e agiu com sensatez e coragem. Mas, não é menos significativo o dado final: saborearam o melhor dos vinhos. E esta é a boa nova: o melhor dos vinhos ainda não foi bebido, o mais gracioso, profundo e belo para a família ainda não chegou. Ainda não veio o tempo em que saboreamos o amor diário, onde os nossos filhos redescobrem o espaço que partilhamos, e os mais velhos estão presentes na 
alegria de cada dia. O melhor dos vinhos ainda não veio para cada pessoa que aposta no amor. E ainda não veio, mesmo que todas as variáveis e estatísticas digam o contrário; o melhor vinho ainda não chegou para aqueles que hoje vêem desmoronar-se tudo. Murmurai até acreditá-lo: o melhor vinho ainda não veio; e sussurrai-o aos desesperados ou que desistiram do amor. Deus sempre Se aproxima das periferias de quantos ficaram sem vinho, daqueles que só têm desânimos para beber; Jesus sente-Se inclinado a desperdiçar o melhor dos vinhos com aqueles que, por uma razão ou outra, sentem que já se lhes romperam todas as talhas. 
Como Maria nos convida, façamos «o que Ele nos disser» e agradeçamos por, neste nosso tempo e nossa hora, o vinho novo, o melhor, nos fazer recuperar a alegria de ser família. 
***
Al termine della Santa Messa, l’Arcivescovo di Guayaquil, S.E. Mons. Antonio Arregui Yarza, rivolge al Papa un indirizzo di saluto e ringraziamento. 
Pranzo con la Comunità del Collegio Javier a Guayaquil 
Conclusa la Celebrazione Eucaristica al Parque de Los Samanes a Guayaquil, il Santo Padre Francesco raggiunge il Collegio Javier della Compagnia di Gesù e si trattiene a pranzo con i gesuiti della Comunità e con il seguito papale. 
Nel pomeriggio, il Papa si trasferisce in auto all’aeroporto internazionale di Guayaquil da dove, alle ore 17.10, decolla per rientrare a Quito.