Articolo tratto da Rimini2.0 – È in uscita da Ares (presentazione con l’autore, intervistato da Paolo Facciotto, il 22 agosto, ore 18, a Villa Manzoni, Dogana di San Marino, promossa dalla Fondazione Internazionale Giovanni Paolo II per il magistero sociale della Chiesa) un libro scritto da mons. Luigi Negri – dal 2005 al 2012 vescovo di San Marino-Montefeltro e in seguito di Comacchio-Ferrara e Abate di Pomposa – che sferza la chiesa a guardare in faccia “contraddizioni e tradimenti” e alla “crisi di coscienza della propria identità”. Si è oscurata l’identità della chiesa, dice il vescovo, “è come se l’identità ecclesiale dipendesse da fattori che sono secondari quanto inefficaci, come un certo consenso della mentalità dominante, alla quale tanta ecclesiasticità corre dietro, o un certo benessere di carattere psicologico e affettivo all’interno delle nostre comunità ecclesiali che, come diceva acutamente Benedetto XVI, rischiano di diventare centri di «psicanalisi fai da te».” E ancora: “Una Chiesa che non si ponga come un punto di contraddizione profondo, reale, dell’ideologia dominante, è una Chiesa che non rivela tutta la capacità salvifica che la fede in Cristo ha”. Sta prevalendo, incalza Negri, “una sorta di autoridimensionamento della Chiesa in termini di riduzione privatistica e intimistica”, la Chiesa è vittima di “una crisi culturale grave, ampia, molto articolata, che spezzetta la presenza cristiana in realtà ecclesiali o laiche che si contrappongono in modo ideologico e che tendono a escludersi reciprocamente, e che nel momento della massima espressione socio-politica finiscono per essere subalterne al laicismo di destra o di sinistra.”
Diciamo subito che si tratta di una storia della Chiesa scritta per il grande pubblico e in oltre 300 pagine passa in rassegna i fondamenti (cos’è la chiesa, la soggettività cristiana, il valore della tradizione, l’emergenza educativa e altro) e poi duemila anni in breve, cioè la presenza della chiesa dall’antichità al post-moderno, più alcuni approfondimenti (anche per correggere le interpretazioni anticattoliche, preoccupazione che da tempo accompagna Luigi Negri) su quelli che Negri chiama i “problemi” di storia della chiesa: le crociate, Galileo Galilei, la Rivoluzione francese, il Sillabo, i papi Pii di fronte ai totalitarismi. Tutto questo non per uno sfoggio di erudizione ma, sottolinea il vescovo, per un aiuto a vivere da cristiani l’oggi.
Ha la prefazione del card. Walter Brandmüller, che Giovanni Paolo II chiamò alla presidenza del Pontificio Comitato di scienze storiche, di cui oggi è presidente emerito. E il cardinale assicura che Negri con questo volume “offre al pubblico un capolavoro”.
Ha la prefazione del card. Walter Brandmüller, che Giovanni Paolo II chiamò alla presidenza del Pontificio Comitato di scienze storiche, di cui oggi è presidente emerito. E il cardinale assicura che Negri con questo volume “offre al pubblico un capolavoro”.
“Il male che tutti vedono è visto troppo tardi”, direbbe Giovanni Papini, e mons. Negri è fra i pochi che lo sanno. Il suo sembra quindi lo sforzo di parlar chiaro per svegliare chi dorme, consapevole che i cristiani (fin dagli apostoli) hanno il sonno facile nonostante le parole di Gesù provochino “l’insonnia eterna a uno scriba” (Papini).
Negri non è angosciato dalle minacce che incombono sulla Chiesa e ripete quel che disse Gesù a Pietro: “…et portae inferi non praevalebunt”. Ma è preoccupato dell’astrazione (così la definisce) che scarnifica la fede dei cristiani e li consegna alla dòxa.
Negri non è angosciato dalle minacce che incombono sulla Chiesa e ripete quel che disse Gesù a Pietro: “…et portae inferi non praevalebunt”. Ma è preoccupato dell’astrazione (così la definisce) che scarnifica la fede dei cristiani e li consegna alla dòxa.
A chi è tentato dalla “riduzione psicologistica, intimistica e spiritualistica della fede”, Negri srotola davanti all’intelligenza e al cuore la categoria del “giudizio”, e chissà a quanti suonerà come qualcosa di lunare. “Il giudizio è il confronto inevitabile fra le proprie ragioni di vita e la realtà, perciò un uomo che non giudica non è un uomo. La razionalità, infatti, si esprime nella capacità di giudicare, ossia di adeguare alla realtà il proprio intelletto per conoscerla ed entrare in essa in maniera positiva e costruttiva”, dice mons. Negri. Il meglio del pensiero cattolico (De Lubac, Guardini, Newman…) efficacemente compendiato per lettori, cattolici e non, che – Negri lo sa – non sono più imbevuti di questo humus. Il mondo post-moderno, spiega, “pullula di opinioni” e alcune sono più opinioni delle altre, “sono quelle che, essendo sostanzialmente formulazioni ideologiche, vengono considerate dai mass media, braccio armato del pensiero unico, le espressioni più adeguate. Parliamo di pluralismo equivoco o, se si preferisce, di relativismo scetticheggiante”.
Il volto soft del pensiero unico dominante è “il totalitarismo del massmediatico politicamente corretto”.
Il volto soft del pensiero unico dominante è “il totalitarismo del massmediatico politicamente corretto”.
Come sta la Chiesa davanti alle sfide portate dal mondo? “Si trova certamente di fronte a una delle più gravi crisi della sua storia recente. Da un lato, è evidente che soprattutto il grande magistero recente dei Papi ha dato alla realtà ecclesiale una coscienza lucida della propria identità, e quindi della propria missione nel mondo, ma, dall’altro, è come se una sottile malattia minasse l’organismo ecclesiale e lo rendesse particolarmente debole e vulnerabile all’ideologia anticristiana dominante”. E siccome il tema centrale è il rapporto fra fede e cultura, Negri non nasconde “che quello che è grave nella Chiesa di oggi è una sostanziale debolezza, se non equivocità, delle strutture formative ecclesiastiche responsabili della formazione del clero e di una sana intellettualità cattolica che dovrebbe essere espressione della cultura cattolica e, in forza di essa, protesa al dialogo con le varie posizioni che si profilano nella società”. Mons. Negri fa notare che “il popolo cattolico quando è ben guidato risponde in maniera intelligente e generosa, ma a questo popolo mancano delle guide generose ed efficaci. Il clero, anziché essere la guida di questo popolo e condurlo a forme attuali di presenza e di creazione culturale, sociale e politica, sta nella retroguardia rischiando di essere fonte di equivoci, di problematicismi, di relativismi quando non di scetticismi. Il popolo, dunque, penalizzato nel suo desiderio di essere educato, perde il senso della propria identità e della propria missione”.
Negri mette in guardia anche da “equivoci e perversioni intellettuali e pastorali” figli della “separazione astratta fra dottrina e pastorale” e non tralascia “le follie del gender” tentativo di “dare un colpo di grazia definitivo alla tradizione della Chiesa, alla morale naturale e ai diritti della persona che non possono essere certo considerati come espressione della propria istintività”.
Arrivati a questo punto si capirà forse meglio l’operazione storica condotta da Negri: conoscere il dipanarsi della chiesa nei secoli “per saper rispondere alla sfida davanti alla quale ci troviamo” assumendo un punto di vista originale e non omologato: “Quella dei cristiani è stata una presenza decisiva perché, fin dall’antichità, ha introdotto nella storia, non per i propri meriti, ma per la Grazia di cui è stata investita, uno sguardo che ha saputo valorizzare, correggere e creare cultura e società, secondo una prospettiva veramente umana. Una storia, pertanto, di cui, non solo non bisogna vergognarsi, ma di cui si deve essere orgogliosi. Favorire questa consapevolezza può, sicuramente, aiutare a superare il dualismo tra fede e cultura di nuovo presente nella vita della Chiesa”.
Arrivati a questo punto si capirà forse meglio l’operazione storica condotta da Negri: conoscere il dipanarsi della chiesa nei secoli “per saper rispondere alla sfida davanti alla quale ci troviamo” assumendo un punto di vista originale e non omologato: “Quella dei cristiani è stata una presenza decisiva perché, fin dall’antichità, ha introdotto nella storia, non per i propri meriti, ma per la Grazia di cui è stata investita, uno sguardo che ha saputo valorizzare, correggere e creare cultura e società, secondo una prospettiva veramente umana. Una storia, pertanto, di cui, non solo non bisogna vergognarsi, ma di cui si deve essere orgogliosi. Favorire questa consapevolezza può, sicuramente, aiutare a superare il dualismo tra fede e cultura di nuovo presente nella vita della Chiesa”.
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