martedì 1 settembre 2015

La tenerezza del Padre.


A colloquio con il presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione 

(Maurizio Fontana) Anche chi vive il dramma dell’aborto, o quello di un crimine commesso e della conseguente limitazione della propria libertà, deve poter sentire l’abbraccio misericordioso del Padre: «Il desiderio del Papa che il giubileo possa essere un toccare con mano la tenerezza e la vicinanza di Dio è la chiave di volta dell’intera lettera di Papa Francesco». L’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, ha tra le mani il testo che ha appena ricevuto dal Pontefice e, in un’intervista al nostro giornale, ne illustra i contenuti. 
In primo luogo, ci dice, «incontriamo il tema dell’indulgenza. Il Papa vi entra direttamente mostrando le condizioni per poterla vivere e ottenere: la celebrazione eucaristica, quella del sacramento della riconciliazione, il pellegrinaggio e il pregare anche per le intenzioni del Papa oltre che professare la fede. Mi sembra siano tutte espressioni che riportano a quella grande dimensione della tradizione della Chiesa attraverso la quale il perdono diventa completo. E quindi, si tocca maggiormente con mano quanto la misericordia di Dio possa raggiungere le estremità e i punti a cui normalmente noi non pensiamo e che invece sono quelli che viviamo quotidianamente, cioè le conseguenze del peccato che portiamo dentro di noi». L’indulgenza rassicura che la vicinanza e il perdono di Dio è veramente completo e veramente totale.
Ci saranno, oltre a questo, altri documenti sull’indulgenza?
Non credo. Il Papa nella lettera ha voluto raccogliere non solo il tema dell’indulgenza, ma anche quello dell’assoluzione del peccato di aborto e quello dei fedeli che frequentano la Fraternità San Pio x in un unico contenuto, che è proprio da leggere alla luce della misericordia. Così la lettera, di fatto, esprime il desiderio del Papa di far giungere a tutti la sua vicinanza e la sua preoccupazione perché il giubileo della misericordia sia realmente un segno concreto di amore e di tenerezza con cui Dio va incontro a tutti senza escludere nessuno.
Ha accennato al tema dell’assoluzione del peccato di aborto. Cosa cambia, in occasione dell’anno santo, rispetto alla prassi consueta della Chiesa?
Nella maggioranza delle diocesi del mondo, l’assoluzione del peccato di aborto è riservata solo ad alcuni sacerdoti. Ogni vescovo, infatti, nella propria diocesi indica quali sono i preti autorizzati a fare questo. In alcuni momenti, ad esempio durante la Quaresima, i vescovi concedono anche ad altri sacerdoti della diocesi la facoltà di assolvere da questo peccato. Il Papa compie un gesto con il quale vuole raggiungere tutti i preti, indicando loro anche la via maestra: dice esplicitamente che si attende che i sacerdoti si preparino coniugando «parole di genuina accoglienza con una riflessione che aiuti a comprendere il peccato commesso» e, quindi, a «indicare un percorso di conversione». C’è una strada che viene suggerita e che vuole sostenere il servizio che i sacerdoti sono chiamati a compiere, soprattutto su un tema così particolare. 
Un tema, quello della vita, sul quale il Papa torna spesso.
Francesco sottolinea come ai nostri giorni ci sia una mentalità che sembra in qualche modo aver modificato il concetto stesso della vita, una mentalità che non è più capace di accogliere la bellezza di una vita nascente. Accanto a questo, nella lettera, troviamo la profonda comprensione per tutte le donne che con l’aborto vivono sulla loro pelle un profondo dramma. Il Papa va incontro a tutti, ma soprattutto a quelle situazioni di profondo disagio che sono una delle conseguenze di quel cambiamento antropologico che oggi si vive e che soprattutto l’occidente non riesce più a percepire, fino a cadere in forme di superficialità non degne del dramma che viene vissuto e del rispetto per la vita nascente.
Può esserci il rischio di fraintendere questo atteggiamento di ascolto e di perdono, leggendolo come una sorta di giustificazione?
Il problema è che davanti all’aborto non si può vivere con una mentalità superficiale: non si può pensare che di fronte a una situazione così drammatica non ci debba essere una reale presa di coscienza di quanto si sta realizzando. L’azione rimane nella sua oggettività grave. Ma ciò non toglie che le persone coinvolte nell’aborto — e non dimentichiamo che l’aborto, come peccato, non tocca soltanto la donna, ma anche tutti coloro che in qualche modo contribuiscono a procurare l’aborto stesso — qualora siano realmente pentite, abbiano la possibilità di ricominciare da capo, di accorgersi del male compiuto e di iniziare una vita nuova.
In questo abbraccio misericordioso, in questo tentativo di tenere sempre un dialogo aperto, rientra anche l’accenno alla Fraternità San Pio x?
Penso che il tema della misericordia abbia spinto il Papa a prendere in considerazione anche la situazione di disagio che diversi fedeli esprimono perché non vivono con la certezza di aver ricevuto il perdono. Davanti a questa situazione mi sembra che, ancora una volta, prima di guardare agli aspetti giuridici e alle espressioni che toccano i rapporti con le questioni dottrinali, il Papa voglia invece mostrare un’attenzione del tutto paterna ai fedeli: dare loro la certezza che il sacramento della riconciliazione — che esprime ovviamente la dimensione più ampia, più visibile della misericordia — trova anche in loro l’azione profonda della grazia che agisce e che quindi, ancora una volta, va incontro a tutti, superando le barriere venutesi a creare nel corso dei tempi.
Nella lettera colpisce l’immagine del carcerato che attraversa la soglia della propria cella come se passasse la porta santa.
Una immagine davvero molto bella. Non mi meraviglierebbe se, visti i tanti contatti che il Papa ha con i carcerati, fosse un’immagine ispirata proprio da questa esperienza. Devo dire che è molto suggestiva e, nella sua suggestione, fa capire anche la sensibilità del Pontefice e il desiderio di far giungere a tutti, anche ai più lontani, la sua vicinanza, e quindi la tenerezza di Dio che non esclude nessuno. Il Papa lo scrive esplicitamente: ogni qual volta essi attraverseranno la porta della loro cella, se il loro pensiero sarà orientato a cambiare vita, a capire che c’è un desiderio di iniziare di nuovo, allora quella porta rappresenterà veramente, a tutti gli effetti, la “porta santa”. A questo si può aggiungere il desiderio, espresso dal Papa, che alcuni carcerati possano celebrare l’anno santo insieme con lui e attraversare anche materialmente la Porta santa. Ci auguriamo che questo desiderio di vicinanza, di libertà e di poter iniziare un cammino nuovo, nonostante gli sbagli compiuti e le ingiustizie realizzate, possa essere veramente uno dei frutti del Giubileo della misericordia.

L'Osservatore Romano