IACOPO SCARAMUZZI
«Speriamo che altri Stati seguano l’esempio della Santa Sede e riconoscano lo Stato di Palestina». Lo ha detto il presidente palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen) che questa mattina è stato prima ricevuto in udienza dal Papa e ha poi inaugurato ufficialmente l’ambasciata palestinese presso la Santa Sede aperta nei mesi scorsi in seguito all’accordo bilaterale con il quale il Palazzo apostolico ha riconosciuto lo «Stato di Palestina».
L’accordo bilaterale che ha coronato lo stabilimento delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Palestina è stato siglato a giugno del 2015 ed è entrato in vigore a gennaio del 2016. Una decisione all’epoca accolta con malumore da Israele, con il quale la Santa Sede non ha ancora raggiunto lo stesso traguardo di un accordo bilaterale.
«Abbiamo incontrato Sua Santità», ha dichiarato il leader palestinese in arabo alla stampa presente al suo arrivo all’ambasciata a pochi passi da piazza San Pietro, a via di Porta Angelica, «speriamo che altri Stati seguano l’esempio della Santa Sede e riconoscano lo Stato di Palestina». Cosa pensa del presidente Usa Donald Trump che dice di voler spostare l’ambasciata usa da Tel Aviv a Gerusalemme? «Abbiamo sentito di questa decisione del presidente Trump – ha risposto Abbas – non possiamo parlare finché tale decisione non sarà effettivamente presa, ma se questa sarà la decisione pensiamo che non aiuterà la pace. Speriamo non accada». Appena giunto il presidente palestinese ha scoperto la targa dell’ambasciata ed ha poi issato, sul lato dell’edificio, la bandiera palestinese. Alla sede diplomatica palestinese, circondata da un cordone di sicurezza, sono giunti per la cerimonia a porte chiuse il sostituto della Segreteria di Stato vaticana monsignor Angelo Becciu e il capo del protocollo monsignor José Avelino Bettencourt.
La inaugurazione della ambasciata palestinese è «un traguardo significativo per il popolo palestinese, considerando che il Papa ha assunto una posizione morale, legale e politica nel riconoscere lo Stato di Palestina in base ai confini precedenti il 1967», aveva dichiarato l’ambasciatore Issa Kassissieh. In una lettera a Donald Trump, riportata in questi giorni dall’agenzia stampa paletinese Wafa, Abu Mazen aveva già avvertito l’inquilino della Casa bianca che spostare l’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme, come gli ha prospettato, avrebbe «un impatto disastroso sul processo di pace, sulla soluzione dei due Stati e sulla stabilità e sicurezza dell’intera regione».
Questa mattina Mahmoud Abbas è giunto in lieve ritardo in Vaticano ed ha avuto un colloquio di 23 minuti con il Papa, alla presenza di un interprete, dalle 10,12 alle 10,35. Al successivo scambio di doni, il presidente palestinese ha presentato al Papa cinque regali: un’icona con il volto di Gesù, un tomo con la documentazione sulla ristrutturazione della basilica della Natività, un libro dal titolo «Palestine and the Holy See», un’icona dorata della Sacra Famiglia e una «pietra dal Sacro Golgota del sito della Chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme». Francesco, da parte sua, ha donato a Mahmoud Abbas la medaglia dell’Anno giubilare appena trascorso e la versione araba di «due miei scritti: sull’amore e la famiglia e sulla custodia del creato», ossia l’esortazione apostolica Amoris Laetitia e l’enciclica Laudato si’.
Al momento della presentazione dell’entourage del presidente palestinese – una delegazione di una dozzina di persone – un giovane funzionario ha detto al Papa di essere sposato con una donna argentina e ha fatto una battuta sul San Lorenzo, la squadra del cuore di Francesco, suscitando la risata del Pontefice, prima di donargli una maglia di calcio con i colori della Palestina.
Il Papa e il presidente palestinese sono rimasti ancora qualche minuto a parlare e, a quanto riferito dai giornalisti che hanno assistito ai momenti pubblici dell’udienza, Mahmoud Abbas, in riferimento all’accordo bilaterale che ha portato all’apertura dell’ambasciata palestinese presso la Santa Sede ha affermato che «questo è il segno che il Papa ama il popolo palestinese e ama la pace».
Al termine dell’udienza papale, Mahmoud Abbas è stato ricevuto dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, accompagnato da monsignor Paul Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. «Nel corso dei cordiali colloqui – ha riferito la Sala stampa vaticana – si sono rilevati anzitutto i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Palestina, suggellati dall’Accordo globale del 2015, che riguarda aspetti essenziali della vita e dell’attività della Chiesa nella società palestinese. In tale contesto, si è ricordato l’importante contributo dei Cattolici in favore della promozione della dignità umana e in aiuto dei più bisognosi, particolarmente nei campi dell’educazione, della salute e dell’assistenza. Ci si è quindi soffermati – prosegue la nota – sul processo di pace in Medio Oriente, esprimendo la speranza che si possano riprendere i negoziati diretti tra le Parti per giungere alla fine della violenza che causa inaccettabili sofferenze alle popolazioni civili e ad una soluzione giusta e duratura. A tale scopo, si è auspicato che, con il sostegno della Comunità internazionale – puntualizza la nota – si intraprendano misure che favoriscano la reciproca fiducia e contribuiscano a creare un clima che permetta di prendere decisioni coraggiose in favore della pace. Non si è mancato di ricordare – conclude la nota vaticana – l’importanza della salvaguardia del carattere sacro dei Luoghi Santi per i credenti di tutte e tre le religioni abramitiche. Particolare attenzione è stata infine dedicata agli altri conflitti che affliggono la Regione».
Nel messaggio scritto in occasione dello scorso Natale, il presidente palestinese aveva preannunciato: «Presto mi recherò in Vaticano per incontrare Papa Francesco. Nel nostro incontro prederemo in esame diversi argomenti di interesse comune compreso l’avanzamento della giustizia e della pace nella regione, così come l’incoraggiamento del dialogo interreligioso in vista di una maggiore comprensione e rispetto. Ribadiremo la nostra ferma posizione che nessun Libro sacro deve essere usato come un motivo per giustificare ogni genere di crimine e di violazioni. Parleremo anche dello storico accordo tra lo Stato di Palestina e la Santa Sede, un esempio per il resto della regione su come rafforzare la presenza cristiana e le sue istituzioni». I cristiani, ha scritto Abu Mazen, «sono il sale di questa terra e non possiamo concepire un Medio Oriente senza la sua componente indigenza cristiana. Continueremo a cooperare con i capi delle Chiese di Gerusalemme che sono parte della Palestina e del suo popolo».
Abbas, che ieri, dopo essere arrivato a Roma ha incontrato il ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano, proseguirà oggi per Parigi, dove si tiene una conferenza internazionale sulla pace in Medio Oriente. «È forse l’ultima chance per la soluzione a due Stati», israeliano e palestinese, ha detto il presidente palestinese in un’intervista al quotidiano francese Le Figaro.
Vatican Insider