Credere non è altro che,
nell'oscurità del mondo,
toccare la mano di Dio e così,
nel silenzio,
ascoltare la Parola,
vedere l'amore
nell'oscurità del mondo,
toccare la mano di Dio e così,
nel silenzio,
ascoltare la Parola,
vedere l'amore
Benedetto XVI, a conclusione degli Esercizi spirituali per la curia romana,
23 febbraio 2013
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Dal Vangelo secondo Luca 9,7-9.
Intanto il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni è risuscitato dai morti»,
altri: «E' apparso Elia», e altri ancora: «E' risorto uno degli antichi profeti».
Ma Erode diceva: «Giovanni l'ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?». E cercava di vederlo.
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Nel mezzo della missione della Chiesa appare la figura del tetrarca Erode. Egli è immagine di ogni potere mondano sul quale si riversa, come uno tsunami, l'annuncio del Vangelo. Ma anche noi siamo tetrarchi della porzione di vita che ci è stata assegnata: in famiglia, al lavoro, nella comunità cristiana, spesso ci comportiamo come Erode, ingannati dalla menzogna di satana che ci fa astuti come lui, che Gesù appunto chiamava "la volpe". Una volpe travestita da dio che, illudendosi di decidere da sé cosa sia bene e cosa sia male, tradisce il suo Creatore per unirsi alla carne; e, una volta scoperto e smascherato dal profeta, decapita la Verità che lo avrebbe salvato. Perché ogni volta che si fa tacere la Parola profetica che illumina la nostra vita uccidiamo noi stessi, condannandoci alla sterilità, come, secondo la Scrittura, accade a chi prende in moglie la sposa del proprio fratello. Chi taglia con la Verità prende la sua vita e la getta nella pattumiera. Che astuzia, vero? Confessiamolo oggi, è la stessa che bussa al nostro cuore ogni volta che ascoltiamo il Vangelo e, come Erode e il mondo, sentiamo parlare dell'avvenimento cristiano, e ci imbattiamo nei segni della fede offerti dalla comunità cristiana. Restiamo "perplessi", come paralizzati in una strada senza uscita. E' questo, infatti, il senso originale del termine greco, che deriva da "aporia": "aporìa significa letteralmente dubbio. L'aporia è la difficoltà irrisolvibile che fa riferimento a un determinato procedimento razionale. E' una impasse logica legata ad uno stato oggettivo del problema, nel quale la realtà che si mostra nell'esperienza entra in conflitto con la realtà mostrata dalla logica" (Dizionario filosofico). La logica dei nostri pensieri secondo il mondo si scontra con il Cielo che si fa carne nella Chiesa, e per questo non riusciamo ad afferrare la promessa che ci viene fatta con la predicazione. Cristo infatti, si accoglie umilmente, non si afferra. E' sì come uno dei profeti, risponde cioè a quello che il nostro cuore, illuminato dalla predicazione, desidera, ma non come noi vorremmo o ci aspetteremmo.