giovedì 21 maggio 2015

Contro il modello della Sacra Famiglia



I vescovi irlandesi e il referendum sulla legalizzazione delle unioni omosessuali. Molto più di una relazione 
In vista del referendum di venerdì 22 maggio, che potrebbe aprire le porte ai matrimoni fra persone dello stesso sesso, si susseguono gli appelli dei presuli irlandesi a votare «no». L’ultimo intervento è del vescovo di Clogher, Liam MacDaid, dopo analoghe lettere arrivate nei giorni scorsi dall’arcivescovo di Cashel and Emly, Kieran O’Reilly, dal vescovo di Elphin, Kevin Doran, dal vescovo di Galway and Kilmacduagh, Martin Drennan, e dal vescovo di Killala, John Fleming. Lettere pastorali simili tra loro, nelle quali si invitano i fedeli ad andare a votare per contrastare l’ipotesi che le unioni fra omosessuali possano avere gli stessi identici diritti dei matrimoni tra un uomo e una donna. 
Monsignor MacDaid, pur sottolineando la necessità e l’importanza di avere rispetto dei diritti umani e di riconoscere «diritti e responsabilità» anche all’interno delle unioni omosessuali, osserva che una scelta legislativa errata finirebbe per «destabilizzare ancora di più la famiglia e la società. Se dunque abbiamo serie riserve su questa proposta» (quella di equiparare le unioni gay ai matrimoni), «abbiamo la responsabilità di dirlo al nostro Governo».
Nelle settimane scorse l’arcivescovo di Dublino, Diarmuid Martin, ha esplicitamente annunciato che voterà «no» al referendum con il quale i cittadini irlandesi sono chiamati a esprimersi sulla modifica costituzionale che aprirebbe la strada alla legalizzazione delle nozze fra omosessuali. In un lungo discorso tenuto all’All Hallows College, dal titolo Marriage in the constitution is linked with the family, ha spiegato che nella Costituzione il concetto di matrimonio è strettamente legato a quello di famiglia e che, quindi, modificare la definizione tradizionale del matrimonio quale unione tra un uomo e una donna rappresenta una rottura con la storia umana e con la natura stessa di questa istituzione. Il presule ha criticato i politici che, «invece di intervenire con argomenti razionali di fronte alle preoccupazioni dei rappresentanti ecclesiali, semplicemente rispondono con brevi frasi come provenienti da un grammofono rotto».
L’arcivescovo di Dublino si pone sulla stessa lunghezza d’onda del presidente della Conferenza episcopale irlandese, Eamon Martin, arcivescovo di Armagh, più volte intervenuto per ribadire le ragioni della Chiesa contro la modifica costituzionale. Ragioni che hanno a che fare con la natura intrinseca del matrimonio e non sono dettate da un atteggiamento discriminatorio verso le persone omosessuali, che la Chiesa rispetta. «È la natura — ha affermato in un messaggio — che ci dice che le unioni tra persone dello stesso sesso sono fondamentalmente e oggettivamente diverse dall’unione complementare tra un uomo e una donna, per sua stessa natura aperta alla vita». In tal senso, «il matrimonio è molto più che una relazione d’amore tra due adulti consenzienti». Ma in gioco con il referendum, ha avvertito il primate d’Irlanda, c’è anche la libertà di coscienza e quindi la libertà di esprimere pubblicamente i propri valori e ciò in cui si crede: «Se la società adotta e impone una “nuova ortodossia” del matrimonio “gender-neutrale” definendolo semplicemente come unione tra due persone, uomo e uomo o donna e donna, sarà poi sempre più difficile parlare in pubblico del matrimonio come unione tra un uomo e una donna».
L'Osservatore Romano

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"L'Occidente è ripiegato sulle sue illusioni. Coraggio è andare controcorrente". Parola di cardinale 
 Il Foglio - Blog 










(Matteo Matzuzzi) 
“Se si considera l’eucarestia come un pasto da condividere, da cui nessuno può essere escluso, allora si perde il senso del Mistero”. Così ha detto il cardinale Robert Sarah, da pochi mesi prefetto della Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, intervenuto al Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia in occasione (...)


supplica francesco

(di Luigi Bertoldi) Un nuovo importante contributo al dibattito pre-sinodale su famiglia e matrimonio viene dal volumettoOpzione preferenziale per la Famiglia – Cento domande e cento risposte intorno al Sinodo (Edizioni Supplica Filiale), di cui sono autori Mons. Aldo di Cillo Pagotto, SSS (arcivescovo di Paraíba, Brasile), Mons. Robert F. Vasa (vescovo di Santa Rosa, California) e Mons. Athanasius Schneider (vescovo ausiliare di Astana, Kazakhstan).
Lo studio, un vero e proprio vademecum sui più scottanti temi familiari oggi sul tappeto è stato presentato dal prof. Tommaso Scandroglio, portavoce dell’Associazione Supplica Filiale, il 19 maggio presso l’Hotel Columbus di via della Conciliazione a Roma davanti a un folto gruppo di giornalisti italiani e stranieri. Il testo si articola in cento domande e relative risposte. Le domande riproducono le obiezioni più diffuse in merito a tematiche quali la sessualità, l’indissolubilità del vincolo matrimoniale, il divorzio, l’omosessualità, la dichiarazione canonica di nullità del matrimonio, la comunione ai divorziati risposati, la misericordia, la pastorale e molte altre.
Le risposte, di contro, rimandano all’immutata dottrina della Chiesa cattolica su queste materie. Aprendo i lavori, il prof. Scandroglio ha ricordato il recente invito di Papa Francesco ai laici ad assumersi una responsabilità personale nella società, senza aspettare l’impulso dei vescovi. In questa prospettiva l’ Opzione preferenziale per la Famiglia ha un duplice intento. Da una parte richiamare alla coerenza con i dettami della Chiesa cattolica relativamente all’ambito della morale naturale e della fede. Dall’altra offrire la prova che, su moltissimi snodi concettuali che interessano il tema della famiglia, la dottrina è ormai consolidata ed ha superato da tempo e con successo alcune obiezioni di carattere etico e teologico riproposte di frequente su molti media.
La sfida è perciò eminentemente di carattere pastorale, ha dichiarato Scandroglio, aggiungendo che «il vademecum si rivolge innanzitutto ai vescovi, ai presbiteri, ai religiosi, ai catechisti, ai fedeli impegnati nella vita della Chiesa. Ma si rivolge anche a tutti quei laici che troveranno in quest’agile pubblicazione alcuni motivi di ordine razionale per difendere la famiglia da quegli attacchi che una certa cultura nichilista e relativista sta sferrando con sempre maggior frequenza».
Il testo, che è stato pubblicato in 7 lingue e sarà inviato ai 4000 vescovi di tutto il mondo, si apre con una prefazione del Cardinale Jorge A. Medina Estévez, Prefetto emerito della Congregazione per il Culto Divino, ed ha ricevuto apprezzamenti da Mons. Luigi Negri (arcivescovo di Ferrara-Comacchio), da Mons. Tadeusz Kondrusiewicz (arcivescovo di Minsk-Mohilev, Bielorussia) e da Mons. Patricio Bonilla Bonilla Ofm (Delegato Apostolico di San Cristóbal di Galápagos, Ecuador).
È intervenuto nella conferenza stampa di presentazione anche il noto dirigente pro-life inglese John Smeaton, nella sua veste di co-fondatore della coalizione Voice of the Family, un dinamico think tank in sostegno della famiglia naturale e tradizionale. Voice of the Family sta producendo studi di alta competenza sulla tematica, come una recente analisi della Relatio Synodi del 2014, la quale sottolinea le tematiche omesse, o quegli aspetti trattati in modo ambiguo e quindi rimasti confusi per i fedeli e che dovrebbero essere urgentemente chiariti nel Sinodo del 2015.
Uno scopo analogo a quanto si prefigge la Supplica Filiale a Papa Francesco (supplicafiliale.org) che ha già raggiunto le 250.000 firme, fra le quali quelle di 4 cardinali, 23 vescovi e arcivescovi e numerosi uomini pubblici e accademici. Il volumetto può essere chiesto al sito supplicafiliale.org. (Luigi Bertoldi)
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SacraFamigliaMurillo

Contro il modello della Sacra Famiglia

 Il modello della Sacra Famiglia, secondo un Rapporto della Conferenza episcopale elvetica, non è più proponibile al cattolico del XXI secolo, in quanto, per la maggioranza dei cattolici svizzeri, la Sacra Famiglia è un modello vetusto, completamente slegato dalle “esperienze” familiari odierne (http://www.ivescovi.ch/documenti/comunicati/dibattiti-presinodali-in-svizzera).
Certamente non si può dare torto a questa maggioranza: l’idea dominante e attuale di famiglia non ha proprio nulla da spartire con la sacralità del focolare di Nazareth. Tuttavia la Chiesa, invece di sottomettersi alle scompaginate unioni che avvengono in quest’epoca schiavizzata dai peccati e addestrata dalle nauseanti perversioni (che non fanno altro che incrementare dolori e distruzioni di legami coniugali e genitoriali, ma anche sentimentali e affettivi con persone diverse) è tenuta ad indicare proprio in Gesù, in Maria Immacolata e in san Giuseppe l’esempio più fulgido di come vivere serenamente, pacificamente, e, soprattutto, in Grazia di Dio, la vita familiare.
Eppure, è sufficiente leggere ciò che scrive Walter Müller, addetto stampa della Conferenza dei vescovi svizzeri, per odorare l’aria mortifera che circola nella terra in cui fu vescovo san Francesco di Sales, Dottore della Chiesa che tanto si adoperò contro errori ed eresie. «I dibattiti interpellano Roma su desideri ben concreti: occorre finirla con l’esclusione dai Sacramenti dei divorziati risposati; i motivi di rottura d’un matrimonio sono troppo complessi perché si possa ancora ammettere la punizione globale inflitta dalla Chiesa in caso di nuove nozze. Il partenariato di omosessuali e lesbiche deve trovar posto nella Chiesa: è il tenore d’un altro desiderio espresso alla Chiesa. Anche se viene perlopiù rifiutata l’assimilazione con il matrimonio religioso, emerge tuttavia un ampio consenso relativo alla benedizione dei partenariati. Inoltre i dibattiti hanno rilevato che il matrimonio sacramentale, concluso in chiesa, è diventato un modello minoritario. Si auspica perciò che la Chiesa rafforzi il suo impegno nella preparazione e nell’accompagnamento dei matrimoni canonici e si adoperi a favore delle famiglie».
Circa 6000 cattolici elvetici hanno partecipato, tra febbraio e marzo 2015, a numerosi dibattiti presinodali. Esigenze e punti di vista sono riuniti in 570 rapporti. Gli esiti dei dibattiti confermano le risposte ad un sondaggio online già effettuato in Svizzera a fine 2013, al quale parteciparono più di 25.000 persone. Dal «Rapporto della Chiesa cattolica in Svizzera sugli interrogativi sollevati nei Lineamenta in preparazione al Sinodo ordinario dei Vescovi 2015 a Roma» sono emersi, dunque, dati ed istanze sconvolgenti, di cui la Congregazione della Dottrina della Fede dovrà tenere ben conto, perché in tale Rapporto è proprio la Dottrina ad essere minacciata nel profondo e nella sua essenza.
Soltanto una piccola minoranza delle risposte ha espresso l’auspicio di una stretta osservanza della dottrina attuale della Chiesa con la sua rigorosa disciplina. Dal sondaggio e dai dibattiti emerge il grande auspicio di conformare i principi della Chiesa alle proprie temporali esperienze, alle momentanee emozioni e alle fallaci sensazioni. Il senso religioso cattolico, dunque, nella maggioranza dei fedeli svizzeri non esiste più. Ma urge una domanda: quali mezzi hanno usato i loro vescovi per arrestare un simile fenomeno? Oppure hanno, nella maggioranza dei casi, assecondato gli errori? La responsabilità non è nella «base», ma nei pastori, esclusivamente tenuti a guidare il gregge a loro affidato.
Si legge nel Rapporto: «Esistono tuttavia dei pareri, che sostanzialmente divergono dai primi e che rappresentano una minoranza: questi sono stati espressi solo in minima parte dai gruppi parrocchiali e sempre solo in minima parte dalle cerchia degli agenti pastorali. A prendere la parola sono stati, invece, dei raggruppamenti, il cui carisma va individuato proprio nella cura per preservare la vigente dottrina della Chiesa. Questi raggruppamenti non sono affatto omogenei, ma vanno dalle cerchie più tradizionaliste (Fraternità Sacerdotale San Pio X), passando per quelle che s’impegnano fortemente per una fedele applicazione della vigente dottrina della Chiesa (soprattutto in riferimento alla Humanae Vitae e all’atteggiamento nei confronti dei divorziati risposati), fino ad arrivare a gruppi, che si sentono particolarmente legati al e influenzati dal programma teologico di Giovanni Paolo II (teologia del corpo)».
La confusione è oceanica. Si è giunti al punto che non solo viene messo in discussione l’insegnamento perenne della Chiesa, ma addirittura la Parola di Dio, che non è più un punto di partenza: né l’Antico né il Nuovo Testamento possono offrire interpretazioni dubbie sul concetto di famiglia imperfetta e perfetta (da Adamo ed Eva, fino a giungere alla Sacra Famiglia).
Soltanto una minoranza delle risposte ha, dunque, espresso l’auspicio di stretta osservanza alla dottrina attuale della Chiesa con la sua rigorosa, e proprio per questo liberante, disciplina, la quale è liberatrice dal peccato (il più grande nemico dell’uomo): se si è in Grazia di Dio la vita è straordinariamente bella, nonostante problemi, difficoltà, prove, sofferenze, sacrifici purificatori per sé e per gli altri… rimanere nella legge del Signore, che l’uomo non può e non potrà mai mutare, neppure a colpi di maggioranza dei ribelli al Padre Creatore, significa stare bene già in terra e guadagnarsi la beatitudine eterna. (Cristina Siccardi)
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Kasper e Marx
Walter Kasper e la Chiesa tedesca
Ora basta! La Chiesa tedesca non si sente per niente rappresentata dalle “bizzarrie” dei fans dei cardinali Kasper e Marx ed inizia a dirlo a chiare lettere, perché non si pensi che sia in massa appiattita sulle posizioni contrarie alla Dottrina cattolica espresse dai pasdaran. Anche i cosiddetti “moderati”, a metà maggio, han preso finalmente posizione ed impresso una significativa retromarcia all’allegra macchina da guerra messa in moto dai progressisti in vista del prossimo Sinodo.
Il ZdK, il Comitato centrale dei cattolici tedeschi ha infatti, domenica scorsa, diffuso un appello, con cui ha chiesto l’ammissione alla Santa Comunione dei divorziati risposati civilmente, l’accettazione di tutte le forme di convivenza “duratura” e la benedizione delle coppie omosessuali, invocando «forme liturgiche» ad hoc, nonché la «riconsiderazione» dell’insegnamento della Chiesa in fatto di contraccezione col solito pretesto di una presunta «discrepanza tra il Magistero e le scelte di coscienza assunte ogni giorno dalla maggior parte dei fedeli cattolici».
Sono, queste, le pretese contenute nel documento dal titolo «Tra Dottrina e mediazione col mondo – Famiglia e Chiesa nella società contemporanea», documento peraltro approvato all’unanimità dall’assemblea generale primaverile dell’organizzazione a Würzburg, svoltasi agli inizi di maggio, espressamente in vista del Sinodo ordinario di ottobre. Secondo questo allucinante testo, le forme extraconiugali di convivenza darebbero «un grande contributo» alla coesione sociale e dovrebbero essere «considerate rettamente», ritenendole fondate su “valori” da «onorare». C’è un però: il ZdK viene significativamente sostenuto, anche economicamente, dai Vescovi tedeschi. I quali sono veramente stanchi di queste continue spinte in avanti.
Ed ora cominciano a dirlo. Come ha fatto sul suo profilo Facebook mons. Stefan Oster, Vescovo di Passau, secondo cui attuare ciò che il Comitato centrale chiede, «strumentalizzando» il Santo Padre, significherebbe infliggere un «drammatico cambiamento» a quanto insegnato dalla Scrittura, dalla Tradizione e dal Magistero, nonché intraprendere un percorso «molto preoccupante: molti cattolici non si sentono più rappresentati dal Zdk», ha aggiunto, chiedendosi se il vero obiettivo dell’organizzazione non sia oggi piuttosto quello di confondere i fedeli.
Anche il nuovo arcivescovo di Friburgo, Stephan Burger, si è espresso chiaramente non solo contro qualsiasi forma di benedizione verso coppie gay e dintorni, ma anche contro quelle Diocesi autoreferenziali, che ritengano di poter assumere posizioni “indipendenti”; implicito il biasimo verso il card. Marx, autore dell’infelice sortita «Non siamo una filiale di Roma, svilupperemo la nostra pastorale». Mons. Burger ha inoltre ricordato come il Sinodo di ottobre, alla fine, abbia una valenza puramente consultiva.
Altri cinque Vescovi sarebbero sulle stesse posizioni, avverserebbero cioè “aperture” tanto alle coppie di fatto quanto a quelle omosessuali: sono quelli di Eichstätt, mons. Gregor Maria Hanke; di Augsburg, mons. Konrad Zdarsa; di Regensburg, mons. Rudolf Voderholzer; di Görlitz, mons. Wolfgang Ipolt; di Würzburg, mons. Friedhelm Hofmann. A frenare, sono anche due Vescovi ritenuti “liberali”, quello di Treviri, mons. Stephan Ackermann, e quello di Essen, mons. Franz-Josef Overbeck, questi non pronunciatisi in merito ai divorziati risposati – discorso per il quale rimandano al Papa –, ma su tutto il resto sì. Ciò offusca per la prima volta in modo plateale ed evidente la linea sfacciatamente progressista reclamizzata ad ogni pie’ sospinto dai cardinali Marx e Kasper e fa ritenere che almeno in una consistente parte dell’episcopato tedesco sia in atto una retromarcia clamorosa.
Secondo il noto commentatore, scrittore, attivista e giornalista cattolico Mathias von Gersdorff, infatti, nessuno avrebbe «bisogno di una Chiesa cattolica che scada sino a questo livello» e nessuno avrebbe «bisogno di un Comitato centrale di cattolici tedeschi, che in stragrande maggioranza non è più cattolico». È un’altra la considerazione fatta invece da Felix Neumann, direttore de Katholisch.de, agenzia d’informazione on line ufficiale della Conferenza episcopale tedesca: egli ha notato come mons. Gebhard Fürst, Vescovo di Rottenburg-Stoccarda, guida spirituale del ZdK, non abbia posto il veto, né preso le distanze rispetto alla comunicazione iperprogressista diffusa dall’organizzazione da lui curata.
Il che impedirebbe di considerarla una semplice «provocazione»: c’è dietro effettivamente uno studio, un piano, una strategia. Ciò offre a lui l’inconcepibile pretesto per scagliarsi contro la Tradizione, definita «vuota, formale ed insensibile», ma dà anche alla Chiesa l’opportunità di riflettere come ormai certe prese di posizione davvero non possano più esser prese sottogamba né taciute, ma richiedano anzi sconfessioni e provvedimenti chiari ed esemplari, per evitare confusioni nei fedeli.
In tal senso lascia più che perplessi il “no comment” opposto dal direttore della sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, a chi gli avesse chiesto un parere circa il ZdK ed anche circa la recente decisione assunta dai Vescovi tedeschi di modificare all’interno della Chiesa nazionale il diritto del lavoro, accogliendo anche tra i dipendenti delle proprie istituzioni divorziati risposati ed omosessuali.
Una parola forte e chiara in tal senso sarebbe servita per riportar ordine, anziché la vigente confusione. Secondo quanto riportato da Edward Pentin sul National Catholic Register il Card. Marx avrebbe chiesto ai Vescovi polacchi ai primi di maggio, al pranzo per il 70° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Dachau, d’incontrarsi con quelli tedeschi a Berlino, per giungere ad una richiesta congiunta di revisione della linea della Chiesa sul matrimonio. Ma i Vescovi polacchi gli avrebbero risposto picche, ribadendogli il loro fermo proposito di restare fedeli alla Dottrina di sempre. Il vento, evidentemente, sta cambiando direzione… (Mauro Faverzani)