sabato 9 maggio 2015

Per un’Europa delle libertà



Messaggio di Ccee e Cec. 

Le donne, i migranti, i nomadi, il lavoro, l’ambiente: a settant’anni dal termine del secondo conflitto mondiale sono ancora molti e dolorosi i fronti aperti su cui occorre combattere per affermare libertà e diritti per tutti. È quanto, in sostanza, si afferma in un messaggio diffuso nella mattinata di oggi, venerdì, al termine della riunione annuale del Comitato congiunto del Consiglio delle Conferenze Episcopali d'Europa (Ccee) e della Conferenza delle Chiese europee (Cec). Un incontro che ha affrontato la tematica della libertà nelle sue varie e più ampie sfaccettature e che ha avuto ieri, giovedì, il suo momento centrale con l’incontro con il Pontefice.
«Per un’Europa delle libertà» è il titolo del documento presentato ai giornalisti dal cardinale presidente della Ccee, Péter Erdő, e dal reverendo Christopher Hill, presidente della Cec. Il testo inizia ricordando come «noi europei, godiamo di un’immensa libertà nella nostra vita quotidiana», avendo per questo «un debito nei confronti delle generazioni che ci hanno preceduti e che hanno lottato per costruire un ordine sociale in cui il bene comune e la libertà delle persone potessero coesistere in armonia». Il settantesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale è dunque anche l’occasione per ricordare il significato autentico della lotta per la libertà. Una «lotta intensa, e talvolta violenta, contro ideologie portatrici di morte», che ha dato origine — rileva il messaggio — alla Convenzione europea dei diritti umani, nella quale si sottolinea che «la libertà è sempre associata a doveri e responsabilità».
È questa perciò l’occasione anche per rinnovare «il nostro impegno per una visione della libertà che sia proficua per tutti». Infatti, «in un’Europa pluralista siamo convinti che ci sia bisogno di una visione cristiana della libertà umana». Una visione che ritiene che la libertà abbia senso solo se vissuta «con e per gli altri». Tuttavia, viene rilevato, «troppo spesso ci imbattiamo in interpretazioni della libertà intesa come soddisfazione individualista e consumo senza significato».
Sono dunque ancora tanti i fronti su cui vale la pena combattere per affermare il valore della libertà e sui quali hanno riflettuto i partecipanti all’incontro di Roma. In primo luogo la lotta per la libertà religiosa e contro lo sfruttamento e i pregiudizi. «Chiediamo — si legge nel messaggio — una libertà che denuncia l’oppressione e la violenza contro le donne perpetrata in nome di qualsiasi religione». Al tempo stesso, «chiediamo una libertà che salvi i migranti nel Mediterraneo, operi per porre fine alle cause della migrazione disperata e permetta a tutti di vivere in pace nei propri Paesi di origine». E, ancora, «chiediamo una libertà che esprima parole di solidarietà contro i pregiudizi sui rom». Insomma, occorre «una libertà che s’impegna a porre fine alla schiavitù e al traffico degli esseri umani dei tempi moderni in tutto il mondo, in conformità con la richiesta dei leader religiosi del 2 dicembre scorso sull’abolizione della schiavitù».
Non solo, l’impegno per libertà è così vasto da investire tutta la creazione. Tanto più in vista di un appuntamento così importante come la conferenza di Parigi dell’autunno prossimo. A questo proposito, si richiede «una libertà che definisca la creazione come dono sacro, specialmente adesso che le comunità religiose vogliono condividere la loro riflessione sulle questioni ambientali». Insomma, conclude il documento, la parola libertà si coniuga con quelle del rispetto e della solidarietà. «Chiediamo una libertà che sceglie la speranza anziché la disperazione, e vive in solidarietà con i giovani nel loro sforzo di avviarsi al lavoro e di fondare una famiglia». Per questo, «ci sia concesso di usare i nostri liberi cuori e le nostre libere menti per sanare le ferite e per promuovere la speranza nel nostro mondo afflitto eppure benedetto». Di qui, il rinnovato invito alla preghiera per la pace in Europa e nel mondo. Una pace «che deve essere sempre frutto della giustizia».
L'Osservatore Romano