mercoledì 17 giugno 2015

Cari amici di CL...

panoramica_statue
di Costanza Miriano
Cari amici di CL, sono rimasta molto colpita dalla sofferenza profonda e vera, e non esibita, con cui alcuni di voi hanno lettola nota in merito alla manifestazione del 20 giugno, almeno a giudicare dalle lettere, dai messaggi, dalle telefonate ricevute. Non so neanche quantificare quanti di voi siate in questa fatica, e quanti invece siano sereni nel ricevere l’invito a non scendere in piazza insieme al popolo di Difendiamo i nostri figli.
Effettivamente la capisco, questa sofferenza. Anche se non ho mai fatto parte di un movimento, di una spiritualità, di una comunione che non fosse la parrocchia – sono una cattolica modello base – anche io soffro se non mi sento confermata dai miei padri, da quelli che mi hanno dato la vita. Per esempio, nei giorni del Sinodo se leggevo le ricostruzioni giornalistiche, se stavo solo alle indiscrezioni avevo veri attacchi di mal di pancia, un dolore fisico, una tristezza che aveva bisogno di conforto e lo cercava negli amici di fede, nei fratelli maggiori, nelle sorelle che hanno saputo rassicurarmi. Tutti abbiamo bisogno di avere dei padri anche terreni, appartenerci da fratelli, essere confortati in quello che pensiamo, di sapere che quello in cui crediamo non è un parto delle nostre elucubrazioni solitarie, ma è un patrimonio comune, condiviso.
Ecco, non posso entrare nel merito della nota, perché non sono di Cl e non ne ho diritto, in più non ho la sensibilità per decrittarla (che poi adesso mi pento di non avere accettato le lezioni di ciellinologia generosamente offertami dalla mia amica Raffaella). È ovvio che la penso in un altro modo, essendo io nel comitato organizzatore della manifestazione, ma come potrei permettermi di rispondere a una lettera che non è indirizzata a me? Vorrei però rispondere a quello che è indirizzato a me, cioè alle voci dei miei amici dispiaciuti.
Prima che scrivessi i libri e cominciassi a girare l’Italia conoscendo fratelli nella fede, non sapevo praticamente neanche cosa fosse Cl, se non per la parodia di Antonio Albanese. Che poi, ho scoperto dopo, tra tutte le anime cattoliche quella di Cl secondo me era in assoluto la meno somigliante a Epifanio, col suo cappottino e l’occhialone improponibile (i tacchi più alti li portano senza dubbio le cielline). Ho cominciato solo dopo a conoscervi, grazie a molti amici nuovi: Paola, Giuliana, Simone e Maria, Elisabetta e Nanni, Franco, Lucia, Cristina, Anjeza e tantissimissimi altri, per non parlare di padre Aldo. Tanto che mi sono progressivamente convinta di essere un po’ ciellinainside, visto che mi sono scelta tanti amici cresciuti a pane e Gius. Deve esserci una affinità profonda, sostanziale, vera, e anche se non conosco bene tante cose della vostra spiritualità, tutto quello che in questi anni mi avete dato da leggere, detto, proposto, mi ha fatto fare un sacco di passi in avanti. Mi ha spesso scrocchiato il cervello, oltre a tenermi allenata con le lingue straniere (tradurre dal ciellese all’italiano in simultanea non è mica facile).
Quindi, pur essendo un’abusiva vorrei dire due cose. Ma prima di tutto grazie per quello che avete condiviso con me, per la passione per la cultura e la bellezza. Grazie per tutte le volte che vi siete fatti prossimi a me, che avete portato i miei pesi o semplicemente mi avete tenuto compagnia.
Detto questo, la prima cosa da dire è che quello che davvero ho imparato da voi è accogliere la realtà, tutta, senza rifiutare niente, nella certezza che quello che succede è comunque per me – i miei sentimenti, le vicende personali e quelle del mondo – ed esercitare un giudizio su di essa. Credo che voi sappiate farlo, vi siete a lungo formati in questo esercizio, e sono certa che anche rispetto alla nota eserciterete il giudizio e l’intelligenza che forse sono la più grande eredità che vi ha lasciato don Giussani (insieme a Cristo, ma quello è di tutti noi). I tantissimi di voi che verranno a Roma lo stesso hanno fatto questo esercizio di libertà, e sono certa che lo abbiano fatto anche molti di quelli che hanno deciso di non venire, con lo stesso esercizio di libertà e di intelligenza.
La seconda cosa che vorrei dirvi, è che da molti di voi sto imparando una nuova carità, proprio per come alcuni di voi guardate alla vostra storia, e giudicate il movimento, con riconoscenza e perdono dei limiti, con la certezza che alcuni errori di valutazione, per esempio rispetto all’impegno pubblico, sono forse dovuti al bisogno di compensare gli sbagli di alcuni, pochi ma pesanti. Vi ho sentiti parlare con tenerezza dei vostri padri e questo mi ha dato la certezza che nonostante tutto continuerete a tenere tutto il buono che avete ricevuto e continuate a ricevere, esercitando un giudizio libero sul resto.