Nella Solennità del Santissimo Sangue e Corpo di Cristo, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù, nell’Ultima Cena, prende il pane e recita la benedizione, lo spezza e lo dà ai discepoli, dicendo:
«Prendete, questo è il mio corpo».
Il Vangelo di Luca, proclamato nella festa di oggi, racconta l’“istituzione dell’Eucaristia”. Nel contesto della celebrazione annuale della Pasqua, Cristo, come ogni capofamiglia ebreo, compie con i suoi Apostoli i riti che rendono presente e attuante la liberazione operata da Dio in favore del popolo d’Israele. Ma in questa cena davvero particolare, Gesù non si limita a far memoria liturgica del passato. Mangiare quel pane azzimo, per Israele significava far presente e diventare partecipi della schiavitù d’Egitto per esserne liberati. Ora Gesù dà a quel pane un significato nuovo: quel pane è il suo corpo consegnato alla morte per noi, mangiare di esso significa morire con Cristo, per partecipare alla sua vittoria sulla morte. Bere il vino della terra promessa non sarà più solo fare presente la fedeltà di Dio alle sue promesse di introdurre il popolo d’Israele nella terra, ma rendere presente la risurrezione del Signore dalla morte, il banchetto escatologico, la vita eterna. Ecco nei segni eucaristici reso presente e attuale per ogni tempo il mistero della Pasqua del Signore: la sua morte in croce e la sua risurrezione; l’offerta, il sacrificio del suo corpo, e il suo sangue sparso per amore, perché la morte non abbia più potere su di noi. Il Cielo, chiuso dal peccato, torna ad aprirsi, davanti all’uomo si apre la via della salvezza: oggi possiamo passare con Cristo da questo mondo al Padre, uniti a Lui nel suo corpo, dato a morte per noi, riceviamo nel suo sangue il sigillo della vita eterna. (Pasotti)
DOMENICA DOPO LA TRINITA'
SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO
Anno B - Solennità
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sal 80,17
Il Signore ha nutrito il suo popolo con fior di frumento, lo ha saziato di miele della roccia. Colletta Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio... Oppure: Signore, Dio vivente, guarda il tuo popolo radunato attorno a questo altare, per offrirti il sacrificio della nuova alleanza; purifica i nostri cuori, perché alla cena dell'Agnello possiamo pregustare la Pasqua eterna nella Gerusalemme del cielo. Per il nostro Signore... LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura Es 24, 3-8 Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi. Dal libro dell'Èsodo
In quei giorni, Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore e tutte le norme. Tutto il popolo rispose a una sola voce dicendo: «Tutti i comandamenti che il Signore ha dato, noi li eseguiremo!».
Mosè scrisse tutte le parole del Signore. Si alzò di buon mattino ed eresse un altare ai piedi del monte, con dodici stele per le dodici tribù d'Israele. Incaricò alcuni giovani tra gli Israeliti di offrire olocausti e di sacrificare giovenchi come sacrifici di comunione, per il Signore.
Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l'altra metà sull'altare. Quindi prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto».
Mosè prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!».
Salmo Responsoriale Dal Salmo 115 Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore. Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo. Seconda Lettura Eb 9, 11-15 Il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza. Dalla lettera degli Ebrei
Fratelli, Cristo è venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso una tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano d'uomo, cioè non appartenente a questa creazione. Egli entrò una volta per sempre nel santuario, non mediante il sangue di capri e di vitelli, ma in virtù del proprio sangue, ottenendo così una redenzione eterna.
Infatti, se il sangue dei capri e dei vitelli e la cenere di una giovenca, sparsa su quelli che sono contaminati, li santificano purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo - il quale, mosso dallo Spirito eterno, offrì se stesso senza macchia a Dio - purificherà la nostra coscienza dalle opere di morte, perché serviamo al Dio vivente?
Per questo egli è mediatore di un'alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l'eredità eterna che era stata promessa.
SEQUENZA
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Canto al Vangelo Gv 6,51 Alleluia, alleluia. Io sono il pane vivo disceso dal cielo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. Alleluia. Vangelo Mc 14, 12-16. 22-26 Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue. Dal vangelo secondo Marco
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?».
Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: "Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi».
I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.
Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».
Dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.
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Non c’è Pasqua senza la fede!
Commento al Vangelo della Domenica del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo 2015, Anno B
Ecco la domanda che tutti, di fronte alla nostra vita, abbiamo nel cuore. Forse i più neanche lo sanno, seppellita com’è da altre ben più superficiali domande. Magari anche noi, ascoltando mille volte questo Vangelo e i suoi paralleli, l’abbiamo sfiorata sbadatamente. Ma quella che in questa Domenica del Corpus Domini la Chiesa pone a Gesù per bocca dei “suoi discepoli” è di una profondità impressionante: “Dove vuoi che andiamo a preparare perché “tu” possa mangiare la Pasqua?”.
La Chiesa dunque cerca sempre il luogo dove preparare la Pasqua “di” Gesù, perché senza di essa non può vivere, come affermavano i martiri di Bitinia. Nel 304 l’imperatore Diocleziano decretò che i cristiani non potevano tenere con sé la Bibbia, non potevano riunirsi la domenica per celebrare l’Eucaristia e nemmeno costruire dei luoghi per riunirsi. Ma la comunità di Abitene nell’attuale Tunisia, disobbedì e i suoi 49 fratelli furono scoperti in casa di Ottavio Felice mentre, di domenica, celebravano l’Eucaristia. Dopo essere stai arrestati comparirono davanti al Proconsole Anulino a Cartagine, e uno di loro di nome Emerito spiegò al Proconsole che non avevano obbedito all’Imperatore perché "Sine dominico non possumus", ovvero che senza riunirsi la domenica in comunità per celebrare l’Eucarestia non potevano vivere da figli di Dio nelle prove che erano chiamati ad affrontare durante la settimana. Ebbene questi fratelli così realisti e umili furono martirizzati dopo aver subito torture atroci.
Comprendiamo allora la profondità della domanda dei discepoli: senza un “luogo” dove celebrare il sacrificio redentore di Cristo e passare con Lui dalla morte alla vita, senza un luogo dove sperimentare il suo perdono e ricevere gratuitamente la sua vita, la Chiesa non può compiere la sua missione. Per questo è disposta a versare il sangue pur di custodire il luogo dove rinascere e crescere nella speranza, nella fede e nella carità, nello zelo e nel coraggio per annunciare il Vangelo.
C’è dunque ”una grande sala con i tappeti, già pronta” dove “preparare la Pasqua per noi”, per Lui e ciascuna comunità, dove Gesù come nuovo Mosè ha “eretto un altare ai piedi del monte con dodici stele per le dodici tribù di Israele”. Ecco perché non possiamo restarne senza! C’è la Croce, il suo altare, il letto d’amore dove ci unisce a Lui, ed è “già pronto” per noi.
C’è il “Didascalo”, il Maestro, che ci annuncia le parole dell’Alleanza con cui Dio si è legato a noi, e ce le insegna mostrandoci come siano immerse non più “nel sangue di capri e vitelli”, ma nel suo “sangue, che con uno Spirito eterno offrì se stesso senza macchia a Dio” per “purificare la nostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente”. Quella “sala” è dunque il luogo del perdono che cancella la malizia dal profondo del nostro cuore, perché ricolmo della vita di Cristo possiamo “servire” la volontà di Dio!
Per questo in quel luogo, “aspersi dal sangue” della “nuova ed eterna Alleanza” versato da “Gesù” suo “Mediatore”, noi che “siamo stati chiamati” nella sua Chiesa, possiamo “ricevere l’eredità eterna che ci è stata promessa”, la vita più forte della morte e del peccato.
Come non chiedere a Gesù “dov’è il luogo” dove Lui ci dona, compiuti nella sua Pasqua, “tutti i comandi” che Dio ha scritto nella sua Legge perché anche “noi possiamo eseguirli” nell’amore? Come non ascoltare oggi le sue parole per “entrare” anche noi “nel santuario” dove sperimentare le primizie della vita celeste, “attraverso la tenda più grande e perfetta non costruita da mano d’uomo”, attraverso cioè la sua carne?
Ascoltiamolo allora indicarci il cammino per giungere al luogo della sua Pasqua. Gesù non ci risponde dandoci un indirizzo, ma annuncia un fatto e invia due discepoli a viverlo: “andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo e là dove entrerà dite al padrone di casa: il Maestro dice; Dov’è la mia stanza perché vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Per conoscere il luogo la Chiesa e ciascuno di noi deve innanzi tutto obbedire a Gesù che invia “due discepoli”.
“Due”, come Adamo ed Eva, e per questo segno dell’uomo creato a immagine e somiglianza di Dio, “maschio e femmina”, e che nella diversità e nella complementarietà sono chiamati a diventare una cosa sola aperta alla fecondità; ma anche segno della frattura apertasi tra di loro in conseguenza del peccato con cui hanno disobbedito a Dio; “due discepoli”, come ogni matrimonio chiamato all’amore e così spesso ferito dalla concupiscenza e dall’egoismo; “due”, come gli apostoli inviati in missione a far presente sulla terra il potere del Vangelo che risana ogni divisione; “due”, come Pietro e Giovanni che corrono verso la tomba per vedere, credere e testimoniare la resurrezione di Gesù. “Due”, per significare che l’obbedienza alle parole di Gesù passa sempre per un “io” chiamato a trascendersi in un “tu”. “Due”, come Cristo e la sua Sposa, come ciascuno di noi e il nostro Sposo.
“Due”, per dire ciascuno di noi che siamo stati creati come persone aperte e destinate alla comunione, e non come dei lupi solitari gettati nel mondo; “due” per dire che per compiere la nostra vita nell’amore dobbiamo obbedire alla parola di Gesù che ci invia nella “città”, cioè nelle vie che definiscono le circostanze della nostra storia concreta dove “ci verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua”.
Ecco il segno! L’acqua della vita, il battesimo, e un uomo che ne attinge per noi, immagine dei pastori e dei catechisti che, nella Chiesa primitiva, guidavano i catecumeni nel cammino verso il sacramento della rigenerazione.
Fratelli, non c’è Pasqua senza la fede! Non si può celebrare la Pasqua di Cristo senza aver scoperto il luogo dove immergere il nostro uomo vecchio. E non si può scoprire senza un serio cammino di fede, una iniziazione cristiana che ci accompagni, anche se già battezzati a riscoprire il potere di Cristo risorto.
Non potremo celebrare in pienezza la Solennità del Corpus Domini senza aver obbedito al Signore e “seguito” quell’ “uomo che ci viene incontro”, i missionari che cercano ciascuno di noi per accompagnarci al “luogo” dove Gesù realizza il “culmine e la fonte” di ogni liturgia e della vita cristiana.
Coraggio allora, “andiamo” ed “entriamo in Città.
Il battesimo, il cammino della fede ci conduce al luogo dove si compie e nasce la nostra vita, il culmine e la fonte.