sabato 13 giugno 2015

XI domenica del Tempo Ordinario, Anno B


Nell'undicesima Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci propone il Vangelo in cui Gesù paragona il Regno di Dio a un granello di senape, dicendo:
“Quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi… ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra”.
Con il capitolo IV, il Vangelo di Marco dà inizio ad una sezione dominata dalle parabole: “la parabola è un genere letterario caro agli orientali. Si tratta di una similitudine, o di un paragone, ma non di una similitudine astratta e cerebrale, ma concreta, tratta dalla vita vissuta. Essa permette di fissare un insegnamento in immagini vive che si imprimono negli occhi, nella fan­tasia, nella memoria… Secondo l'evangelista, all'inizio del suo ministero in Galilea Gesù parla in parabole alla gente perché non la ritiene pronta ad accogliere la rivelazione improvvisa di un Regno di Dio tanto diverso da quello che era stata abituata ad attendere” (Cantalamessa). Con le due brevi parabole sul Regno di Dio, che costituiscono il Vangelo di questa domenica, Gesù vuole esprimere e coinvolgerci nella meraviglia dell’opera che il Padre sta facendo: gli inizi della predicazione del Signore sono davvero piccoli, parrebbero del tutto insignificanti, davanti ai grandi eventi della storia del mondo, proprio come un granello di senapa, “il più piccolo di tutti i semi”. Ma il seme del Regno di Dio porta dentro di sé tutta la forza di Dio, tutta la gioia dello Spirito Santo, e diventa stelo, poi spiga, poi esplosione di chicchi che riempiono la spiga… e il grano di senape diventa albero rigoglioso. È una parola profetica che dà coraggio agli operai del Vangelo, spesso considerati, anche nella Chiesa, come insignificanti. Verrà il tempo della mietitura e allora si vedrà, e con sorpresa di molti, ciò che ha valore! (Pasotti)
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MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 26,7.9
Ascolta, Signore, la mia voce: a te io grido.
Sei tu il mio aiuto,
non respingermi, non abbandonarmi,
Dio della mia salvezza.
 

 
Colletta

Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore...
 Oppure:
O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il germe della verità e della grazia, f
a' che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c'è più amore e più giustizia ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo..
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura  Ez 17, 22-24Io innalzo l'albero basso.

Dal libro del profeta Ezechiele
Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d’Israele.
Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso, faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò»
Salmo Responsoriale   Dal Salmo 91/92
È bello rendere grazie al Signore.
 
È bello rendere grazie al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunciare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte.
I1 giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio. 

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno verdi e rigogliosi, 
per annunciare quanto 
è retto il Signore,
mia roccia: in lui non c’è malvagità
.
 
Seconda Lettura   2 Cor 5, 6-10Sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere graditi al Signore.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione - siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore.
Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male.

Canto al Vangelo   
Alleluia, alleluia.

Il seme è la parola di Dio, il seminatore è Cristo:
chiunque trova lui, ha la vita eterna

Alleluia.

   
   
Vangelo
  Mc 4, 26-34
È il più piccolo di tutti i semi, ma diventa più grande di tutte le piante dell'orto.
Dal vangelo secondo Marco.
In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme ger­moglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene semi­nato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra».
Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa.   

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Il Regno di Dio è Cristo, che getta se stesso nella storia di ogni uomo

Commento al Vangelo dell'XI domenica del Tempo Ordinario, Anno B -- 14 giugno 2015


Spesso il Vangelo ci trascina in un violento testacoda, come quando Gesù parla del Regno di Dio, oggetto preferito delle confidenze sussurrate "in privato" ai suoi amici. Gli apostoli, infatti, hanno molto a che fare con esso.
Quando Gesù afferma che "il Regno è come un uomo che getta il seme nella terra", oppure "come un granellino di senapa", sta dicendo che il Regno di Dio non è un luogo circoscritto ma "si può paragonare" a un evento sempre in evoluzione.
Lo può "descrivere" solo una "parabola" che racconta una storia, ma allo stesso tempo è molto più di un semplice oggetto. Il Regno è come un uomo che semina, ma è anche come il seme, che "cresce e germoglia". E' una persona, ma è anche la sua vita.
E' un piccolo resto che distende le sue radici nella terra ma non resta fermo; come il popolo di Israele si muove nel buio dell'Egitto, buca la superficie della terra uscendo dalla schiavitù, esce alla luce passando attraverso il mar Rosso, e continua a crescere nel deserto puntando il Cielo della terra promessa per diventare un popolo che, come un segno dell'amore di Dio, distende i suoi rami, "tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra".
Il Regno di Dio è Cristo, che getta se stesso nella storia di ogni uomo, ma è anche il Popolo unito a Lui come la terra al seme. Egli ne assorbe le speranze e i fallimenti, le gioie e i dolori, anche i peccati, per trasformare tutto in un prodigio di amore robusto e fecondo.
E' un mistero, è il Mistero Pasquale nel quale il corpo esanime di Gesù è trasformato in un corpo glorioso capace di dispensare vita senza fine.
Mette i brividi, eppure neanche l'uomo Gesù "sapeva come" ciò sarebbe potuto accadere. E lo si vede bene nel Getsemani, quando, prostrato nell'angoscia, chiede al Padre di risparmiargli il calice della Passione.
Quella notte Gesù si trovava proprio come un contadino che getta il seme in terra: questi sa che lì dentro accade qualcosa capace di trasformare quel puntino che teneva in mano in una pianta o in un albero, ma non sa come ciò si realizza.
Il contadino, infatti, non è mai stato un seme, e per quanto le conoscenze scientifiche attuali ce lo sappiano spiegare, nessuno di noi ha mai vissuto l'esperienza di un seme gettato in terra.
Così Gesù è dovuto entrare nell'ignoto, in quel passaggio doloroso e sconosciuto che il demonio ha colto a pretesto per tenerci schiavi tutta la vita.
Sapeva che lo avrebbero preso, insultato, deriso, flagellato e appeso alla croce; sapeva che sarebbe morto e risorto, ma come ciò sarebbe accaduto non lo sapeva.
Era certo che il Padre non lo avrebbe abbandonato, ma doveva entrare senza mappe né istruzioni in quel pezzo di terra a forma di sepolcro; doveva, per essere il primogenito di molti fratelli, la primizia del Regno di Dio, il Capo che porta alla salvezza il suo Popolo.
Doveva perché in Lui tutti noi, scelti e chiamati a far parte del suo Corpo vivo nella storia, potessimo entrare nella terra buia che ci attende per uscirne vittoriosi come un albero che abbraccia nella salvezza le Nazioni pagane ancora schiave del demonio.
Ecco, le parabole di questa domenica  annunciano il Regno di Dio come ilpassaggio dalla morte alla vita: lo profetizzano per Gesù ma anche per ciascuno di noi; e anche per ogni uomo, per chi ci è accanto in ufficio e per il quale pensiamo non vi sia più speranza. Anche per tuo figlio o tuo cugino, anche per un pedofilo o un terrorista. Non sappiamo come possa accadere che anch'essi si salvino.
Certo sono liberi, possono rifiutare sino in fondo l'occasione. Ma per tutti, misteriosamente, c'è un pezzo di terra dove Cristo si getta per morirvi con loro e così strapparli alla dannazione unendoli a sé nella risurrezione.
E quel pezzo di terra è proprio quel momento in cui la persona accanto è più indurita, ci aggredisce e ci insulta, ci rifiuta e disprezza; ci uccide dentro. E' il kairos, il momento favorevole in cui la terra si spacca, magari impercettibilmente, per accogliere il nostro amore, che significa la nostra morte.
Perché così è accaduto a Gesù, quando ha gettato se stesso nella terra della nostra vita che con i peccati lo ghermiva per ucciderlo.
No, non sappiamo che cosa succederà dopo, quanto tempo dovremo restare in quel sepolcro spalancato dai peccati dell'altro.
Lo sa una moglie abbandonata da un marito? Lo sanno il padre e la madre di un figlio che li detesta e se ne va di casa? Lo sa chi è stato truffato e derubato, insultato e calunniato? Lo sa un missionario rifiutato e perseguitato?
No, nessun cristiano che offre la sua vita lo sa, ma ha la certezza che darà frutto, perché allo stesso modo l'amore di Cristo ha dato frutto in lui.
Nel Vangelo di Giovanni Gesù invita gli apostoli a "guardare i campi - tutto il mondo! -che già biondeggiano per la mietitura"; e nel brano di oggi, dove si legge di "metter mano alla falce", l'originale greco ha apostellei, che significa "inviare", da cui deriva "apostolo".
La mietitura è dunque l'invio degli apostoli, perché l'annuncio del Vangelo è già l'inizio della raccolta dei frutti! Non è questione di "dormire o vegliare", perché "il chicco pieno nella spiga" non dipende dagli apostoli, ma da Cristo.
E' Lui che ha già dato la sua vita per tutti, ed è ancora Lui che parla e agisce nei cristiani. Per questo Egli vede anche nel più grande peccatore, anche nelle zone del mondo più pagane e indifferenti al vangelo, la salvezza che gli uomini non vedono perché non sanno:
Lui sa perché è entrato nella morte ed è risorto perché il suo mistero di Pasqua dia frutto in tutti.C'è una "spontaneità" del bene più forte del male che è sempre innaturale.
Essa si sprigiona nell'uomo quando egli viene a contatto con l'origine e il compimento del bene; quando cioè Cristo tocca il suo cuore e vi entra per risuscitare in lui e far crescere e fruttificare il seme divino che vi giace sin dalla creazione.
E' quanto accade come un segno di speranza in chi è accolto nella Chiesa attraverso un lungo cammino iniziato con la semina della Parola; in virtù del suo potere, essa "cresce in lui spontaneamente" generando fede, speranza e carità, i segni della vita nuova che estenderà i suoi rami per accogliere i peccatori nella misericordia.