martedì 11 agosto 2015

Gli "irregolari" e il Sinodo





Il vaticanista Aldo Maria Valli intervista diverse coppie di «irregolari» sui temi del Sinodo

MARIA TERESA PONTARA PEDERIVATRENTO

«Sarebbe bello se la Chiesa riuscisse davvero a creare armonia tra il Vangelo, il magistero e la vita concreta delle persone. Spesso sentiamo dire che eventuali cambiamenti finirebbero per minare alla base il sacramento del matrimonio, così come quelli dell’eucaristia e della penitenza. Ci si dimentica però del fatto che anche l’attuale dottrina sui risposati introduce interrogativi irrisolti».
Cosa li fa soffrire di più? «L’incomprensione dei ministri di Dio per il nostro cammino, l’idea che ci considerino cristiani di serie b. Non considerano che ci sono dei processi di maturazione, di ascesi, di avvicinamento a Dio che aprono gli occhi e l’anima a nuovi orizzonti».
Gianfranco e Raffaella, Maurizio ed Elena sono due delle tante coppie di «irregolari» intervistate da Aldo Maria Valli, vaticanista del Tg1 Rai le cui risposte confluiscono in quello che definisce un «mosaico multicolore» segno della diversità e complessità delle situazioni solo fino a pochi anni fa inedite.

«Irregolari» perché questo è il termine ufficiale dei documenti della Chiesa: di «situazione difficile o irregolare» parla, per esempio, il direttorio di pastorale familiare della Cei (1993) o la Familiaris Consortio di papa Giovanni Paolo II (1981)… eppure l’aggettivo sembra essere dimenticato dalla Relatio Synodi che preferisce associare loro il concetto di «fragilità». Al di là dell’aspetto linguistico, un cambiamento di non poco conto nel giro di pochi anni per allontanare definitivamente ogni rischio di emarginazione o discriminazione, tanto meno scomuniche, come ricordato da papa Francesco nella prima udienza del mese di agosto.

Se, almeno nei termini, sembrano riacquistare dignità all’interno della comunità ecclesiale tutte quelle situazioni prima accomunate dall’irregolarità – divorziati-risposati, conviventi, sposati con rito civile, relazioni fra persone dello stesso sesso – non viene meno la sofferenza vissuta e testimoniata da alcune parole-chiave che ricorrono nelle risposte o restano sullo sfondo dei discorsi. Innanzitutto la fede, spesso forte e appassionata capace di riannodare i fili spezzati di un’esistenza che ha visto fallire, talvolta in maniera incolpevole, il proprio progetto: una fede non individuale, ma che chiede di far parte di una comunità, pur vivendo, di fatto, il dramma di un’esclusione.

Poi il dolore: non una generica sofferenza, un dolore lancinante per un fallimento di quella vita a due, voluta e sognata (la psicologia interpreta il divorzio come la più grande tragedia seconda solo alla morte del coniuge), ma anche il dolore e la disperazione per un’ingiusta discriminazione nei confronti di una scelta  - per esempio quella di un matrimonio civile - che pure viene ritenuta legittima e motivata, tutt’altro che fonte di esclusione e disagio («perché mai un tipo di unione, solo per il fatto di essere conformata a una norma, dovrebbe essere considerata di qualità superiore?» dicono Giovanni ed Elisabetta, coppia di fatto).

Sono pagine, quelle tracciate dalle interviste di Valli, che aprono un panorama spesso solo sfiorato da quanti, anche all’interno delle nostre comunità parrocchiali, forse preferiscono non conoscere, non condividere il dolore dei fratelli, ma che non può essere ignorato in una Chiesa chiamata a lenire le ferite con l’olio della misericordia evangelica.

Di qui la speranza che permea il testo: la speranza di essere ascoltati e accolti e ricevere una «buona notizia», anche per i figli che pagano errori non commessi, per uscire finalmente da quel «cono d’ombra» dove sono stati relegati per troppi anni. E spesso una fiammella, timida, tuttavia rassicurante, esiste già e rischiara il buio: l’accompagnamento discreto ed empatico di un prete che si fa carico di mostrare il volto accogliente di una Chiesa che annuncia l’amore del Padre che ama tutti i suoi figli con una predilezione per gli ultimi, quanti «hanno bisogno del medico».

Tra le righe la voce di Massimo a un convegno promosso dalla diocesi di Trento per ascoltare la voce dei «fratelli divorziati»: «Non chiediamo di essere accolti, ma abbiamo bisogno che la Chiesa si accorga che noi ne facciamo già parte».

Aldo Maria Valli, «Chiesa ascoltaci! Gli “irregolari” credenti si rivolgono al Sinodo», Editrice Ancora, 2015, pp. 160, euro 15.