mercoledì 2 settembre 2015

Il Giubileo di papa Francesco: perdono alle donne pentite che hanno abortito e indulgenza ai carcerati

Papa Francesco annuncia l'indizione del Giubileo della misericordia - AFP
“Desidero che l’indulgenza giubilare giunga per ognuno come genuina esperienza della misericordia di Dio”. Scrive così il Papa - in vista del Giubileo Straordinario della Misericordia - in una Lettera inviata oggi amons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della Nuova Evangelizzazione. 
Nella Lettera le disposizioni di Francesco perché tutti possano “vivere e ottenere” il perdono dei peccati, compiendo un “breve pellegrinaggio e varcando “la Porta Santa aperta in ogni cattedrale o nelle chiese stabilite dal vescovo diocesano, e nelle quattro Basiliche papali a Roma”, oltre che nei Santuari e nelle chiese per tradizione giubilari. Particolare attenzione il Papa riserva agli ammalati, alle persone anziane, ai carcerati prevedendo per loro speciali condizioni. Indulgenza anche per i defunti. Tutti i sacerdoti potranno assolvere il peccato dell’aborto. Apertura ai fedeli della Fraternità San Pio X per il perdono dai loro sacerdoti.
D. – Mons. Fisichella, anzitutto qual è lo spirito che pervade la Lettera?
R. – Mi sembra che lo si trovi in un’espressione del Papa, dove subito all’inizio mi dice che desidera che il Giubileo possa essere l’esperienza viva della vicinanza del Padre e quindi poter toccare con mano la sua tenerezza. Io credo che questa sia la chiave di lettura di tutta la Lettera. E’ un desiderio con il quale il Papa ci mostra che la misericordia va soprattutto toccata con le proprie mani e vista con il proprio sguardo. E’ una esperienza di vicinanza di Dio, è un’esperienza di amore e un’esperienza di perdono.
D. – Ci sono elementi di novità in questa Lettera? Mi riferisco in particolare al peccato dell’aborto e ai fedeli della Fraternità san Pio X…
R. – Ci sono tre temi in modo particolare in questa Lettera. Due sono quelli accennati da lei e uno è quello che apre, vale a dire tutto il tema dell’indulgenza, che il Papa inserisce proprio all’interno di questo grande amore della misericordia di Dio, che porta fino agli estremi le conseguenze del peccato e quindi ci mostra come vivere di questa esperienza significhi il dover fare nella nostra propria vita quotidiana il senso di essere stati riscattati dal peccato e quindi di non dimenticarci mai di questa esperienza di saper chiedere perdono senza timore, perché Dio non si allontana mai da noi. E questa dimensione della esperienza che il Papa accenna può essere ottenuta anche per quanti sono defunti, proprio perché siamo legati per la testimonianza di fede e di carità che ci hanno tramandato. Quindi, da questa prospettiva, direi, ci si apre al secondo tema. C’è questa grande novità che il Papa inserisce nel voler estendere a tutti i sacerdoti del mondo, per l’intero periodo dell’Anno giubilare, la facoltà di perdonare quanti hanno procurato l’aborto e che, pentiti, chiedono il perdono per questo gesto così disumano e così grave, un dramma profondo che viene vissuto. Poi, c’è l’altra dimensione che fa capire ancora una volta quanto il Papa sia sensibile al disagio di molti fedeli e in questo caso quei fedeli che tante volte non hanno la certezza di aver ottenuto il perdono, mentre invece il Papa li rassicura: quanti si accosteranno per celebrare il Sacramento della riconciliazione con i sacerdoti della Fraternità di San Pio X dovranno avere la certezza di essere stati assolti dai loro peccati. Quindi, devo dire, una preoccupazione che giunge su diversi aspetti anche se differenti fra di loro, ma che mostra quanto la misericordia sia realmente coestensiva con tutta la vita della Chiesa.
D. – C’è un altro punto ancora che colpisce nella lettera, dove il Papa chiede espressamente di pregare per lui e per le intenzioni – scrive – che porta nel cuore per il bene della Chiesa e del mondo intero…
R. – Credo sia nello stile del Papa. Ci siamo abituati ad ascoltare questa sollecitazione che il Papa con ogni persona, ad ogni Angelus, ripete continuamente: “Non dimenticatevi di pregare per me”. E qui, credo che abbia voluto richiamare ugualmente la stessa dimensione. Perché l’esperienza dell’indulgenza e la celebrazione dell’indulgenza possa essere piena, il Papa chiede che ci sia la confessione, che ci sia la celebrazione dell’Eucaristia. Aggiunge anche l’esigenza di fare un breve pellegrinaggio a piedi verso la Porta santa e poi soprattutto di fare la professione di fede e di pregare per lui, per tutte le intenzioni che porta nel cuore. Credo che questa sia una delle indicazioni che saranno immediatamente colte dai fedeli, perché esprimono la semplicità del Papa, ma anche l’affetto che ricopre verso tutti quanti noi che facciamo sentire anche a lui la nostra vicinanza con la preghiera.
D. – Sottolinea Francesco che “la grazia del perdono completo ed esaustivo” per amore del Padre “nessuno esclude” e speciale vicinanza esprime, oltre che agli anziani e ai malati, ai carcerati…
R. – Anche qui, direi, un tema che merita di essere riflettuto, perché tante volte passiamo davanti a queste condizioni come se fosse una questione di mera giustizia, dimenticando invece che la misericordia deve raggiungere tutti. E quindi, mi piace sottolineare che il Papa ricorda anche questa condizione e il suo pensiero va a tutte quelle persone che, prive di libertà, non potendo attraversare la Porta santa potranno però – come indica Francesco – trasformare le sbarre della loro cella in una esperienza di libertà e di passaggio, di conversione, di rinnovamento, con la Porta santa. Mi sembra sia una Lettera che veramente ci aiuta ancora una volta a riflettere, a rimboccarci le maniche e a farci sentire pienamente coinvolti in questo cammino del Giubileo. RV

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L'unico criterio, la «salus animarum»


di A. Tornielli
Cari amici, come sapete ieri Papa Francesco ha indirizzato una lettera all’arcivescovo Rino Fisichella, incaricato dell’organizzazione e dell’animazione delle attività del prossimo Anno Santo straordinario della Misericordia. Qui una sintesi dei contenuti, e qui un mio commento.
Le novità sono essenzialmente tre:l’estensione a tutti i preti, durante il Giubileo, della facoltà di assolvere il peccato di “procurato aborto”. La possibilità di ottenere l’indulgenza nelle carceri, con la suggestiva immagine della porta della cella che si trasforma in Porta Santa. La decisione del Papa di dichiarare valide e lecite le confessioni di tutti quei fedeli che si rivolgono ai preti della Fraternità San Pio X durante l’Anno Santo.
Quello che mi colpisce sono alcune letture, reazioni e semplificazioni. Molti mezzi di comunicazione sembrano sempre meno interessati alla realtà: per giustificare certi titoli devono seguire le loro “narrazioni” e interpretazioni. Questo è, in fondo, l’aspetto più prevedibile: non accade soltanto con le notizie che riguardano la Chiesa o il Papa. Accade con tutto e per tutto. Della realtà buona parte dell’informazione sembra proprio poter fare a meno.
Così, ad esempio, già ieri si era deciso che la lettera papale significasse un’amnistia per l’aborto, o la straordinaria decisione di assolvere finalmente questo grave peccato (come se prima non ci fosse questa possibilità, che i vescovi spesso delegano). Qui non ci troviamo di fronte a un messaggio incompleto o ambiguo, alla necessità di spiegare. No. Bastava leggere (e il testo della lettera non è così lungo come un’enciclica, il numero di righe è persino inferiore a un editoriale di Scalfari). Eppure titoli, interpretazioni – e le immancabili reazioni di Salvini – sono partire in automatico, a prescindere dal testo.
Quello che però a me preoccupa di più, sono state alcune reazioni da parte del mondo cattolico. Ne ho lette in siti e giornali italiani e americani. Ci sono credenti che hanno commentato la decisione del Papa come una sottovalutazione della gravità del peccato di aborto, o peggio come un via libera a declassare quel peccato alla stregua dei peccati veniali.
Ecco, che dei cristiani ritengano la semplice estensione della facoltà di assolvere l’aborto a tutti i preti durante il Giubileo – nonostante le parole chiare e inequivocabili con le quali si ribadisce la gravità del peccato – come un venir meno della serietà della Chiesa, è davvero preoccupante. E indica la mutazione genetica alla quale sembra soccombere certo cattolicesimo, che in nome delle leggi, della dottrina, di certe battaglie culturali, mostra in fondo di non credere nella necessità della redenzione. Mostra di ritenere lo stesso messaggio della misericordia così centrale nel vangelo di Gesù, come un cedimento.
Per questi cattolici, basta la legge e la condanna. Si sentono a posto. Vorrebbero che il Papa e i vescovi ricordassero almeno due volte al giorno, magari a orari concordati con loro, che l’aborto è la soppressione di un essere umano, che i matrimoni gay sono contro il progetto di Dio, che il gender è un’ideologia inaccettabile. Ma guai a parlare di pentimento e misericordia. O di quell’abbraccio di misericordia così evidente e commovente nell’atteggiamento di Gesù che perdonava e perdona. Tutto questo, cari amici, per questi cattolici è grave cedimento alla mentalità buonista. Che importa della salvezza delle anime? Ciò che importa è l’adrenalina delle battaglie culturali, dei giudizi sferzanti che trasudano odio e irrisione verso tutti coloro che non sono come loro.
Ecco, un mondo che vede certi cristiani mutarsi in farisei che si credono perfetti e ritengono di aver ricevuto (da chi?) la sacra missione di emettere sentenze di condanna a ogni ora del giorno contro pubblicani, prostitute e peccatori (quelli stessi che ci passeranno davanti nel Regno dei Cieli), che ritengono loro sacro dovere di sparare a zero sui compagni di cammino nella fede (perché la loro consistenza è soltanto nell’essere “contro”), ha davvero bisogno di riscoprire la misericordia. E prima ancora, un po’ di realtà.
Forse le gerarchie dovrebbero preoccuparsi un po’ di più del fatto che ci siano cristiani che s’indignano perché chi ha commesso il peccato dell’aborto e si pente, viene assolto. Ma non dicono una parola sul macello dei migranti o su un peccato dimenticatissimo che grida vendetta al cospetto di Dio, quello di “defraudare la giusta mercede agli operai”.