sabato 16 maggio 2015

Chi vede Me vede il Padre

Vogliamo porre in luce la Persona del Padre, attraverso la trasparenza del Figlio, scorgendone il Volto nei gesti e nelle parole del Figlio.

di Marcello Giuliano
Trinita
Andrej Rublëv, SS. Trinità
giotto
Giotto, Ingresso a Gerusalemme
Riprendiamo, di passaggio, due immagini: la SS. Trinità, di Andrej Rublëv e l’Ingresso a Gerusalemme, di Giotto, nella Cappella di Santa Maria della Carità, detta degli Scrovegni, in Padova.
Nel caso dell’icona di Rublëv, abbiamo un portale aperto sul Cielo impassibile, ove il Verbo preesisteva e preesiste. Nel secondo caso, la vicenda storica, sottolineata dal movimento, dice i movimenti di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso il Dio incarnato. Molta critica su Giotto insiste nel dire che in Giotto vi è finalmente il superamento dell’iconografia bizantina
(come quella orientale in genere) statica, astratta, avulsa dalla realtà, ma, in verità, Giotto non punta a rappresentare la dimensione naturale dell’uomo, bensì il movimento di Dio verso l’uomo e dell’uomo verso Dio, evidenziando un simbolismo assai ricco, che poco ha a che fare con il naturalismo delle epoche successive: pensiamo, per esempio a quegli affreschi della Cappella in cui un personaggio, vissuto secoli prima, presta il proprio volto ad uno venuto dopo (San Gioacchino a San Giuseppe e a San Pietro, oppure, più ancora, il Figlio e il Padre).
Nell’icona di Rublëv la figura eterea di Dio domina la scena; è Signora della scena, benché leggera ed immateriale- Nel secondo caso, nell’ingresso di Gesù a Gerusalemme, gli attori della scena, divino e umani, si incontrano.
Anche nell’affresco dell’Arco Trionfale, ove il Padre, dipinto da Giotto, è al centro, si ha la divinità che domina la scena, ma, questa volta, già si intravvede sia il movimento verso l’uomo, mediato dall’Arcangelo, sia la raffigurazione del Padre con il volto del Figlio incarnato, cioè, dell’Uomo, ma dell’Uomo perfetto.
Gli attori, così, non sono solo il Padre, l’Arcangelo e Cristo, nonché l’invisibile Spirito, cioè quelli della scena pittorica. Si introduce un terzo attore molto importante nella prospettiva non solo dell’uomo, ma di Dio: lo spettatore, che può essere o curioso o devoto.
Ci si incammina verso la situazione esistenziale odierna. La finestra sul Cielo, sull’Eterno, il portale, può diventare una finestra per semplici curiosi, per visitatori distratti -come il piano antropologico-esistenziale ci dice-.
La materia nell’arte avvolge fino a nascondere la forma
risorto
Oggi nell’arte diviene più difficile parlare del Padre, che prima si rivelava solo attraverso l’immagine di un Figlio anch’esso visto come immateriale. Ora il Figlio è così interno al dinamismo della storia che le più moderne opere artistiche, sempre più lontane dall’idea classica di forma e di immaterialità, tendono a chiudersi nella materia. Si vorrebbe un divino accostabile solo attraverso la materia.
Consideriamo il Risorto del Fazzini in Aula Nervi, del quale Paolo VI disse al discorso di inaugurazione, -credo molto diplomaticamente-, che poteva essere una stazione di partenza in un’aula che deve distinguersi per chiarezza di annuncio.
In questa opera gigantesca, il Cristo si stacca dal caotico di una quasi esplosione nucleare. Ma quanto riesce a mostrare il Volto del Padre? Eviterei di continuare a considerare i nostri contemporanei, come i bambini ed i giovani, persone incapaci di cogliere la bellezza e la forma. Ogni giorno, a scuola, posso proprio constatare il contrario. Essi restano estasiati davanti al bello degli affreschi, che mostro loro, o della musica, che faccio loro ascoltare. In alcuni casi giungono a piangere di commozione per aver ascoltato e toccato la perfezione dell’esecuzione di un coro, di un’orchestra. Certo, bisogna crederci e credere in loro. In loro il lume dell’Intelletto e della Sapienza, sono ben presenti. Anch’essi sono Immagine del Padre!
Il Catechismo della Chiesa Cattolica
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica ampie pagine alla Trinità ed alla Persona del Padre, indicando nel Simbolo l’espressione della fede comune dei cristiani.
185 Chi dice: « Io credo », dice: « Io aderisco a ciò che noi crediamo ». La comunione nella fede richiede un linguaggio comune della fede, normativo per tutti e che unisca nella medesima confessione di fede.
190 Il Simbolo è quindi diviso in tre parti: « La prima è consacrata allo studio di Dio Padre e dell’opera mirabile della creazione; la seconda allo studio di Gesù Cristo e del mistero della redenzione; la terza allo studio dello Spirito Santo, principio e sorgente della nostra santificazione ». (230) Sono questi « i tre capitoli del nostro sigillo [battesimale]».
199 « Io credo in Dio »: questa prima affermazione della professione di fede è anche la più importante, quella fondamentale. Tutto il Simbolo parla di Dio, e, se parla anche dell’uomo e del mondo, lo fa in rapporto a Dio. Gli articoli del Credo dipendono tutti dal primo …
Dio ha, poi, rivelato il suo nome (ca. 203-205), come “Colui che sono” (ca.206-209), come Dio di Misericordia e di pietà (ca.210-213), come Verità e Amore (ca.214-221). Dio si rivela come il Padre ed è nel mistero della SS. Trinità (ca.232-237). Il Padre è rivelato dal Figlio (ca.238-242) e il Padre e il Figlio sono rivelati dallo Spirito (ca.243-248). In tutti questi canoni si potrà trovare ampia conferma e approfondimento di quanto ora esporremo attraverso la lettura di alcune opere sacre e della stessa Parola di Dio.