lunedì 11 maggio 2015

L’Egitto modello di convivenza per battere la barbarie dell’Isis



Telefonata Tawadros II - Francesco: impegno comune per unità

 Oggi nel primo pomeriggio il Papa Tawadros II, massima autorita' della Chiesa copta ortodossa, ha chiamato per  telefono il Santo Padre Francesco. Lo riferisce il direttore della Sala Stampa Vaticana Padre Federico Lombardi. Nella lunga e cordialissima conversazione sono stati toccati principalmente due temi: la volontà di proseguire nel comune impegno per l'unita' dei cristiani e la proposta di un accordo per la celebrazione della Pasqua in una data comune. Papa Francesco aveva indirizzato questa mattina al Papa Tawadros un importante messaggio in occasione del secondo anniversario del loro fraterno incontro a Roma nel quale ha ricordato  i legami spirituali, il lungo percorso di amicizia e “l’ecumenismo di sangue” che lega le chiese cristiane, assicurando la sua costante preghiera per la Sede di San Marco, la comunità cristiana in Egitto e in tutto il Medio Oriente, con un pensiero particolare ai fedeli copti recentemente martirizzati per la loro fede. . “Anche se la nostra comunione è ancora imperfetta – scrive Francesco - ciò che abbiamo in comune è più grande di ciò che ci divide. Possiamo noi perseverare nel nostro cammino verso la piena comunione, e crescere in amore e comprensione”. Francesco poi sottolinea come sia particolarmente incoraggiante che la Commissione Mista Internazionale per il Dialogo Teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese orientali ortodosse abbia recentemente messo a punto un documento su l'esercizio di comunione nella vita della Chiesa primitiva e le sue implicazioni per la ricerca di comunione oggi. Francesco si dice particolarmente grato per la disponibilità del Patriarcato della Sede di San Marco di tenere la prossima riunione della Commissione al Cairo. Papa Francesco ricorda che i cristiani di tutto il mondo si trovano ad affrontare sfide simili, che richiedono di lavorare insieme. E esprime apprezzamento per la nomina lo scorso anno da parte di Tawadros II di un delegato a partecipare al Sinodo straordinario dei Vescovi dedicato alla famiglia. Con la speranza che la cooperazione in questo settore possa continuare, in particolare per affrontare le questioni relative ai matrimoni misti. Dunque, nel giorno anniversario dell’incontro che – dice Papa Francesco - è giustamente diventato noto come il giorno di amicizia tra la Chiesa ortodossa copta e la Chiesa cattolica, il messaggio vuole essere un abbraccio fraterno in Cristo Signore. (F.S.) Radio Vaticana

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Tawadros II: “L’Egitto modello di convivenza per battere la barbarie dell’Isis”. Intervista 
(Maurizio Molinari)   Il Papa copto Tawadros II: Dio vuole la diversità, terroristi nemici dell'uomo --  Barba grigia, mantello nero, voce squillante e con nelle mani lo scettro di Papa di Alessandria e  Patriarca della Chiesa di San Marco: Tawadros II, leader religioso dei copti, descrive le  «persecuzioni dei cristiani» in atto nel mondo arabo come frutto del «terrorismo di chi vuole  riedificare il Califfato» auspicando «un patto internazionale per fermarlo»: è questa la richiesta di  cui è portatore al Festival delle Religioni che si apre martedì a Firenze, esprimendo la convinzione  che «la patria deve essere la casa e famiglia di ogni fede». 
I copti egiziani come hanno vissuto la decapitazione di 21 correligionari in Libia da parte di  Isis? 
«Come una immane tragedia. Le famiglie delle vittime sapevano che i parenti erano in Libia, erano  abituate alla lontananza. Molti egiziani hanno i propri cari che lavorano all’estero, si va in Libia  perché vicina. Le famiglie sono di Minya dove c’è la maggiore concentrazione di cristiani copti. La  nostra Chiesa è abituata ad offrire a Dio dei martiri, per questo nella liturgia ogni giorno ne  celebriamo uno. I decapitati sono i nuovi martiri». 
Quali conseguenze ha tratto da questo crimine? 
«Sono stati uccisi solo perché cristiani e solo perché egiziani. Siamo fieri di loro perché non hanno  rinnegato la loro fede. Nel Santo Sinodo abbiamo creato una commissione che si occupa di  monitorare tutte le violenze contro i cristiani egiziani». 
I cristiani sono oggetto di violenze, aggressioni e abusi in Iraq, Siria ed altri Paesi. Ci sono  chiese bruciate, villaggi svuotati, migliaia di profughi in cammino. Perché Isis perseguita i  cristiani, cosa sta avvenendo nel mondo arabo? 
«La persecuzione dei cristiani è il risultato di due fattori. Primo: l’odio dichiarato contro i cristiani  solo per il fatto di avere una fede diversa dai terroristi. Secondo: l’ideologia estremista dei gruppi  che cercano di ricostruire il Califfato. È bene aggiungere che tali violenze sono dirette anche contro  musulmani solo perché considerati ostili a tali gruppi e a questa ideologia. Dio ha scelto il Medio  Oriente come culla della diversità religiosa, e qui abbiamo da sempre fedi diverse che convivono.  Ma i terroristi vanno contro la volontà di Dio». 
Alcuni cristiani sono stati uccisi mentre tentavano di immigrare in Europa: gettati a mare dai  barconi o decapitati da Isis. Perché i terroristi colpiscono anche i migranti? 
«Perché sono privi di ogni sentimento di amore verso il prossimo: tutti coloro che sono diversi da  loro sono nemici da eliminare. Ci perseguitano, ovunque, perché odiano il Cristianesimo e ci  considerano infedeli o pagani. Tutto ciò è la conseguenza della volontà di creare uno Stato Islamico, il Califfato che esisteva secoli fa». 
Quale è la migliore risposta alla persecuzione dei cristiani? 
«È nella coesistenza fra cristiani e musulmani, come avviene in Egitto da 14 secoli. In un’atmosfera che consente di risolvere i problemi quando si manifestano. L’Egitto è una sola famiglia. Nel 2013  quando sono state distrutte le nostre chiese dopo la caduta del regime dei Fratelli Musulmani  abbiamo espresso, per iscritto, perdono nei confronti dei responsabili. Perché dentro una stessa  famiglia si perdona. Nel momento in cui subiamo le violenze dobbiamo essere testimoni di Cristo,  accettare la volontà divina e le difficoltà che comporta. Questo perché è la patria comune che può  aiutarci a ricostruire le nostre vite. Una patria senza chiese è meglio delle chiese senza patria». 
Come dialogare con l’Islam per battere i terroristi jihadisti, quali sono gli interlocutori che  vede nel mondo musulmano? 
«Abbiamo creato un’associazione a tal fine, che ha due fondatori: la Chiesa e l’Università  musulmana di Al-Azhar. Si chiama “La Casa della Famiglia”. È lo strumento con cui tentiamo di  risolvere ogni problema fra cristiani e musulmani. In qualsiasi momento assieme al Grande Imam  Al-Tayeb possiamo riunirci, agire». 
Il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi ha compiuto gesti importanti verso i copti: dal  discorso di Natale nella cattedrale al rafforzamento dell’istituto della cittadinanza nella  Costituzione. Da dove nasce questa attenzione per i cristiani? 
«Al Sisi viene da una famiglia egiziana che ha convissuto con i cristiani. Conosce da sempre  egiziani di fedi differenti e ciò ha contribuito alla sua identità, umanità. Nel suo approccio ai  cristiani rappresenta la maggioranza degli egiziani. È un elemento che aiuta a comprendere perché  la popolazione si riconosce in lui. Ad evidenziare questo approccio di Al Sisi c’è quanto dice nei  discorsi: l’identità egiziana non ha un’accezione religiosa, prevale il concetto di patria come  famiglia di tutti. Ecco perché i sogni degli egiziani sono riposti in lui». 
Crede che questo approccio possa diventare un modello di convivenza fra fedi diverse anche  per altri Paesi arabi? 
«Certo, i Paesi arabi hanno bisogno del modello egiziano di convivenza fra cristiani e musulmani». 
Quale messaggio porterà al Festival delle Religioni di Firenze? 
«A Firenze dirò che è necessaria la collaborazione internazionale contro il terrorismo e  l’integralismo. Bisogna dunque rafforzare quei principi che portano all’accettazione del prossimo». Quali sono i punti di incontro fra le tre fedi monoteiste? «Le tre fedi possono collaborare per diffondere assieme i principi che le accomunano: amore e pace  per tutti. La pace nasce non solo dai grandi eventi internazionali ma soprattutto nelle menti delle  persone comuni. Decisive sono le scelte dei singoli». 
Cosa vede nell’orizzonte dei rapporti fra Italia ed Egitto? 
«I nostri popoli hanno molto in comune, sul piano dei valori e della Storia, c’è un sentimento che ci  unisce. I rapporti bilaterali sono stretti ed ho un legame forte con il vostro Paese. Per questo ho  scelto l’Italia come primo Paese europeo da visitare dopo l’insediamento nel 2013».
La Stampa,