martedì 2 giugno 2015

3 giugno 1963, l’ultimo giorno di Giovanni XXIII.



 Anime

(Loris Francesco Capovilla) Risuonano dall’ampio anfiteatro di piazza San Pietro le estreme parole di san Giovanni XXIII: «La mia giornata terrena finisce, ma il Cristo vive e la Chiesa ne continua l’opera redentrice nel tempo e nello spazio. Anime. Anime». È ben evidente che questo asserto è stato fatto proprio da Papa Francesco e dai vescovi di tutto il mondo, che ripetono le parole di quel 3 giugno 1963.
La Chiesa nel suo insieme implora a non sottrarsi al fascino dell’ultima raccomandazione roncalliana al fine di dilatare e cementare l’unum sint dell’ultima cena: un solo Padre, un solo Redentore, un solo Santificatore, una sola Famiglia.
L’umanità non è un gregge errabondo e bellicoso. Vuole essere una comunità. Non si dimentica la preghiera di Giovanni Paolo II per l’Italia e con l’Italia declamata nelle Grotte Vaticane, che si conclude con l’accenno esplicito a due illustri personaggi laici appartenenti alla storia e alla politica mondiale: Alcide De Gasperi e il carismatico sindaco di Firenze Giorgio La Pira.
Essi sono additati come modelli dell’umanità rinnovata dal Vangelo, che obbliga a proseguire sulla strada faticosamente e pazientemente percorsa nella certezza di raggiungere con l’aiuto di Dio e dei costruttori di pace la crescita di una umanità giusta, saggia, laboriosa, generosa e caritatevole.
Torna opportuna in questa ricorrenza la lezione familiare a La Pira di San Giovani della Croce. Essa è un farmaco per le nostre debolezze e insufficienze: «Niente ti turbi. Niente t’attristi. Tutto dilegua. Dio non si muta. Con la pazienza tutto t’acquisti, manchi di nulla. Se hai Dio nel cuore: basta il suo amore» (Opere di Santa Teresa di Gesù, pagina 1511).
Con uomini cosiffatti, il cammino intrapreso arrecherà al mondo i doni divini della solidarietà e della giustizia a favore di tutto il genere umano secondo l’insegnamento di san Paolo per il raggiungimento del bene comune.
L'Osservatore Romano