lunedì 1 giugno 2015

Love stories





Quanti innamorati incontra un sacerdote durante la sua vita? Tanti. Con la testa tra le nuvole nei primi tempi di assoluta felicità, impazienti nel percorso del fidanzamento, radiosi il giorno delle nozze e poi un po’ sereni e un po’ preoccupati nella vita quotidiana, con gli inevitabili alti e bassi legati al lavoro, ai figli, agli imprevisti. Succede anche che i giovani felici di un tempo si ripresentino a testa bassa, sconfitti, per un legame che non riesce a ritrovare le sue radici più profonde. Sono tutti questi volti ad affollare le pagine scritte dadon Giorgio Carini, - parroco a Grottamare, nella diocesi di San Benedetto del Tronto e docente presso l’Istituto Teologico Marchigiano – che ha pubblicato con le Edizioni Palumbi “Love Stories – Manuale di sopravvivenza per il matrimonio cattolico”. Dall’esperienza concreta di un sacerdote, nasce un piccolo testo che racconta la sfida e il miracolo quotidiano dell’amore tra due persone disposte a scommettere la vita su una promessa di fedeltà. Pubblichiamo di seguito un estratto dell’ottavo capitolo.
 
-----
 
TI AMO! CHE VUOL DIRE?
 
Ti amo nocciolina.
La scritta campeggiava maestosa sul cavalcavia per parecchi metri, ingombrante ma romantico, soprattutto se avete un debole per noci, nocciole e pistacchi. Tuttavia dirlo per la prima volta, faccia a faccia, è tutt’altra cosa: è come doversi buttare giù dal Monte Bianco. Ti rimane impresso indelebile per tutta la vita. Quando, dopo interminabili attimi di sospensione, lei ricambia con lo stesso trasporto, con un monosillabo o un semplice bacio, è come se iniziasse nel tripudio festoso una nuova creazione, è come se la vita nascesse in quel momento.
 
Che bello!
 
C’è il trasporto di un sentimento che ti invade, travolgente, con, inscindibile da esso, una promessa di eternità: per sempre, è per sempre! La verità splendente di quel momento si verifica nella durata, nella capacità di attraversare il tempo.
 
In quel gesto non si esprime solo un sentimento, ma un giudizio, un atto irrevocabile della ragione e della libertà. Il sentimento non basta, va e viene. Il giudizio no.
 
L’amore è un giudizio, non un sentimento. Dire ti amo vuole dire: “Riconosco che tu sei il bene più prezioso della mia vita. È come dire: questa penna è rossa. Punto. Si possono scatenare tutte le schiere infernali e diaboliche con la loro ferocia ma non potranno mai scalfire questo giudizio. Non si può cancellare un fatto. Ti amo perché sei preziosa, vali. (…)
 
Basta l’espressione libera e consapevole di quella promessa per generare il matrimonio. Insomma, quando due innamorati si dicono ti amo è come se esplodesse una bomba atomica che invece che distruggere genera una nuova creazione radiosa di bellezza a tal punto da unire, nella vita divina e immortale ricevuta nel battesimo, due persone che diventano una cosa sola. Altro che battute romantiche da soap opera!
 
Io Luigi prendo te Silvia come mia sposa. E, con la grazia di Cristo, prometto di esserti fedele sempre [...].
 
Senza la forza di Colui che ci ha amati fino alla morte questo desiderio non potrebbe reggere alle sfide della vita, alle nostre debolezze, ai nostri errori. Lui permette la fedeltà, permette il compimento di quella promessa radicata nell’amore: che sia per sempre, che questa bellezza duri, non passi, non muoia.
La fedeltà è riconoscere che mi appartieni e ti appartengo. (…)
 
Il nuovo rituale recita: Io N. accolgo te. Ritengo più suggestiva la vecchia formula, più aderente all’intensità e profondità che vivono degli innamorati, all’unione radicale che quelle parole generano unendo due vite.
 
Amarti ogni giorno: riconoscere il bene che sei per me, quel bene che nell’innamoramento ha mostrato tutta la sua bellezza, come una promessa capace di durare anche quando tutto è contro, come una roccia nella tempesta.
 
Amarti e onorarti; nel tempo l’amore dilata la stima, la gratitudine, qualcosa che è sempre più raro ma che è bellissimo veder crescere tra due sposi: sei proprio una grande donna! Ti ammiro! Ti amo!
 
L’onore reciproco nasce dall’aver affrontato mille battaglie piccole e grandi e di averle vinte, rimanendo attaccati a ciò che si ama.
 
Daniele mi raccontava di aver portato la ragazza in vacanza in Trentino, una sera l’ha invitata a fare un giro sulla slitta con i cavalli. Le luci soffuse della sera, i campanelli che tintinnavano in un silenzio ovattato, gli zoccoli che frusciavano sulla neve! A quel punto le ha dato l’anello di fidanzamento, che romantico! Come un film! Beh, diciamolo pure, anche una scimmia ti avrebbe detto di sì.

Ma dopo qualche anno, quando tutto sembra passato, dopo una giornata di lavoro disastrosa torni a casa e tua moglie ha strisciato la macchina quasi nuova che ancora devi finire di pagare. Nel frattempo la cena è bruciata. Con il mondo che si accanisce contro puoi comunque guardarla negli occhi, gli stessi di quel giorno, e riprendendo in mano il tuo e il suo destino puoi dirle: “Sei proprio un impiastro! Ma ti amo! Io ti amo! Come farei senza te? Adesso andiamo sotto a mangiarci un pezzo di pizza al taglio, ma paghi tu perché oggi al lavoro è stata una tragedia”.
Qui le scimmie non c’entrano.
 
Tutto è in quella promessa, pronunciata solennemente quel giorno indimenticabile, in una chiesa, davanti a Dio. Il giorno più bello della vita, che si rinnova in mille battaglie piccole e grandi che possono sconfiggere la malignità del tempo, guidati dal desiderio che la bellezza di quel giorno non passi, che quella promessa si avveri sempre più. Duri.
 
Molto più di una scritta sul cavalcavia che nel tempo inevitabilmente sbiadisce.
Edizioni Palumbi