martedì 16 giugno 2015

Rompiamo il vaso di alabastro

Ritiro mondiale sacerdoti

Concluso a Roma il ritiro mondiale dei sacerdoti. 

Il discepolo del Signore, e in particolare il sacerdote, non è chiamato «una volta per tutte», ma lo è «ogni giorno», e la nostra vita «è una risposta generosa a chi ci chiama con amore», con un unico, «preciso e irrinunciabile» obiettivo: la santità. Così il prefetto della Congregazione per il clero, il cardinale Beniamino Stella, ha racchiuso il senso delle meditazioni e degli incontri che hanno visto riuniti nella basilica di San Giovanni in Laterano, dal 10 al 14 giugno, i sacerdoti che hanno partecipato al terzo ritiro mondiale organizzato dagli International Catholic Renewal Services e dalla Catholic Fraternity of Charismatic Covenant Communities and Fellowships.Il porporato ha celebrato la messa nel pomeriggio di sabato 13, giorno dedicato alla riflessione sul tema «Fortificati dallo Spirito per diventare più pienamente discepoli missionari». E l’impegno dell’evangelizzazione per la Chiesa, ha detto il cardinale, non è quello di «un’azienda che necessita di eccellenti competenze professionali per espandersi sul mercato»: serve infatti «solo la santità dei suoi membri, per far giungere sempre più lontano, o sempre più in profondità, la parola del Vangelo, che corre “per attrazione”, da persona a persona». I sacerdoti, ha ribadito, non sono «“liberi professionisti” del ministero», ma dei «chiamati» che devono con «accoglienza e docilità» farsi trasformare dallo Spirito. 
All’azione trasformante dello Spirito ha dedicato la meditazione di sabato mattina anche padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, il quale, considerando la particolare esperienza dei sacerdoti vicini al movimento carismatico, si è soffermato sul significato della «unzione dello Spirito». Questa “unzione”, secondo il cappuccino, «significa avere lo Spirito Santo come compagno inseparabile nella vita», significa «fare tutto “nello Spirito”, alla sua presenza, con la sua guida». Una realtà che si traduce all’esterno «ora in soavità, calma, pace e dolcezza», ora in «autorità, forza, potere, autorevolezza».
Ma attenzione, ha avvertito il predicatore ai sacerdoti: questa unzione è già posseduta dai sacerdoti in virtù dei sacramenti, però «può rimanere inerte, inattiva, se noi non la liberiamo, come un unguento profumato che non sprigiona alcun buon odore finché resta racchiuso nel vaso». Occorre, perciò, rompere il vaso di alabastro della propria umanità, del proprio io, dell’arido intellettualismo, e «ricentrarci continuamente su Cristo».
Per fare questo, l’aiuto — ha spiegato il cardinale vicario Agostino Vallini nella messa conclusiva celebrata domenica 14 giugno — deve venire necessariamente dalla preghiera: «per essere buoni evangelizzatori è necessario pregare tanto, coltivare il nostro spazio interiore dedicato al silenzio e alla meditazione del Vangelo».
L'Osservatore Romano