mercoledì 5 agosto 2015

Don Giovanni non è solo

scuola parentale

(di Mauro Faverzani) Don Giovanni non è solo. Checché ne dica la stampa locale, che vuole presentarlo a tutti i costi come isolato. Invece, isolato non è. Lo dimostrano le numerose missive di solidarietà inviate dalla gente del posto alla redazione de Il Mattino di Padova.
La lettera firmata, ad esempio, pubblicata lo scorso 28 luglio, in cui si legge: «Se i dogmi del pensiero unico dominante, che la scuola pubblica si preoccupa di perpetuare, non concordano con gli insegnamenti che intendiamo dare ai nostri figli, non vedo per quale motivo non si possano tentare altre strade. Non sento di aver bisogno neppure del nulla osta della Diocesi. Don Giovanni è molto meno solo di quanto avete fatto credere ai lettori».
Oppure la lettera inviata da Barbara Montolli. O quella di Amedeo Petrella, che lamenta una campagna diffamatoria scatenata contro un ministro di Dio. O ancora quella di Claudio Tormena, che sente «sapore di vendetta» contro don Giovanni, preoccupato soltanto della «salvezza delle anime piuttosto che del tornaconto personale».
O quella di Bruno Dente, che spiega come la chiesa di don Giovanni sia «piena» perché sa «predicare il Vangelo con forza e sapienza», perché confessa, perché fa pregare – proponendo periodicamente l’Adorazione perpetua e notturna –. Anche per questo gode della piena «solidarietà delle Suore e della stragrande maggioranza dei parrocchiani». Che ci sia qualche scontento, è fisiologico. Come in tutte le parrocchie.
Chi è don Giovanni Ferrara? È un sacerdote cattolico, che ha deciso di ospitare nei locali della parrocchia S. Ignazio di Loyola nella frazione di Montà, a Padova, la scuola parentale ispirata ad un ben rodato modello formativo americano secondo lo slogan «Scegli tu come educare i tuoi figli». È una classe di seconda elementare, quella che prenderà il via a settembre, ma senza escludere in prospettiva pluriclassi con bambini di età differenti.
Sono una decina i bambini iscritti: programma ministeriale, niente compiti a casa, maestra unica scelta dai genitori, quote di iscrizione e rette di frequenza – doposcuola compreso – discrezionali ovvero a seconda delle possibilità individuali. Poi, a fine anno, esame di Stato a Staggia Senese per la certificazione del grado di formazione raggiunto. In più, però, qui, si hanno alcune garanzie che altrove potrebbero viceversa essere assenti: qui si prega, si ha la certezza di un’educazione veramente cattolica e gli alunni sono tutelati da “certi” pericoli – quali l’ideologiagender –, «perché sui bambini non si fanno esperimenti».
Come prevede il Catechismo, come prevede il Magistero. Ma come non sempre, nella stessa Chiesa, può dirsi assodato: lo dimostra la benevola accoglienza riservata, ad esempio, presso l’Istituto “San Gaetano” dalla Curia di Vicenza alla senatrice Valeria Fedeli del Pd, vicepresidente del Senato, autrice di un disegno di legge per la cancellazione degli «stereotipi di genere», poi assorbito dalla cosiddetta «Buona Scuola» di Renzi.
I tanti che, in quella sede, osarono esprimere perplessità e critiche verso le iniziative della parlamentare furono accusati dal direttore dell’Ufficio diocesano per la Liturgia, don Pierangelo Ruaro, durante un’omelia in Cattedrale, di boicottaggio, di voler fare le «crociate», di «estremismo», giungendo a metter in dubbio addirittura la loro fede ed il fatto che possano davvero dirsi «cristiani», come riportato dalGiornale di Vicenza. Son questi episodi a motivare l’urgenza di creare spazi di tutela, anche in ambito didattico, per chi voglia assicurare ai propri figli un’educazione realmente cattolica.
Nonostante questo, dall’iniziativa assolutamente meritoria del parroco della frazione di Montà, la Diocesi ha immediatamente preso le distanze. Lamenta il fatto che la scuola parentale non rientri tra i modelli individuati dalla Cei nella Nota pastorale La scuola cattolica risorsa educativa della Chiesa locale per la società dell’11 luglio 2014, reclama che certe scelte debbano essere condivise prima «con gli uffici diocesani e con la comunità», ritiene che ancora «non si conoscano abbastanza» simili proposte educative.
Ergo, don Giovanni è stato diffidato dall’utilizzare i locali parrocchiali per tale attività. Così, mentre la Diocesi tifa per riaprire la scuola materna S. Ignazio di Loyola di Montà, chiusa dopo 56 anni per problemi di bilancio, si mostra diffidente verso la primaria parentale parrocchiale, pur trattandosi di due questioni completamente diverse. A far problema, infatti, non sono gli spazi, come scritto da Il Mattino di Padova, essendo i locali abbastanza ampi da poter accogliere entrambe le strutture, senza porle in alternativa. Le difficoltà, con la materna, erano invece contabili e riguardavano un pesante deficit di circa 150 mila euro, a fronte di costi per il solo personale pari a 130 mila euro.
Don Giovanni, comunque, è deciso e pronto ad andare avanti. Col sostegno dei parrocchiani. Una di loro ha anche provato a contattare il nuovo Vescovo, mons. Claudio Cipolla, nominato lo scorso 18 luglio e prossimo al suo ingresso a Padova. Al momento non è riuscita a recapitargli la mail, ma è più che mai decisa a contattarlo almeno telefonicamente. Insomma, è evidente come don Giovanni non sia solo. (Mauro Faverzani)

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Il caso di Don Giovanni Ferrara, parroco cattolico a Padova. Facciamo il punto

(di Paolo Deotto su Riscossa Cristiana) Pochi giorni fa, il 26 luglio, scoppia a Padova il “caso” della Parrocchia di Sant’Ignazio di Loyola. Il parroco, Don  Giovanni Ferrara, avrebbe deciso di liquidare brutalmente la scuola materna per far spazio a unmonstrum, la “scuola parentale” e marcerebbe spietato e deciso, senza dar retta alla quasi totalità dei parrocchiani, che lo osteggiano da tempo, e nella disapprovazione della Curia.
La faccenda è interessante, anche perché, conoscendo da tempo Don Giovanni Ferrara, e sapendo cosa sia una scuola parentale, e conoscendo altre cose sull’ambiente ecclesiastico padovano, le prime notizie pubblicate sul Mattino di Padova, che il 26 luglio dedicò al “caso” tre articoli, non potevano che lasciare, per dirla con garbo, un tantino perplessi.
Si è arrivati così alla pubblicazione, il giorno 27, del primo articolo su questa vicenda: “Quando un parroco rischia grosso? Quando ha la pretesa di essere un prete cattolico”.
Il seguito è stato veloce e i nostri lettori, che hanno preso visione anche dei successivi tre articoli (clicca quiqui e qui), hanno avuto sufficiente materiale per rendersi conto di quanto sta realmente accadendo in quella parrocchia padovana.
Può essere utile, a questo punto, fermarsi un attimo e fare, come suol dirsi, “il punto” sulla vicenda, dalla quale possiamo senza dubbio trarre utili insegnamenti.
Il Mattino di Padova
Mi pare doveroso evidenziare che da parte del Mattino c’è stata una correttezza che non sempre si trova nei mezzi di informazione, sia a sinistra, sia a destra (se vogliamo adottare questa semplificazione). Infatti, se le prime cronache del 26 luglio erano chiaramente piene di inesattezze – e anche di notizie false – il quotidiano ha però poi dato spazio ai lettori che dissentivano da tali cronache e che hanno manifestato, argomentandola, la loro solidarietà al parroco, intervenendo con molta chiarezza anche sulla confusione che era stata gettata sulla scuola parentale e confermando che la chiusura della scuola materna e l’apertura della scuola parentale sono due cose ben distinte, né quest’ultima “scaccia” la scuola materna, che era, già da anni, afflitta da problemi economici sempre più insostenibili. Queste lettere sono state molto utili e le poche lettere dei critici di Don Ferrara hanno di fatto confermato quanto detto dai difensori. Il cronista del Mattino ha scritto il suo servizio, con ogni probabilità, ricevendo le informazioni da quel gruppetto ristretto di detrattori del parroco, che peraltro, come poi vedremo, sono venuti allo scoperto con una certa ingenuità, mostrando i loro veri scopi e la ragione del loro livore. A un servizio giornalistico scritto con fretta e superficialità, è seguita una disponibilità a dare spazio al contraddittorio. Prendiamone atto, come è giusto, e non perdiamo tempo in critiche, in questo caso ingiuste, perché da parte del Mattino c’è stata una dimostrazione di serietà professionale.
L’importanza della mobilitazione
Ben più utile è sottolineare come il caso di Don Giovanni Ferrara abbia dimostrato, ancora una volta, l’importanza di mobilitarsi con tempestività contro gli attacchi ingiusti. Se subito si fa sentire la propria voce con toni sufficientemente alti (il che non vuol dire usare toni apocalittici o urlare insulti, ma solo esporre i fatti), la voce chiara e onesta comincia a diffondersi e sposta la calunnia, fino a cacciarla nell’angolo. Con questo voglio dire che “abbiamo vinto”? No, non sono così ingenuamente ottimista. Sappiamo bene che viviamo nell’epoca in cui trionfa la morale leninista, che ci insegna che “è verità tutto ciò che giova alla causa del partito” e la morale leninista comunque può far conto su una potenza di fuoco che noi ci sogniamo . E poi non è “vincere” che ci interessa. Abbiamo il dovere di affermare, sempre, la Verità, né la “V” è maiuscola a caso. Nel caso specifico questo dovere è ancora più evidente, perché bisogna anche difendere l’opera e la reputazione di un sacerdote preso di mira per la sua grande fede e per la sua dedizione vera alla Chiesa cattolica, il cui capo è Nostro Signore Gesù Cristo.
L’importanza dell’informazione alle famiglie, ingannate con stupefacente faccia tosta
Questo caso di Padova è importantissimo anche perché non solo si cerca di silurare un prete di grande valore, ma anche perché si è cercato di diffondere ulteriormente l’ultimo spudorato inganno alle famiglie, alle quali si cerca di far credere che tutto ciò che si è scritto e detto da tempo sul “gender” è frutto solo della fantasia bacata di noi quattro conservatorelli inguaribili. In verità i giovani non sono affatto minacciati dall’indottrinamento omosessualista, né la loro psiche rischia gravemente di essere sconvolta, insegnando fin dalla scuola materna le porcherie più immonde. Tutto falso. Nella scuola, quella “buona”, quella della “buona scuola” (ma guarda che coincidenza…) si insegneranno ai giovani la tolleranza e il rispetto, soprattutto verso la donna che, veniamo a scoprirlo oggi, in Italia vive oppressa, emarginata, schiavizzata, percossa, uccisa. Stop, perché una volta morta, è morta. Evidentemente le famose “linee guida” dell’OMS, che indicano l’educazione alle schifezze fin dalla scuola materna, e che si sono diffuse come un fiume inquinato in tutto il mondo cosiddetto civilizzato, sono una nostra invenzione. Evidentemente le porcherie già fatte in tante scuole, spesso senza avvisare le famiglie, sono una nostra invenzione. E così via. La buona scuola sarà un paradiso di tolleranza e di armonia e iniziative retrive e oscurantiste come le “scuole parentali” vogliono arrestare questo luminoso cammino. Non a caso una delle lettere pubblicate sul Mattino contiene l’accorata e ridicola domanda: “Si insegneranno anche misoginia e omofobia?”.
Le vere ragioni che hanno mosso la campagna contro Don Giovanni Ferrara
Parlavamo sopra di “ingenuità” dei detrattori di Don Giovanni Ferrara, e confermiamo. Infatti, in una delle lettere si rimprovera al parroco di aver chiesto che si riceva la Comunione in ginocchio, oppure gli si rimprovera il fatto di pregare troppo e far pregare troppo… siamo quasi al comico. Secondo questi critici, un parroco che fa pregare, che ha rispetto delle Specie eucaristiche, è da censurare. Poi ci si scopre del tutto quando si scrive un peana di questa “nuova chiesa” che finalmente “realizza il Concilio”, formidabile gioiosa macchina da guerra, prima bloccata da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Chiesa che accoglie, misericordia… e dobbiamo aggiungere altro?  Non mancano gli inviti a Don Giovanni di ritirarsi a pregare in qualche santuario, e a confessare, visto che gli piace tanto (eh, già, la confessione non è più di moda). Insomma, Don Giovanni Ferrara è, non da oggi, nel mirino, perché è uno di quei preti che non seguono l’onda, bensì la fedeltà totale e assoluta, usque ad effusionem sanguinis, alla Fede, e ben sanno che la prima obbedienza è dovuta alla Verità, né si piegano come canne al vento agli andazzi, comodi e rassicuranti, delle mode. Non ci sembra neanche il caso di fermarsi sulla “accusa” a don Ferrara di essere neocatecumenale. Conosciamo don Giovanni Ferrara e sappiamo che il suo “vizio imperdonabile” è di essere cattolico. Questo è al giorno d’oggi, lo sappiamo bene, pericolosissimo. La mania di applicare etichette di appartenenza a questo o a quel gruppo è caratteristica di chi non ha argomenti validi e così aggiunge un’etichetta, spesso a caso, senza neanche chiedersi se poi sia un’etichetta più o meno infamante, o magari solo scioccamente inutile.
Con la scuola parentale Don Giovanni Ferrara ha superato i limiti accettati dal conformismo spietato
Perché questo prete, che già da tempo era nel mirino, ora è stato così violentemente attaccato? Ma è chiaro. Finora Don Ferrara poteva essere classificato solo come uno stravagante, magari assertore di anticaglie come l’unicità della Fede cattolica, come l’importanza assoluta dei Dogmi, eccetera. Come lui ce ne sono altri, lo si poteva lasciare ancora un po’ in pace nella sua parrocchia… ma ora Don Giovanni viene allo scoperto con una iniziativa sconvolgente. Già, perché sulla scuola il conformismo spietato, quello che sta lavorando senza sosta anche a tanti livelli nella Chiesa, ha investito le sue energie, con tutto il suo armamentario di menzogne, sorretto da mezzi economici e da organi informazione. Il conformismo spietato, come tutte le dittature, sa che il dominio sui giovani è essenziale per la macchina del regime, e chi si mette di traverso e vuole fermare il cammino di distruzione dei giovani è un nemico da eliminare. Senza pietà. La scuola parentale si palesa sempre di più come l’unica difesa che le famiglie potranno ancora utilizzare per impedire la corruzione morale e mentale dei loro figli, altrimenti garantita nella scuola, pubblica o paritaria che sia. Chi propone la scuola parentale si autocondanna a morte. Ma chiunque abbia realmente a cuore la salute della gioventù e l’avvenire della società, affronta il rischio di questa condanna a morte.
Concludendo. E ora che si fa?
È lecito affermare che l’insegnamento che possiamo trarre da questa vicenda (che è , non scordiamocelo, solo agli inizi) è duplice: in primis, la necessità di difendere quelle poche isole in cui si vive ancora nella Fede cattolica, perché fuori dalla Fede cattolica non c’è salvezza. Non scordiamocelo. E poi, la necessità di difendere le iniziative volte alla tutela dei nostri giovani, come la scuola parentale, che viene attaccata a testa bassa proprio perché intralcia il progetto diabolico, ripeto diabolico, di corruzione della gioventù, da attuarsi fin dalla primi sisma infanzia.
Le nostre armi? Le abbiamo e sono potentissime: la preghiera, in particolare il Santo Rosario e la fedeltà alla Liturgia e ai Sacramenti. Queste sono  le nostre prime armi. E poi la denuncia, senza sosta e senza paura, delle molte porcherie che ancora vedremo, degli attacchi a quanti vogliono vivere da cattolici e tali restare fino alla morte e , se sacerdoti, vogliono anche insegnare questo al popolo loro affidato. Se ribatteremo, con intelligenza, colpo su colpo, non “vinceremo” in senso umano (in quel senso siamo già sconfitti, perché combattiamo coi fucili da caccia contro i carri armati), ma anzitutto adempiremo al dovere di affermare, sempre, la Verità e potremo anche, nel nostro piccolo, dare qualche utile indicazione ai troppi che vengono ingannati di continuo e vessati da un sistema di “pensiero unico”, tanto più spietato quanto più è falso.
Una semplice massima, da tenere sempre a mente: “A noi la battaglia, a Dio la gloria”.
Non possiamo arrenderci. Ne va della salvezza eterna, della salute dei nostri figli, dell’avvenire di una società spinta dai pifferai di Hamelin sulla strada del suicidio.
Grazie a Don Giovanni Ferrara, che ci è di esempio di Fede e di coraggiosa costanza.