giovedì 6 agosto 2015

Obama, Scalfarotto e Cirinnà hanno qualcosa in comune...

Obama sempre gay friendly ora vuole una legge per punire chi si oppone ai matrimoni gay


Obama "impara" da Scalfarotto: pronta una legge per mettere in galera chi si oppone alle nozze gay
di Massimo Introvigne

Negli Stati Uniti monta la protesta dopo la sentenza della Corte Suprema che ha obbligato gli Stati che non lo desiderano a introdurre il “matrimonio” omosessuale. I grandi festeggiamenti - dal presidente Obama a Google e alle linee aeree, che hanno colorato i loro simboli di arcobaleni gay - non sono riusciti a nascondere la realtà. In molti Stati, la maggioranza dei cittadini è ostile alla sentenza e pensa a organizzare forme di resistenza. Ma sono in arrivo le contromisure. 
Gli americani, per loro fortuna, non hanno l'onorevole Scalfarotto,ma non mancano suoi zelanti imitatori. Come si imbavagliano le proteste e le resistenze all'ideologia del gender? Scalfarotto - che non ha peraltro inventato nulla, ma ha imitato modelli britannici, scandinavi e francesi - lo insegna: con le leggi anti-omofobia. Negli Stati Uniti queste leggi ci sono già in alcuni Stati: ma non in tutti, e in particolare non in quelli dove l'ostilità al “matrimonio” omosessuale è più forte. Ecco allora che il Partito Democratico, sostenuto dal presidente Obama, ha pensato a una legge anti-omofobia federale, come tale applicabile in tutti gli Stati. La proposta di legge si chiamaEquality Act e ha iniziato il suo iter parlamentare lo scorso 23 luglio. L'idea è, a suo modo, geniale. Gli Stati Uniti hanno un vasto corpo di leggi, che risalgono agli anni 1960 e 1970 e all'attivismo di figure come Martin Luther King, che vietano qualunque forma di discriminazione razziale, con sanzioni molto severe. La sensibilità verso questo tema negli Stati Uniti è così forte che anche la libertà religiosa, almeno nell'interpretazione di molti tribunali, deve cedere il passo di fronte al principio di non discriminazione. Se per ipotesi un pastore razzista - ce ne sono ancora, anche se sono pochi - si rifiutasse di sposare una ragazza bianca e il suo fidanzato afro-americano, scatterebbero le sanzioni e in molti Stati anche la prigione.
Che cosa fa l'Equality Act? Aggiunge la cosiddetta clausola “Sogi” a tutte le leggi federali esistenti che vietano la discriminazione razziale. Sogi significa Sexual orientation and gender identity, «orientamento sessuale e identità di genere». In pratica, funzionerà così. Se una legge vieta ai negozi di discriminare gli afro-americani, questi negozi non potranno rifiutarsi di servire neanche gli omosessuali e i transessuali. Sembra giusto, ma è sbagliato. Perché i cugini d'America di Scalfarotto hanno in mente i fiorai, i fotografi e i pasticceri che rifiutano di preparare ghirlande di fiore o torte che inneggiano a “matrimoni” omosessuali o di fotografarli. Sono già stati sanzionati in alcuni Stati, ma ora la norma si applicherebbe a tutti gli Stati Uniti. Ma le leggi anti-discriminazione sono migliaia. E la libertà religiosa in questi casi non offre molta protezione.
Pensiamo a una casa del pellegrino cattolica che offre stanze a chi si reca a visitare un santuario. Non potrebbe rifiutarle a coppie omosessuali. Un'università cattolica o evangelica dovrebbe permettere a studenti omosessuali di dormire insieme se lo richiedono: alcuni atenei, spaventati, si sono già adeguati. Un servizio di adozioni protestante o cattolico non potrebbe rifiutare i bambini a coppie omosessuali che chiedono di adottarli. E così via. Inoltre, tutte le norme che vietano di stampare o esprimere in pubblico opinioni razziste si applicherebbero alle opinioni “omofobe”, con il rischio che qualche giudice - è già successo - ritenga omofoba la semplice ostilità al “matrimonio” omosessuale o la diffusione delle tesi del Catechismo della Chiesa Cattolica o della Bibbia.
Molti commentatori, citando appunto i precedenti che riguardano matrimoni inter-etnici, pensano che il vero obiettivo della legge siano i preti e i pastori delle Chiese e comunità, Chiesa cattolica in testa, che rifiutano di celebrare “matrimoni” omosessuali. Saranno trattati come i pastori razzisti che rifiutano di sposare bianchi e neri. Il Partito Repubblicano si è detto contrario alla legge e ha i numeri per bloccarla, ma già si registra qualche scricchiolio. I repubblicani, infatti, sono il partito più votato da chi va in chiesa, ma sono anche sensibili alle opinioni del mondo imprenditoriale. E da Microsoft ad Apple fino a Google, a Facebook, alle grandi banche, il big business e i poteri forti si sono già mobilitati per sostenere l'Equality Act, tra l'altro raccogliendo milioni di dollari per i lobbisti, la cui attività negli Stati Uniti è lecita e che sono già all'opera per seminare divisione nelle fila repubblicane. Praticamente tutta la grande stampa è con loro. 
La cosa interessa anche noi, perché nell'infausta sentenza sulle unioni civili omosessuali laCorte europea dei Diritti dell'Uomo ha scritto che viviamo in una grande comunità globale e che i precedenti americani sono rilevanti per l'Europa. È giusto quindi sostenere in tutti i modi le organizzazioni americane che si battono contro questa nuova minaccia. Anche il fronte pro family deve imparare che la battaglia è globale. E muoversi di conseguenza.
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Mini vittoria La Cirinnà slitta in autunno
di Luigi Santambrogio

Non è certo il caso di cantar vittoria e suonare le trombe della riscossa, però un pochino per essere contenti c’è, eccome. Chi si accontenta gode: non è granchè ma meglio di niente. Perché dàgli e dàgli, resisti tu che poi mi oppongo io, alla fine alla Cirinnà le è venuta l’asma e lo stress da emendamento (1500 sono mica bruscolini) e ha deciso che per agosto non c’era niente da fare e da sperare. Meglio andare in ferie tirare il fiato, dedicarsi alla remise en forme in vista della batttagliona di settembre ma più probabile di ottobre. Quel che è certo è che tra le cattive notizie di fine agosto con i weekend da bollino nero sulle autostrade e le ultime scemenze sui ghiacci che si sono sciolti in questa bollentissima estate, non avremo però la notiziona dell’approvazione della legge sulle unioni gay.
Scusate se è poco: l’altra mattina, i capigruppo riuniti al Senato hanno deciso rinviare all'autunnogli esami al disegno di legge sul matrimonio gay, bocciando la proposta di Loredana De Pedis (Sel) di modificare il calendario dei lavori delle prime settimane di settembre per incardinare nei lavori d’Aula il testo sulle unioni civili il 10 settembre. Un’altra delle promesse del premier Renzi che va in cavalleria. “Unioni civili entro l’estate” aveva annunciato, tanto per non farsi mancare niente, ai vertici del suo partito: era primavera e gli Scalfarotto, le Cirinnà, le Boschi s’erano già impegnate a esibire gli scalpi di Giovanardi e compagnia omofoba alle feste agostane del Pd e agli happening romani dell’Arci Gay al Village con Luxuria. Invece… 
Invece la resistenza cocciuta e costante della piccola pattuglia di ennedicini e un paio di italoforzisti irriducibili (Gasparri e Malan) hanno fatto il loro onesto lavoro per evitare (almeno per ora) l’equiparazione delle unioni gay al matrimonio, adozioni omosessuali e l’uso dei fondi pubblici per la propaganda gender nelle scuole. La Cirinnà resta sul tavolo della Commissione e i 1.500 emendamenti pure.E che i capataz del Pd al governo tentino di minimizzare facendo i pesciolini in barile e spostando a fine anno, tanto per non sbagliare di nuovo, la deadline dell’approvazione definitiva. Insomma, i festeggiamenti sono solo rinviati: fa niente perché lo champagne ghiacciato è buono anche a Capodanno. Vedremo, intanto si prendano la mezza sconfitta e vadano al mare.
Come al solito, il solo a fare lo gnorri e a trovare qualcosa da ridere è il solito Renzi: nella letteraspedita ai parlamentari di maggioranza prima del congedo estivo, il premier indica le unioni civili la riforma numero tre in ordine di importanza dopo riforma costituzionale e quella del Terzo settore, su cui lavorare in autunno. Preparino le scarpette da jogging, perché «da settembre si dovrà correre ancora più forte», ha detto. Già, tanti auguri presidente, ma attento a non inciampare, perché non è certo finita qui. La resistenza continuerà, eccome. Dentro il Palazzo, ma soprattutto fuori. Massimo Gandolfini, presidente del comitato Difendiamo i nostri figli, attribuisce lo slittamento «alla resistenza opposta da pochi valorosi senatori all’interno della commissione Giustizia di Palazzo Madama, e prima ancora dalla volontà popolare del 20 giugno a piazza San Giovanni». Quella stessa “volontà popolare” che si sta esprimendo anche attraverso una raccolta firme contro la legge Cirinnà, partita la settimana scorsa, ma che ha già raccolto migliaia dia adesioni. Per ora si può votare sul sito del Comitato, (clica qui) ma da settembre appositi banchetti saranno allestiti in tante piazze d’Italia.